Familismo amorale: differenze tra le versioni

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==Il familismo amorale, secondo Banfield==
==Il familismo amorale, secondo Banfield==
Nell’originario significato inteso da Banfield, il familismo amorale si fonderebbe su una legge non scritta che porterebbe gli individui a «''massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo''». Insomma, l’arretratezza sociale ed economica del Mezzogiorno avrebbe origine proprio da questa peculiare declinazione in senso familiare dell’egoismo individualista, che rende assai difficile che uomini e donne si associno stabilmente per lavorare per il bene comune.
Nell’originario significato inteso da Banfield, il ''familismo amorale'' si fonderebbe su una legge non scritta che porterebbe gli individui a «''massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo''». Insomma, l’arretratezza sociale ed economica del Mezzogiorno avrebbe origine proprio da questa peculiare declinazione in senso familiare dell’egoismo individualista, che rende assai difficile che uomini e donne si associno stabilmente per lavorare per il bene comune.
 
===Le basi morali di una società arretrata===
Il libro di Banfield inizia con due citazioni: una del filosofo britannico '''Thomas Hobbes''' che descrive le difficili condizioni dell'Inghilterra durante il XVI e il XVII secolo, l'altra del filosofo e politico francese '''Alexis de Tocqueville''', che definisce la scienza dello studio dell'associazionismo come la madre di tutte le scienze sociali. Il contenuto del saggio è ben spiegato da questa premessa: il Mezzogiorno italiano si trovava in una condizione disastrosa perché le modalità con cui i suoi cittadini si potevano associare liberamente erano sconosciute e perché la popolazione non era in grado di formulare strategie collettive per reagire alla povertà estrema. Le conclusioni dello studio vengono riportate chiaramente già nell'introduzione: le cause dell'arretratezza andavano ricercate nella mancanza di azioni collettive per raggiungere obiettivi di lungo termine; questa mancanza endemica è spiegata dalla presenza di '''una visione amorale della famiglia''', il cosiddetto ''familismo amorale''.
 
L'''ethos'' amorale, secondo Banfield, era generato da tre circostanze: la prima era socio-economica, ed era la presenza di un alto tasso di mortalità; la seconda era storica, e si trattava di una certa evoluzione storica della distribuzione delle terre; infine la terza era puramente culturale e riguardava l'assenza dell'istituzione della famiglia allargata. Questa circostanza finale veniva considerata la più importante e perciò veniva analizzata diffusamente nel libro.
 
===Le ragioni culturali dell'arretratezza per Banfield===
Banfield discusse approfonditamente la mancanza di vita associativa fornendo alcuni dati essenziali. Come ricorda Emanuele Ferragina<ref>Ferragina, Emanuele (2009). “Le teorie che non muoiono mai sono quelle che confermano le nostre ipotesi di base: cinquant'anni di familismo amorale”, in ''Meridiana'', n. 65/66, p. 270.</ref>, tutti gli indicatori usati dal sociologo americano vennero ripresi dal politologo Robert Putnam ben 35 anni dopo, per la sua famosa misurazione del [[Capitale sociale|capitale sociale]] nelle regioni italiane.
 
I dati empirici forniti per testimoniare la mancanza di fiducia e azioni collettive includono l'assenza di quotidiani locali e attività caritatevoli, l'esistenza di un solo circolo, il forte controllo dell'amministrazione centrale di Potenza, le condizioni pessime della scuola e l'instabilità del voto alle elezioni politiche. Tutti questi indicatori, secondo Banfield, costituivano segnali dell'incapacità degli abitanti di Montegrano di intraprendere azioni collettive.
 
Banfield passò in rassegna tutte le teorie più importanti per spiegare il sottosviluppo: povertà, ignoranza, comportamento apolitico, spirito conservatore dei latifondisti, inefficienza delle istituzioni, attitudine fatalistica degli abitanti; tuttavia nessuna di queste era capace di spiegare la situazione di Montegrano<ref>Banfield, ''op.cit.'', p. 35.</ref>. La povertà estrema non poteva giustificare '''l'assenza totale di senso civico''' da parte della popolazione; qualcosa di insito nella cultura preveniva la gente dall'agire collettivamente per migliorare il benessere della comunità. Banfield non offrì argomenti aggiuntivi rispetto al possibile impatto della povertà e non investigò altre cause socio-economiche per spiegare questa arretratezza<ref>Come fa notare Ferragina, si potrebbe supporre, invece, che le interazioni sociali siano pesantemente condizionate dall'esistenza di una povertà persistente che distrugge progressivamente il tessuto sociale, si veda op.cit., p. 270.</ref>.
 
Secondo lui, la popolazione non agiva razionalmente senza un tornaconto personale. Un chiaro esempio di questa situazione era fornito dalla regola auto-imposta dagli abitanti di ridurre il numero di figli per poter garantire loro un futuro migliore. Questo avrebbe dovuto dimostrare chiaramente che la popolazione era pessimista solo riguardo le azioni collettive e non rispetto a quelle individuali<ref>Ivi, pp. 39-40.</ref>.
 
Secondo Banfield, '''la miseria non poteva essere considerata un problema prettamente economico, ma aveva una sua componente culturale'''. Prova ne erano quelle società primitive con un livello materiale di benessere persino inferiore, ma che non erano "cronicamente infelici"<ref>Ivi, pp. 64-65.</ref>. '''La paura di perdere il proprio status sociale''' sarebbe stata un'altra concreta dimostrazione dell'ethos familistico amorale. Anche quando le persone erano in fondo alla scala sociale, infatti, queste avevano paura di perdere il loro status. Questo modo di concepire la relazione col resto della società era, secondo Banfield, più rilevante delle variabili socio-economiche per spiegare l'assenza di un comportamento corretto<ref>Ivi, p. 73.</ref>. Il rischio di retrocedere era sempre presente, mentre la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita nella società sarebbe potuto avvenire solo con la generazion esuccessiva. Ecco perché le famiglie erano portate a ridurre il numero dei figli e a investire tutto su uno solo di questi<ref>Ivi, p. 76.</ref>.
 
==Note==
<references></references>
 
==Bibliografia==
*Ferragina, Emanuele (2009). “Le teorie che non muoiono mai sono quelle che confermano le nostre ipotesi di base: cinquant'anni di familismo amorale”, in ''Meridiana'', n. 65/66, pp. 265-287.
*Ferragina, Emanuele (2011). “Il fantasma di Banfield: una verifica empirica della teoria del familismo amorale”, in ''Stato e Mercato'', n.92, pp. 283-312.
*Pizzorno, Alessandro (1967). “Familismo amorale e marginalità storica. Ovvero perché non c’è niente da fare a Montegrano”, in ''Quaderni di sociologia'', 3, pp.247-261.
*Santoro, Marco (2007). “Dall’ethos all’habitus (ovvero perché a Montegrano c’è sempre qualcosa da fare)”, in ''Contemporanea'', Rivista di storia dell'800 e del '900, n. 4/2007, pp. 695-701.

Versione delle 00:39, 11 nov 2023

Il familismo amorale (amoral familism) è un concetto sociologico introdotto dal sociologo e politologo statunitense Edward Christie Banfield nel 1958 col libro "Le basi morali di una società arretrata"[1].

Utilizzata dal sociologo americano per descrivere la realtà di un piccolo paesino della Lucania (Chiaromonte, in provincia di Potenza, indicato nel libro come "Montegrano"), l’espressione sarebbe diventata ben presto rappresentativa dell’arretratezza sociale ed economica del Mezzogiorno, tanto da entrare persino nei dibattiti della politica nazionale sulla Questione Meridionale.

Il familismo amorale, secondo Banfield

Nell’originario significato inteso da Banfield, il familismo amorale si fonderebbe su una legge non scritta che porterebbe gli individui a «massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo». Insomma, l’arretratezza sociale ed economica del Mezzogiorno avrebbe origine proprio da questa peculiare declinazione in senso familiare dell’egoismo individualista, che rende assai difficile che uomini e donne si associno stabilmente per lavorare per il bene comune.

Le basi morali di una società arretrata

Il libro di Banfield inizia con due citazioni: una del filosofo britannico Thomas Hobbes che descrive le difficili condizioni dell'Inghilterra durante il XVI e il XVII secolo, l'altra del filosofo e politico francese Alexis de Tocqueville, che definisce la scienza dello studio dell'associazionismo come la madre di tutte le scienze sociali. Il contenuto del saggio è ben spiegato da questa premessa: il Mezzogiorno italiano si trovava in una condizione disastrosa perché le modalità con cui i suoi cittadini si potevano associare liberamente erano sconosciute e perché la popolazione non era in grado di formulare strategie collettive per reagire alla povertà estrema. Le conclusioni dello studio vengono riportate chiaramente già nell'introduzione: le cause dell'arretratezza andavano ricercate nella mancanza di azioni collettive per raggiungere obiettivi di lungo termine; questa mancanza endemica è spiegata dalla presenza di una visione amorale della famiglia, il cosiddetto familismo amorale.

L'ethos amorale, secondo Banfield, era generato da tre circostanze: la prima era socio-economica, ed era la presenza di un alto tasso di mortalità; la seconda era storica, e si trattava di una certa evoluzione storica della distribuzione delle terre; infine la terza era puramente culturale e riguardava l'assenza dell'istituzione della famiglia allargata. Questa circostanza finale veniva considerata la più importante e perciò veniva analizzata diffusamente nel libro.

Le ragioni culturali dell'arretratezza per Banfield

Banfield discusse approfonditamente la mancanza di vita associativa fornendo alcuni dati essenziali. Come ricorda Emanuele Ferragina[2], tutti gli indicatori usati dal sociologo americano vennero ripresi dal politologo Robert Putnam ben 35 anni dopo, per la sua famosa misurazione del capitale sociale nelle regioni italiane.

I dati empirici forniti per testimoniare la mancanza di fiducia e azioni collettive includono l'assenza di quotidiani locali e attività caritatevoli, l'esistenza di un solo circolo, il forte controllo dell'amministrazione centrale di Potenza, le condizioni pessime della scuola e l'instabilità del voto alle elezioni politiche. Tutti questi indicatori, secondo Banfield, costituivano segnali dell'incapacità degli abitanti di Montegrano di intraprendere azioni collettive.

Banfield passò in rassegna tutte le teorie più importanti per spiegare il sottosviluppo: povertà, ignoranza, comportamento apolitico, spirito conservatore dei latifondisti, inefficienza delle istituzioni, attitudine fatalistica degli abitanti; tuttavia nessuna di queste era capace di spiegare la situazione di Montegrano[3]. La povertà estrema non poteva giustificare l'assenza totale di senso civico da parte della popolazione; qualcosa di insito nella cultura preveniva la gente dall'agire collettivamente per migliorare il benessere della comunità. Banfield non offrì argomenti aggiuntivi rispetto al possibile impatto della povertà e non investigò altre cause socio-economiche per spiegare questa arretratezza[4].

Secondo lui, la popolazione non agiva razionalmente senza un tornaconto personale. Un chiaro esempio di questa situazione era fornito dalla regola auto-imposta dagli abitanti di ridurre il numero di figli per poter garantire loro un futuro migliore. Questo avrebbe dovuto dimostrare chiaramente che la popolazione era pessimista solo riguardo le azioni collettive e non rispetto a quelle individuali[5].

Secondo Banfield, la miseria non poteva essere considerata un problema prettamente economico, ma aveva una sua componente culturale. Prova ne erano quelle società primitive con un livello materiale di benessere persino inferiore, ma che non erano "cronicamente infelici"[6]. La paura di perdere il proprio status sociale sarebbe stata un'altra concreta dimostrazione dell'ethos familistico amorale. Anche quando le persone erano in fondo alla scala sociale, infatti, queste avevano paura di perdere il loro status. Questo modo di concepire la relazione col resto della società era, secondo Banfield, più rilevante delle variabili socio-economiche per spiegare l'assenza di un comportamento corretto[7]. Il rischio di retrocedere era sempre presente, mentre la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita nella società sarebbe potuto avvenire solo con la generazion esuccessiva. Ecco perché le famiglie erano portate a ridurre il numero dei figli e a investire tutto su uno solo di questi[8].

Note

  1. Edizione originale: The Moral Basis of a Backward Society, Glencoe, III, New York, The Free Press, 1958
  2. Ferragina, Emanuele (2009). “Le teorie che non muoiono mai sono quelle che confermano le nostre ipotesi di base: cinquant'anni di familismo amorale”, in Meridiana, n. 65/66, p. 270.
  3. Banfield, op.cit., p. 35.
  4. Come fa notare Ferragina, si potrebbe supporre, invece, che le interazioni sociali siano pesantemente condizionate dall'esistenza di una povertà persistente che distrugge progressivamente il tessuto sociale, si veda op.cit., p. 270.
  5. Ivi, pp. 39-40.
  6. Ivi, pp. 64-65.
  7. Ivi, p. 73.
  8. Ivi, p. 76.

Bibliografia

  • Ferragina, Emanuele (2009). “Le teorie che non muoiono mai sono quelle che confermano le nostre ipotesi di base: cinquant'anni di familismo amorale”, in Meridiana, n. 65/66, pp. 265-287.
  • Ferragina, Emanuele (2011). “Il fantasma di Banfield: una verifica empirica della teoria del familismo amorale”, in Stato e Mercato, n.92, pp. 283-312.
  • Pizzorno, Alessandro (1967). “Familismo amorale e marginalità storica. Ovvero perché non c’è niente da fare a Montegrano”, in Quaderni di sociologia, 3, pp.247-261.
  • Santoro, Marco (2007). “Dall’ethos all’habitus (ovvero perché a Montegrano c’è sempre qualcosa da fare)”, in Contemporanea, Rivista di storia dell'800 e del '900, n. 4/2007, pp. 695-701.