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Giuseppe Amante venne assassinato il [[7 marzo]] [[1991]] in piazza Prealpi, di fronte al civico 4, dove abitava. Secondo le ricostruzioni nelle immediate vicinanze del cadavere vennero trovati otto bossoli, un'ogiva proiettile e, una volta spostato il corpo, altre due ogive; sui bossoli era riportata la scritta "calibro 9 Luger". Giuseppe Amante era un pregiudicato, aveva subito numerosi arresti per traffico di stupefacenti, per tentato omicidio e per detenzione armi, tra cui nel [[1972]], un arresto insieme a [[Franco Coco Trovato]]. Dal [[1988]] al [[26 dicembre]] [[1990]] fu detenuto per detenzione di armi e stupefacenti, venne scarcerato a seguito dell’applicazione del condono. <ref>Ivi p.312</ref>
Giuseppe Amante venne assassinato il [[7 marzo]] [[1991]] in piazza Prealpi, di fronte al civico 4, dove abitava. Secondo le ricostruzioni nelle immediate vicinanze del cadavere vennero trovati otto bossoli, un'ogiva proiettile e, una volta spostato il corpo, altre due ogive; sui bossoli era riportata la scritta "calibro 9 Luger". Giuseppe Amante era un pregiudicato, aveva subito numerosi arresti per traffico di stupefacenti, per tentato omicidio e per detenzione armi, tra cui nel [[1972]], un arresto insieme a [[Franco Coco Trovato]]. Dal [[1988]] al [[26 dicembre]] [[1990]] fu detenuto per detenzione di armi e stupefacenti, venne scarcerato a seguito dell’applicazione del condono. <ref>Ivi p.312</ref>


Piazza Prealpi dagli anni ’70 fu sempre sotto il controllo della famiglia Serraino/Di Giovine. Come ha dichiarato Margherita Di Giovine: ''“perdere la piazza significava perdere la faccia”'' <ref>Ivi p.327</ref> Per questo negli anni il traffico nella piazza venne gestito prima da Maria Serraino, poi da sua figlia Margherita Di Giovine, quindi da Massimiliano Nostro figlio di Margherita e infine da Zolla, il marito di Natalina Di Giovine. I gruppi criminali che operarono nelle zone limitrofe rispettarono sempre questa esclusiva fatta eccezione del gruppo criminale di cui era parte Giuseppe Amante e che secondo le indagini, dopo la scarcerazione, comprava droga dalla [[Mancuso ('ndrina)|‘ndrina Mancuso]].
Piazza Prealpi dagli anni ’70 fu sempre sotto il controllo della famiglia Serraino/Di Giovine. Come ha dichiarato Margherita Di Giovine: ''“perdere la piazza significava perdere la faccia”'' <ref>Ivi p.327</ref> Per questo negli anni il traffico nella piazza venne gestito prima da Maria Serraino, poi da sua figlia Margherita Di Giovine, quindi da Massimiliano Nostro figlio di Margherita e infine da Luigi Zolla, il marito di Natalina Di Giovine. I gruppi criminali che operarono nelle zone limitrofe rispettarono sempre questa esclusiva fatta eccezione del gruppo criminale di cui era parte Giuseppe Amante e che secondo le indagini, dopo la scarcerazione, comprava droga dalla [[Mancuso ('ndrina)|‘ndrina Mancuso]].


Poiché le indagini riguardanti la morte di Amante terminarono senza trovare un colpevole, solo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia furono in grado di dare un volto al colpevole e a delineare il movente celatosi dietro l’assassinio. Secondo Fabio Nistri, Giuseppe Amante iniziò a vendere sostanze stupefacenti, in particolare eroina, in Piazza Prealpi senza l’approvazione della famiglia Serraino/Di Giovine, spacciando droga non comprata da loro, ma da gruppi criminali rivali. Il collaboratore affermò che, notata questa situazione, la decisione di uccidere Amante provenne dai livelli più alti dell’organizzazione e da coloro che gestivano il controllo su piazza Prealpi: Maria Serraino, Emilio Di Giovine e Luigi Zolla. Sempre secondo Nistri, l’interesse di Emilio, che non si occupava del controllo della piazza, era dovuto al fatto che il fratello di Amante, Alfonso, in un processo in cui era stato accusato dell’omicidio di Francesco Mafodda, non testimoniò in suo favore come da accordi presi con il fratello Giuseppe e fece cadere la possibilità di revisione della sentenza che al termine del processo lo condannò a 22 anni (Sentenza della Corte di Cassazione del 13 gennaio 1991). <ref>Ivi p.334</ref>
Poiché le indagini riguardanti la morte di Amante terminarono senza trovare un colpevole, solo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia furono in grado di dare un volto al colpevole e a delineare il movente celatosi dietro l’assassinio. Secondo Fabio Nistri, Giuseppe Amante iniziò a vendere sostanze stupefacenti, in particolare eroina, in Piazza Prealpi senza l’approvazione della famiglia Serraino/Di Giovine, spacciando droga non comprata da loro, ma da gruppi criminali rivali. Il collaboratore affermò che, notata questa situazione, la decisione di uccidere Amante provenne dai livelli più alti dell’organizzazione e da coloro che gestivano il controllo su piazza Prealpi: Maria Serraino, Emilio Di Giovine e Luigi Zolla. Sempre secondo Nistri, l’interesse di Emilio, che non si occupava del controllo della piazza, era dovuto al fatto che il fratello di Amante, Alfonso, in un processo in cui era stato accusato dell’omicidio di Francesco Mafodda, non testimoniò in suo favore come da accordi presi con il fratello Giuseppe e fece cadere la possibilità di revisione della sentenza che al termine del processo lo condannò a 22 anni (Sentenza della Corte di Cassazione del 13 gennaio 1991). <ref>Ivi p.334</ref>
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