Omertà: differenze tra le versioni

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«Omu vuol dire valore, coraggio, fermezza di propositi, ossequenza ai doveri dell’omertà… Base e sostegno dell’omertà è il silenzio; senza di questo non si potrebbe essere omu né mantenere la sua superiorità incontrastata… Se offeso non ricorre alla giustizia, non si rimette alla prova di debolezza, e offenderebbe l’omertà che ritiene “schifusu o infami” chi per aver ragione si richiama al magistrato»<ref>Ibidem.</ref>.  
«Omu vuol dire valore, coraggio, fermezza di propositi, ossequenza ai doveri dell’omertà… Base e sostegno dell’omertà è il silenzio; senza di questo non si potrebbe essere omu né mantenere la sua superiorità incontrastata… Se offeso non ricorre alla giustizia, non si rimette alla prova di debolezza, e offenderebbe l’omertà che ritiene “schifusu o infami” chi per aver ragione si richiama al magistrato»<ref>Ibidem.</ref>.  


A tal proposito, anni dopo [[Leonardo Sciascia]] avrebbe commentato:  
A tal proposito, anni dopo [[Leonardo Sciascia]] avrebbe commentato: <blockquote>«Pitrè, rispetto al Traina, toglie al mafioso brutalità e prepotenza e le attribuisce agli altri, a quelli contro cui il mafioso si ribella; sicché la mafia altro non sarebbe che un sentimento di libertà, un atteggiamento di fierezza contro le angherie dei potenti e l’inettitudine della legge e dei pubblici poteri»<ref>Ibidem.</ref>. </blockquote>Sia nell'interpretazione di Traina che in quella di Pitrè veniva negata quindi la mafia in quanto associazione criminale, ridotta a un atteggiamento "onorevole". L'interpretazione "benevola" dell'omertà da parte di Pitré era funzionale a questa sua concezione di mafia, per la quale: <blockquote>«La mafia non è setta né associazione, non ha regolamenti né statuti. il mafioso non è un ladro, non è un malandrino; e se nella nuova fortuna toccata alla parola, la qualità di mafioso è stata applicata al ladro, ed al malandrino, ciò è perché il non sempre colto pubblico non ha avuto tempo di ragionare sul valore della parola, né s’è curato di sapere che nel modo di sentire del ladro e del malandrino il mafioso è soltanto un uomo coraggioso e valente, che non porta mosca sul naso, nel qual senso l’essere mafioso è necessario, anzi indispensabile. La mafia è la coscienza del proprio essere, l’esagerato concetto della forza individuale, unica e sola arbitra di ogni contrasto, di ogni urto d’interessi e d’idee; donde la insofferenza della superiorità e peggio ancora della prepotenza altrui. Il mafioso vuol essere rispettato e rispetta quasi sempre. Se è offeso non si rimette alla legge, alla giustizia, ma sa farsi personalmente ragione da sé, e quando non ne ha la forza, col mezzo di altri del medesimo sentire di lui»<ref>Citato in Sciascia, Leonardo (1991). “La Storia della Mafia”, in ''Quaderni Radicali'', n. 30 e 31 – Anno XV.</ref>.</blockquote>Pitrè sosteneva che la forza della mafia stava nella «''umiltà''» dei suoi membri, che erano completamente devoti alla causa della setta e non la tradivano per nessuna ragione.  
 
«Pitrè, rispetto al Traina, toglie al mafioso brutalità e prepotenza e le attribuisce agli altri, a quelli contro cui il mafioso si ribella; sicché la mafia altro non sarebbe che un sentimento di libertà, un atteggiamento di fierezza contro le angherie dei potenti e l’inettitudine della legge e dei pubblici poteri»<ref>Ibidem.</ref>.  
 
Sia nell'interpretazione di Traina che in quella di Pitrè veniva negata quindi la mafia in quanto associazione criminale, ridotta a un atteggiamento "onorevole". L'interpretazione "benevola" dell'omertà da parte di Pitré era funzionale a questa sua concezione di mafia, per la quale:  
 
«La mafia non è setta né associazione, non ha regolamenti né statuti. il mafioso non è un ladro, non è un malandrino; e se nella nuova fortuna toccata alla parola, la qualità di mafioso è stata applicata al ladro, ed al malandrino, ciò è perché il non sempre colto pubblico non ha avuto tempo di ragionare sul valore della parola, né s’è curato di sapere che nel modo di sentire del ladro e del malandrino il mafioso è soltanto un uomo coraggioso e valente, che non porta mosca sul naso, nel qual senso l’essere mafioso è necessario, anzi indispensabile. La mafia è la coscienza del proprio essere, l’esagerato concetto della forza individuale, unica e sola arbitra di ogni contrasto, di ogni urto d’interessi e d’idee; donde la insofferenza della superiorità e peggio ancora della prepotenza altrui. Il mafioso vuol essere rispettato e rispetta quasi sempre. Se è offeso non si rimette alla legge, alla giustizia, ma sa farsi personalmente ragione da sé, e quando non ne ha la forza, col mezzo di altri del medesimo sentire di lui»<ref>Citato in Sciascia, Leonardo (1991). “La Storia della Mafia”, in ''Quaderni Radicali'', n. 30 e 31 – Anno XV.</ref>.
 
Pitrè sosteneva che la forza della mafia stava nella «''umiltà''» dei suoi membri, che erano completamente devoti alla causa della setta e non la tradivano per nessuna ragione.  


===L'origine napoletana del termine===
===L'origine napoletana del termine===