La ‘#ndrangheta? In ottima salute

di Andrea Zolea, da I Siciliani di giugno

 

La mafia calabrese da circa vent’anni si sta dimostrando l’organizzazione mafiosa più potente d’Italia. Ha una struttura unitaria e i ‘locali’ attivi in Calabria coordinano quelli presenti fuori dal territorio d’origine, siano essi in Lombardia, Germania, Australia o Canada. Oltre a strutture, codici e regole, la ‘ndrangheta è fatta anche di rapporti collusivi con il potere politico, di alleanze con potenti organizzazioni criminali e tanti, tantissimi soldi. Quali sono dunque le condizioni di salute della ‘ndrangheta? A quali attività si è dedicata negli ultimi anni?

In Calabria

Il cuore dell’organizzazione e i suoi capi più influenti resta in Calabria. Ogni ‘locale’ di ‘ndrangheta è egemone nel suo territorio e i boss si relazionano con i politici comunali attraverso rapporti di interscambio. Il controllo delle attività economiche municipali consente ai clan di garantire lavoro agli abitanti del territorio in cui le cosche esercitano il loro potere, permettendogli di mantenere, se non incrementare, il consenso e la legittimità sociale nei confronti dell’organizzazione. I continui scioglimenti comunali (26 dal 2011 ad oggi: 17 in provincia di Reggio Calabria, 6 nel vibonese, 2 nel cosentino e 1 nel crotonese) dimostrano come le ‘ndrine stiano letteralmente ‘mangiando’ la regione. La terra dei fuochi non è solo in Campania: anche in Calabria si sono verificati casi di tumore dovuti allo smaltimento dei rifiuti tossici. I casi più inquietanti sono stati registrati nel crotonese e ad Africo (Reggio Calabria): in Via Matteotti, 35 persone su 170 hanno sviluppato una patologia tumorale. Corrado Alvaro, originario di San Luca, poeta, scrittore e giornalista, sulla sua Calabria scriveva ” La disperazione peggiore di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”. E nella società calabrese questo è diventato più di un dubbio, purtroppo.

Il “core business” del traffico di cocaina

L’attività più redditizia della mafia calabrese è il traffico internazionale di cocaina. Attraverso i rapporti con i cartelli colombiani e altri cartelli della droga sud-americani le cosche acquistano enormi quantitativi di cocaina. La ‘ndrangheta è considerata da diversi anni la principale organizzazione nell’esportazione di cocaina in Europa. A dimostrazione di ciò, alcuni gruppi della Locride si sono avvalsi dell’alleanza con il broker Roberto Pannunzi, arrestato lo scorso luglio e definito dal magistrato della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri ”il più grande broker della cocaina al mondo”. Diversi personaggi tutt’ora operano tra il Sud-America e l’Europa come broker del narcotraffico per conto di potenti ‘ndrine. Nel 2014, le Operazioni New Bridge e Buongustaio hanno confermato le ramificazioni internazionali dei clan calabresi. 

Nell’Operazione New Bridge (11 febbraio) sono emersi i rapporti tra il clan Ursino di Gioiosa Jonica e la famiglia Gambino di New York. L’importanza di questa indagine sta nell’aver fatto emergere come negli Stati Uniti la ‘ndrangheta abbia soppiantato Cosa nostra siciliana sia nel traffico di cocaina che in quello di eroina.  Il 20 marzo, invece, nell’Operazione Buongustaio sono stati coinvolti 9 organi di polizia di Stati diversi: Italia, Brasile, Gran Bretagna, Spagna , Portogallo, Montenegro, Olanda, Belgio e Svizzera. Oltre all’arresto di 41 persone è emerso che per conto della ‘ndrangheta hanno operato soggetti riconducibili ai clan Cua-Ietto-Pipicella di Natile di Careri. In 8 mesi nei porti brasiliani, belgi, spagnoli e italiani (Gioia Tauro in primis) sono stati sequestrati 1261 kg di cocaina purissima.

Nel Nord-Italia

Nelle inchieste svolte tra il 2010 e il 2012 è emerso come le strutture della ‘ndrangheta attive in Lombardia, Liguria e Piemonte siano dipendenti dal ‘Crimine’ attivo in Calabria. La ‘ndrangheta nel Nord-Italia gestisce gran parte del traffico di stupefacenti, del settore edile e delle costruzioni, pratica usura, intimidazioni e sempre più sta cercando di infiltrarsi nei settori dell’economia lecita. Sebbene la presenza sia diversa in termini quantitativi, oggi non c’è una regione al Nord immune all’infiltrazione della mafia calabrese. La ‘new entry’ che sempre più sembra soffrire la presenza dei clan è il Veneto.

Se nel 1988 alcuni sindaci veneti minacciavano le dimissioni dagli incarichi istituzionali per la possibilità che i boss fossero spediti al confino sui loro territori, oggi la realtà è un’altra. Riguardo la presenza della ‘ndrangheta in Veneto, su una relazione realizzata dall’Osservatorio Ambiente e Legalità Venezia si parla di ” Un insediamento stabile e continuativo capace di attivare contatti e complicità del mondo politico e imprenditoriale ‘’. All’interno della relazione della Dia del secondo semestre del 2012 si riporta ”le attività condotte dalla Dia […] hanno consentito di segnalare nell’ovest veronese e nel vicentino la presenza di ditte, operanti in particolare nel settore dell’edilizia, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro (Kr), Filadelfia (VV), Africo (Rc) e Delianuova (Rc)”. La trasmissione Report di Rai 3 ha recentemente trasmesso il filmato di una cena in cui erano presenti Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona, e Raffaele Vrenna di Crotone, definito dalla Dia come soggetto ”border line”.

L’ex Assessore allo Sport del Comune di Verona (dimessosi lo scorso 1° aprile) Marco Giorlo ha ammesso che i calabresi sono ”una macchina da voti ”. Nel novembre 2013 si è inoltre dimesso il vice-sindaco Vito Giacino, arrestato nel febbraio del 2014 e coinvolto nell’indagine in cui sarebbero emersi dei rapporti con l’ex moglie di Antonio Papalia di Delianuova (Rc) ”legato alla cosca Vrenna di Crotone”.  Dopo la trasmissione dell’inchiesta condotta da Milena Gabanelli, il consigliere comunale Alberto Giorgetti ha presentato una richiesta formale di accertamento per infiltrazione mafiosa al Prefetto di Verona. Il Comune, fiore all’occhiello dell’identità padana, potrebbe essere sciolto per mafia?

Investimenti mastodontici: Quali sono le nuove frontiere della ‘ndrangheta?

 Tra il marzo 2013 e 2014, in seguito alle Operazioni Metropolis e Mariage la Guardia di Finanza ha sequestrato alle famiglie Morabito (Africo) e Aquino (Marina di Gioiosa Jonica) beni dal valore di 1 miliardo e 70 milioni di euro per la costruzione di complessi turistici in Calabria. Le due cosche si sono spartite le rispettive zone di influenza dell’area jonica della provincia di Reggio Calabria: da Siderno fino alla città di Reggio Calabria era zona di competenza dei Morabito, mentre da Siderno fino all’inizio della provincia di Catanzaro degli Aquino. Le cosche Morabito-Aquino rappresentano l’élite della mafia calabrese: quando è stato arresto il patriarca Giuseppe Morabito ‘u tiradrittu nel 2004, l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia Roberto Centraro lo definì ”ben più importante di Provenzano”, e considerando il potere economico di cui dispone il clan Morabito la dichiarazione di Centraro sembra tutt’altro che fuori luogo. Gli Aquino sono stati i promotori del patto tra ‘ndrangheta e Los Zetas, il cartello della droga più influente del Messico. Risultano inoltre ramificazioni soprattutto in Canada e negli Stati Uniti. 

Gli investimenti mastodontici nelle località turistiche in Calabria e gli imponenti sequestri di cocaina dimostrano l’enorme liquidità finanziaria dei clan calabresi. Sempre più spesso si verificano casi di insediamento stabili e rapporti collusivi con l’imprenditoria e la politica in zone esterne al territorio d’origine: le cosche calabresi sono presenti in tutti e 5 i continenti, trafficano tonnellate di droga, in Europa riciclano notevoli quantitativi di denaro senza essere puniti a causa della farraginosa legislazione antimafia fuori dai confini italiani. Nonostante ciò, il cuore del potere della ‘ndrangheta resta in Calabria.