Operazione Terra Bruciata: differenze tra le versioni

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'''L'Operazione Terra Bruciata''' è stata un'inchiesta della [[Direzione distrettuale antimafia di Milano|Direzione Distrettuale Antimafia di Milano]], scattata il [[18 aprile]] [[1994]]<ref>Paola Soave, ''Milano, maxi-operazione antimafia. Borrelii: «I pentiti? Indispensabili»'', l'Unità, 19 aprile 1994.</ref> e coordinata dai Pubblici Ministeri [[Gianni Griguolo]] e [[Alberto Nobili]], riguardante le attività dell'organizzazione mafiosa attiva nei quartieri di Baggio, Quarto Oggiaro e in Piazza Prealpi a Milano, capeggiata da [[Biagio Crisafulli]] "Dentino".
[[Categoria:Inchieste in Lombardia]]  [[Categoria:Inchieste su Cosa Nostra]] [[Categoria:Inchieste sulla 'ndrangheta]] [[Categoria:Inchieste sulla Sacra Corona Unita]]
 
Gli arresti eseguiti furono complessivamente 125, di cui 110 in [[Mafie in Lombardia|Lombardia]], e gli altri tra Torino, Bologna, Forlì, Foggia, Reggio Calabria, Comiso e Palermo. Nell'operazione vennero impiegati un migliaio di Carabinieri, con l'ausilio di elicotteri, artificieri ed unità cinofile. Nel corso delle oltre 300 perquisizioni vennero inoltre sequestrate 17 armi lunghe, 3 pistole mitragliatrici, un moschetto automatico Beretta, 37 pistole, 4 silenziatori, un mirino telescopico e numerose munizioni. Alcune perquisizioni furono effettuate anche nelle carceri dove già erano detenuti alcuni boss dell'organizzazione<ref>Ibidem.</ref>.
 
==Antefatti==
L'inchiesta nacque il [[17 luglio]] [[1993]] a seguito dell'arresto di '''Giustino Fiorino''', detto "''Lillino''", il quale manifestò immediatamente l'intenzione di collaborare con l'Autorità Giudiziaria<ref>Maurizio Grigo, ''Ordinanza di applicazione di custodia cautelare - Procedimento Penale n. 7100/1993 R.G.N.R.'', Tribunale di Milano - Ufficio GIP, 11 aprile 1994, p. 42</ref>). Il suo arresto avvenne in seguito a un controllo dei Carabinieri del Nucleo Operativo di Milano che lo trovarono in possesso di circa trecentocinquanta grammi di cocaina. La decisione di Fiorino di collaborare con la giustizia fu il frutto di un calcolo ragionato sugli effettivi benefici, in termini di sconto della pena, considerati i suoi innumerevoli precedenti penali. Con la sua collaborazione, i pubblici ministeri riuscirono a definire con esattezza l'organizzazione mafiosa che dominava su Quarto Oggiaro, quartiere nord-ovest della città di Milano, e principale piazza di narcotraffico del capoluogo lombardo. Le sue dichiarazioni vennero confermate, successivamente, da '''Walter Goldin'''.
 
===L'attività criminale===
Sulla scorta delle dichiarazioni rese da Fiorino, il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Milano avviò una intensa attività investigativa, finalizzata ad acquisire precisi riscontri a quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia, anche mediante servizi di osservazioni, pedinamento, sopralluoghi, riconoscimenti fotografici, intercettazioni telefoniche ed ambientali e, per quanto possibile ed opportuno, controlli di polizia.
 
La squadra di Polizia Giudiziaria appurò che scopo primario dell'associazione per delinquere era '''lo spaccio di sostanze stupefacenti'''. La Polizia Giudiziaria, allora, ebbe il compito di ricostruire le principali sequenze dello spaccio di droga, trovando conferma delle dichiarazioni rese da Fiorino, il quale al riguardo aveva detto:<blockquote>«In sintesi lo spaccio avviene nei seguenti modi. Contatto principale Biagio Crisafulli, dopodiché viene chiamato Alessandro Crisafulli, Raffaele Capaldo, Santo Molino, per il ritiro dei grossi quantitativi che a loro volta consegnano al Filippo Carbone, che conserva presso i suoi box o le sue abitazioni, dopodiché Santo, Lele e Alex si servono di Antonio Palumbo e Fulvio Del Latte per le relative consegne ai clienti di Quarto Oggiaro e zone limitrofe. Luigi Giametta e Santo Molino dirigono personalmente tutti gli altri personaggi di piccolo rilievo per il piccolo spaccio di Quarto Oggiaro»<ref>Ibidem, p. 66.</ref>.</blockquote>
 
===L'organizzazione===
Dai primi anni '80, il capo indiscusso dell'organizzazione mafiosa attiva a Quarto Oggiaro era diventato Biagio Crisafulli, detto "''Dentino''", che mantenne sempre il ruolo indiscusso di capo, anche nei periodi di latitanza o di detenzione carceraria. Crisafulli era in diretto contatto con [[Cosa Nostra]], in particolar modo con Luigi Bonanno, che lo sosteneva e appoggiava per i rifornimenti di droga. A tal proposito, dichiarò Fiorino che «''il Crisafulli era una sorta di rappresentante degli interessi di Cosa Nostra in Milano e aveva rapporti, oltre che con il Bonanno, anche con il gruppo Carollo, con Franz Fischer e con Gerardo Gadaleta''»<ref>Ivi, p. 57.</ref>.
 
Oltre che con i mafiosi siciliani, Crisafulli era riuscito anche a instaurare un rapporto di collaborazione con uomini della [['ndrangheta]] presenti in Lombardia, riuscendo a far da tramite tra le due organizzazioni nei quartieri sotto il suo controllo.
 
Il numero due dell'organizzazione era il fratello minore di Crisafulli, Alessandro detto "Alex", che nei periodi di latitanza o di detenzione del fratello maggiore assunse la gestione del traffico di stupefacenti, impartendo ordini e controllando il mercato mediante contatti con gli esponenti di Cosa Nostra con i quali l'organizzazione concordava programmi e ordinativi di eroina. I contatti con i siciliani avvenivano nella zona di San Siro ed Alex si avvaleva, per i ritiri e le consegne di droga, di Domenico Palazzolo, noto pregiudicato.
 
Sotto i due fratelli vi erano vari gruppi che gestivano lo spaccio di eroina prima e quello di cocaina poi. I gruppi di spaccio godevano di una buona autonomia, dovendo però sempre fare capo per il rifornimento di sostanze stupefacenti ai Crisafulli.
 
Infine, l'organizzazione poté contare sulla collaborazione di ragazzi del quartiere che avevano il compito di pattugliare la zona che era soggetta a frequenti controlli da parte delle forze dell'ordine e dare, in caso di avvistamento, l'allarme. Detti ragazzi, per i quali veniva regolarmente stabilito un turno di lavoro, erano retribuiti con denaro.
 
La base operativa dell'organizzazione era a Quarto Oggiaro, quartiere popolare di Milano, dove gli esponenti di spicco dell'associazione detenevano e fornivano la droga, inizialmente per il quartiere e, successivamente, per l'intera città. Fiorino raccontò il modus operandi dell'organizzazione anche dal punto di vista dello smistamento della droga: <blockquote>«le bustine, che venivano vendute al precedente prezzo, ovvero a centocinquantamila lire, contenevano solo tre-tre grammi e mezzo. La distribuzione delle bustine era dell'ordine di duecento-cinquecento per volta, fino a raggiungere il numero di mille, ovvero l'equivalente di tre chili e mezzo di eroina»<ref>Ivi, p. 63</ref>. </blockquote>L'associazione mafiosa riceveva dalla Sicilia carichi di droga dell'ordine di 50/100 kg per volta che venivano smerciati dai due fratelli ai vari sottogruppi. Fiorino riferì, ad esempio, che era solito procurarsi ogni 15 o 20 giorni circa mezzo kg di cocaina che veniva immediatamente ripartito ad altri sottogruppi che facevano riferimento a lui.
 
La rete dell'organizzazione criminale comprendeva anche concorrenti esterni che, a vario titolo, garantivo la sopravvivenza dell'associazione criminale. In particolare, per il deposito della droga:
 
*il box di Mimmo Carbone, ubicato sotto la sua abitazione a Novate Milanese;
*il magazzino sottostante il panificio di Fulvio Del Latte, ubicato in via Pascarella, angolo via De Roberto;
*un deposito vicino al negozio di elettrodomestici in cui lavorava Fiorino e nei pressi del quale gravitano di sovente Raffaele Capaldo e Antonio Palumbo<ref>Ivi, p. 63</ref>.
 
Per la custodia delle armi, viceversa, l'organizzazione si serviva di tale Carmine Vilardo, il quale era appassionato di armi ed in possesso di regolare licenza tanto da tenere in casa una cassaforte dove erano custodite armi da caccia e da collezione. Vilardo custodiva in grossi borsoni le armi del gruppo, i particolare fucili mitragliatori calibro 7.65, un lancia granate, un fucile a canne mozze, numerose pistole calibro 7.65 e 38 ed un ingente quantitativo di munizioni. Fiorino dichiarò al riguardo che le «le armi lunghe venivano solitamente utilizzate per le rapine, mentre le pistole per compiere omicidi»<ref>Ivi, p. 64.</ref>).
 
===L'espansione nel Giambellino===
Sul finire degli anni '80, l'organizzazione di Crisafulli si espanse e cominciò ad operare anche nel quartiere del Giambellino, soprattutto dopo che "Dentino" riuscì a interrompere una lunga guerra che aveva portato alla morte numerosi uomini di Franz Fischer, all'epoca noto trafficante del quartiere di Giambellino. I rapporti con gli uomini di Cosa Nostra e della 'ndrangheta permisero a Crisafulli di estendere la sua influenza su altre zone della città, in particolare sulla piazza di spaccio di Baggio, controllata da Roberto Orio<ref>Roberto Orio venne coinvolto nel 1994 nell'Operazione Moneta 2, nella quale vennero arrestato 20 persone, accusate di traffico di droga, possesso d'armi da guerra, esplosivi e di 6 miliardi di lire in contati, frutto di traffici illeciti.</ref>, col quale pattuì che si sarebbero reciprocamente aiutati nell'approvvigionamento delle sostanze stupefacenti nel momento in cui, uno dei due, fosse rimasto senza droga.
 
===Gli arresti===
A seguito della richiesta di custodia cautelare del [[17 febbraio]] [[1994]] inviata al Giudice per le indagini preliminari di Milano [[Maurizio Grigo]], la squadra di Polizia Giudiziaria, coordinata dal Maggiore Paolo La Forgia, alle ore 03:00 del successivo [[18 aprile]] diede inizio agli arresti che portarono alla cattura di più di 100 persone, facenti a vario titolo parte dell'associazione mafiosa.
 
L'ordinanza di custodia cautelare era stata richiesta per 144 indagati, ma di alcuni non si potè trarli in arresto in quanto fuggiti e latitanti. Il [[31 marzo]] [[1995]] il GUP del Tribunale di Milano rinviò a giudizio 152 persone davanti alla Quinta Sezione Penale del Tribunale milanese<ref>Citato in R.M., Il Giorno del 1° aprile 1995, p. 26.</ref> .
 
==Il Processo==
Il processo iniziò il [[18 settembre]] [[1995]]. I pubblici ministeri decisero di stralciare dal troncone principale le indagini riguardanti gli omicidi commessi dall'associazione, costituendo per ciascuno dei mandanti e degli esecutori un processo a parte. Dentro "Terra Bruciata" restarono le accuse per associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti, alla commissione di rapine ed estorsioni. Il dibattimento fu seguito dal p.m. Gianni Griguolo, mentre il collegio del tribunale era composto dal dott. Cappelleri, in qualità di Presidente, e dalla dott.ssa Schiaffino e dal dott. Cotta, in qualità di giudici a latere.
 
Il dibattimento durò oltre 1 anno e mezzo, durante il quale ci furono altri imputati che decisero di collaborare con la giustizia, tra cui Vittorio Foschini, a capo della "Squadra di Fuoco", un gruppo scelto di uomini che aveva il compito di intimidire con la violenza o anche uccidere chiunque fosse stato di ostacolo all'associazione. A lui, gli inquirenti attribuirono più di 20 omicidi.
 
Il dibattimento venne segnato anche dalle violenze contro la figlia di Fiorino, con l'intento di costringere il padre a non testimoniare durante il processo. Tuttavia, Fiorino non si fece intimorire e confermò in aula quanto dichiarato ai pubblici ministeri in fase di indagine.
 
===La sentenza di primo grado===
La sentenza venne emessa il [[22 aprile]] [[1997]] e confermò totalmente l'impianto accusatorio. La sentenza, di oltre 700 pagine, appurò che l'associazione si avvaleva di metodi mafiosi e intimidatori volti al rafforzamento, sul territorio, dell'organizzazione.
 
==Ulteriori gradi di giudizio==
Il [[15 luglio]] [[1998]] la Corte d'Appello di Milano depositò la sentenza che confermava la sentenza di primo grado, che a sua volta venne confermata dalla Cassazione.
 
==Note==
<references></references>
 
==Bibliografia==
*Archivio Storico de Il Giorno.
*Archivio Storico de l'Unità.
*Archivio Storico de la Stampa.
*Grigo Maurizio (1995). ''Ordinanza di applicazione di custodia cautelare - Procedimento Penale n. 7100/1993 R.G.N.R.'', Tribunale di Milano - Ufficio GIP, 11 aprile.
 
[[Categoria:Inchieste in Lombardia]]   
[[Categoria:Inchieste su Cosa Nostra]]  
[[Categoria:Inchieste sulla 'ndrangheta]]

Versione attuale delle 09:31, 1 nov 2023

L'Operazione Terra Bruciata è stata un'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, scattata il 18 aprile 1994[1] e coordinata dai Pubblici Ministeri Gianni Griguolo e Alberto Nobili, riguardante le attività dell'organizzazione mafiosa attiva nei quartieri di Baggio, Quarto Oggiaro e in Piazza Prealpi a Milano, capeggiata da Biagio Crisafulli "Dentino".

Gli arresti eseguiti furono complessivamente 125, di cui 110 in Lombardia, e gli altri tra Torino, Bologna, Forlì, Foggia, Reggio Calabria, Comiso e Palermo. Nell'operazione vennero impiegati un migliaio di Carabinieri, con l'ausilio di elicotteri, artificieri ed unità cinofile. Nel corso delle oltre 300 perquisizioni vennero inoltre sequestrate 17 armi lunghe, 3 pistole mitragliatrici, un moschetto automatico Beretta, 37 pistole, 4 silenziatori, un mirino telescopico e numerose munizioni. Alcune perquisizioni furono effettuate anche nelle carceri dove già erano detenuti alcuni boss dell'organizzazione[2].

Antefatti

L'inchiesta nacque il 17 luglio 1993 a seguito dell'arresto di Giustino Fiorino, detto "Lillino", il quale manifestò immediatamente l'intenzione di collaborare con l'Autorità Giudiziaria[3]). Il suo arresto avvenne in seguito a un controllo dei Carabinieri del Nucleo Operativo di Milano che lo trovarono in possesso di circa trecentocinquanta grammi di cocaina. La decisione di Fiorino di collaborare con la giustizia fu il frutto di un calcolo ragionato sugli effettivi benefici, in termini di sconto della pena, considerati i suoi innumerevoli precedenti penali. Con la sua collaborazione, i pubblici ministeri riuscirono a definire con esattezza l'organizzazione mafiosa che dominava su Quarto Oggiaro, quartiere nord-ovest della città di Milano, e principale piazza di narcotraffico del capoluogo lombardo. Le sue dichiarazioni vennero confermate, successivamente, da Walter Goldin.

L'attività criminale

Sulla scorta delle dichiarazioni rese da Fiorino, il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Milano avviò una intensa attività investigativa, finalizzata ad acquisire precisi riscontri a quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia, anche mediante servizi di osservazioni, pedinamento, sopralluoghi, riconoscimenti fotografici, intercettazioni telefoniche ed ambientali e, per quanto possibile ed opportuno, controlli di polizia.

La squadra di Polizia Giudiziaria appurò che scopo primario dell'associazione per delinquere era lo spaccio di sostanze stupefacenti. La Polizia Giudiziaria, allora, ebbe il compito di ricostruire le principali sequenze dello spaccio di droga, trovando conferma delle dichiarazioni rese da Fiorino, il quale al riguardo aveva detto:

«In sintesi lo spaccio avviene nei seguenti modi. Contatto principale Biagio Crisafulli, dopodiché viene chiamato Alessandro Crisafulli, Raffaele Capaldo, Santo Molino, per il ritiro dei grossi quantitativi che a loro volta consegnano al Filippo Carbone, che conserva presso i suoi box o le sue abitazioni, dopodiché Santo, Lele e Alex si servono di Antonio Palumbo e Fulvio Del Latte per le relative consegne ai clienti di Quarto Oggiaro e zone limitrofe. Luigi Giametta e Santo Molino dirigono personalmente tutti gli altri personaggi di piccolo rilievo per il piccolo spaccio di Quarto Oggiaro»[4].

L'organizzazione

Dai primi anni '80, il capo indiscusso dell'organizzazione mafiosa attiva a Quarto Oggiaro era diventato Biagio Crisafulli, detto "Dentino", che mantenne sempre il ruolo indiscusso di capo, anche nei periodi di latitanza o di detenzione carceraria. Crisafulli era in diretto contatto con Cosa Nostra, in particolar modo con Luigi Bonanno, che lo sosteneva e appoggiava per i rifornimenti di droga. A tal proposito, dichiarò Fiorino che «il Crisafulli era una sorta di rappresentante degli interessi di Cosa Nostra in Milano e aveva rapporti, oltre che con il Bonanno, anche con il gruppo Carollo, con Franz Fischer e con Gerardo Gadaleta»[5].

Oltre che con i mafiosi siciliani, Crisafulli era riuscito anche a instaurare un rapporto di collaborazione con uomini della 'ndrangheta presenti in Lombardia, riuscendo a far da tramite tra le due organizzazioni nei quartieri sotto il suo controllo.

Il numero due dell'organizzazione era il fratello minore di Crisafulli, Alessandro detto "Alex", che nei periodi di latitanza o di detenzione del fratello maggiore assunse la gestione del traffico di stupefacenti, impartendo ordini e controllando il mercato mediante contatti con gli esponenti di Cosa Nostra con i quali l'organizzazione concordava programmi e ordinativi di eroina. I contatti con i siciliani avvenivano nella zona di San Siro ed Alex si avvaleva, per i ritiri e le consegne di droga, di Domenico Palazzolo, noto pregiudicato.

Sotto i due fratelli vi erano vari gruppi che gestivano lo spaccio di eroina prima e quello di cocaina poi. I gruppi di spaccio godevano di una buona autonomia, dovendo però sempre fare capo per il rifornimento di sostanze stupefacenti ai Crisafulli.

Infine, l'organizzazione poté contare sulla collaborazione di ragazzi del quartiere che avevano il compito di pattugliare la zona che era soggetta a frequenti controlli da parte delle forze dell'ordine e dare, in caso di avvistamento, l'allarme. Detti ragazzi, per i quali veniva regolarmente stabilito un turno di lavoro, erano retribuiti con denaro.

La base operativa dell'organizzazione era a Quarto Oggiaro, quartiere popolare di Milano, dove gli esponenti di spicco dell'associazione detenevano e fornivano la droga, inizialmente per il quartiere e, successivamente, per l'intera città. Fiorino raccontò il modus operandi dell'organizzazione anche dal punto di vista dello smistamento della droga:

«le bustine, che venivano vendute al precedente prezzo, ovvero a centocinquantamila lire, contenevano solo tre-tre grammi e mezzo. La distribuzione delle bustine era dell'ordine di duecento-cinquecento per volta, fino a raggiungere il numero di mille, ovvero l'equivalente di tre chili e mezzo di eroina»[6].

L'associazione mafiosa riceveva dalla Sicilia carichi di droga dell'ordine di 50/100 kg per volta che venivano smerciati dai due fratelli ai vari sottogruppi. Fiorino riferì, ad esempio, che era solito procurarsi ogni 15 o 20 giorni circa mezzo kg di cocaina che veniva immediatamente ripartito ad altri sottogruppi che facevano riferimento a lui.

La rete dell'organizzazione criminale comprendeva anche concorrenti esterni che, a vario titolo, garantivo la sopravvivenza dell'associazione criminale. In particolare, per il deposito della droga:

  • il box di Mimmo Carbone, ubicato sotto la sua abitazione a Novate Milanese;
  • il magazzino sottostante il panificio di Fulvio Del Latte, ubicato in via Pascarella, angolo via De Roberto;
  • un deposito vicino al negozio di elettrodomestici in cui lavorava Fiorino e nei pressi del quale gravitano di sovente Raffaele Capaldo e Antonio Palumbo[7].

Per la custodia delle armi, viceversa, l'organizzazione si serviva di tale Carmine Vilardo, il quale era appassionato di armi ed in possesso di regolare licenza tanto da tenere in casa una cassaforte dove erano custodite armi da caccia e da collezione. Vilardo custodiva in grossi borsoni le armi del gruppo, i particolare fucili mitragliatori calibro 7.65, un lancia granate, un fucile a canne mozze, numerose pistole calibro 7.65 e 38 ed un ingente quantitativo di munizioni. Fiorino dichiarò al riguardo che le «le armi lunghe venivano solitamente utilizzate per le rapine, mentre le pistole per compiere omicidi»[8]).

L'espansione nel Giambellino

Sul finire degli anni '80, l'organizzazione di Crisafulli si espanse e cominciò ad operare anche nel quartiere del Giambellino, soprattutto dopo che "Dentino" riuscì a interrompere una lunga guerra che aveva portato alla morte numerosi uomini di Franz Fischer, all'epoca noto trafficante del quartiere di Giambellino. I rapporti con gli uomini di Cosa Nostra e della 'ndrangheta permisero a Crisafulli di estendere la sua influenza su altre zone della città, in particolare sulla piazza di spaccio di Baggio, controllata da Roberto Orio[9], col quale pattuì che si sarebbero reciprocamente aiutati nell'approvvigionamento delle sostanze stupefacenti nel momento in cui, uno dei due, fosse rimasto senza droga.

Gli arresti

A seguito della richiesta di custodia cautelare del 17 febbraio 1994 inviata al Giudice per le indagini preliminari di Milano Maurizio Grigo, la squadra di Polizia Giudiziaria, coordinata dal Maggiore Paolo La Forgia, alle ore 03:00 del successivo 18 aprile diede inizio agli arresti che portarono alla cattura di più di 100 persone, facenti a vario titolo parte dell'associazione mafiosa.

L'ordinanza di custodia cautelare era stata richiesta per 144 indagati, ma di alcuni non si potè trarli in arresto in quanto fuggiti e latitanti. Il 31 marzo 1995 il GUP del Tribunale di Milano rinviò a giudizio 152 persone davanti alla Quinta Sezione Penale del Tribunale milanese[10] .

Il Processo

Il processo iniziò il 18 settembre 1995. I pubblici ministeri decisero di stralciare dal troncone principale le indagini riguardanti gli omicidi commessi dall'associazione, costituendo per ciascuno dei mandanti e degli esecutori un processo a parte. Dentro "Terra Bruciata" restarono le accuse per associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti, alla commissione di rapine ed estorsioni. Il dibattimento fu seguito dal p.m. Gianni Griguolo, mentre il collegio del tribunale era composto dal dott. Cappelleri, in qualità di Presidente, e dalla dott.ssa Schiaffino e dal dott. Cotta, in qualità di giudici a latere.

Il dibattimento durò oltre 1 anno e mezzo, durante il quale ci furono altri imputati che decisero di collaborare con la giustizia, tra cui Vittorio Foschini, a capo della "Squadra di Fuoco", un gruppo scelto di uomini che aveva il compito di intimidire con la violenza o anche uccidere chiunque fosse stato di ostacolo all'associazione. A lui, gli inquirenti attribuirono più di 20 omicidi.

Il dibattimento venne segnato anche dalle violenze contro la figlia di Fiorino, con l'intento di costringere il padre a non testimoniare durante il processo. Tuttavia, Fiorino non si fece intimorire e confermò in aula quanto dichiarato ai pubblici ministeri in fase di indagine.

La sentenza di primo grado

La sentenza venne emessa il 22 aprile 1997 e confermò totalmente l'impianto accusatorio. La sentenza, di oltre 700 pagine, appurò che l'associazione si avvaleva di metodi mafiosi e intimidatori volti al rafforzamento, sul territorio, dell'organizzazione.

Ulteriori gradi di giudizio

Il 15 luglio 1998 la Corte d'Appello di Milano depositò la sentenza che confermava la sentenza di primo grado, che a sua volta venne confermata dalla Cassazione.

Note

  1. Paola Soave, Milano, maxi-operazione antimafia. Borrelii: «I pentiti? Indispensabili», l'Unità, 19 aprile 1994.
  2. Ibidem.
  3. Maurizio Grigo, Ordinanza di applicazione di custodia cautelare - Procedimento Penale n. 7100/1993 R.G.N.R., Tribunale di Milano - Ufficio GIP, 11 aprile 1994, p. 42
  4. Ibidem, p. 66.
  5. Ivi, p. 57.
  6. Ivi, p. 63
  7. Ivi, p. 63
  8. Ivi, p. 64.
  9. Roberto Orio venne coinvolto nel 1994 nell'Operazione Moneta 2, nella quale vennero arrestato 20 persone, accusate di traffico di droga, possesso d'armi da guerra, esplosivi e di 6 miliardi di lire in contati, frutto di traffici illeciti.
  10. Citato in R.M., Il Giorno del 1° aprile 1995, p. 26.

Bibliografia

  • Archivio Storico de Il Giorno.
  • Archivio Storico de l'Unità.
  • Archivio Storico de la Stampa.
  • Grigo Maurizio (1995). Ordinanza di applicazione di custodia cautelare - Procedimento Penale n. 7100/1993 R.G.N.R., Tribunale di Milano - Ufficio GIP, 11 aprile.