Pino Puglisi: differenze tra le versioni

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Per l’assassinio del prete palermitano «sono stati istruiti a Palermo due processi già arrivati alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione.
Per l’assassinio del prete palermitano «sono stati istruiti a Palermo due processi già arrivati alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione.
Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss di Brancaccio dell’epoca, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Come esecutori il carcere a vita è stato inflitto a Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro, Luigi Giacalone, tutti detenuti». Condanna a 16 anni invece, per il killer pentito Salvatore Grigoli.
Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss di Brancaccio dell’epoca, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Come esecutori il carcere a vita è stato inflitto a Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro, Luigi Giacalone, tutti detenuti».<ref>Atti dei processi, Sito ufficiale su padre Pino Puglisi dell’arcidiocesi di Palermo, www.padrepinopuglisi.diocesipa.it/index.php?option=com_content&view=article&id=100&Itemid=98</ref> Condanna a 16 anni invece, per il killer pentito Salvatore Grigoli.
Scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Palermo: «Emerge la figura di un prete che infaticabilmente operava sul territorio, fuori dall’ombra del campanile... L’opera di don Puglisi aveva finito per rappresentare una insidia e una spina nel fianco del gruppo criminale emergente che dominava il territorio, perché costituiva un elemento di sovversione nel contesto dell’ordine mafioso, conservatore, opprimente che era stato imposto nella zona, contro cui il prete mostrava di essere uno dei più tenaci e indomiti oppositori. Don Pino Puglisi aveva scelto non solo di “ricostruire” il sentimento religioso e spirituale dei suoi fedeli, ma anche di schierarsi, concretamente,  senza veli di ambiguità e complici silenzi, dalla parte di deboli ed emarginati, di appoggiare senza riserve i progetti di riscatto provenienti da cittadini onesti, che coglievano alla radice l’ingiustizia della propria emarginazione e intendevano cambiare il volto del quartiere, desiderosi di renderlo più accettabile, accogliente e vivibile».  
Scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Palermo: «Emerge la figura di un prete che infaticabilmente operava sul territorio, fuori dall’ombra del campanile... L’opera di don Puglisi aveva finito per rappresentare una insidia e una spina nel fianco del gruppo criminale emergente che dominava il territorio, perché costituiva un elemento di sovversione nel contesto dell’ordine mafioso, conservatore, opprimente che era stato imposto nella zona, contro cui il prete mostrava di essere uno dei più tenaci e indomiti oppositori. Don Pino Puglisi aveva scelto non solo di “ricostruire” il sentimento religioso e spirituale dei suoi fedeli, ma anche di schierarsi, concretamente,  senza veli di ambiguità e complici silenzi, dalla parte di deboli ed emarginati, di appoggiare senza riserve i progetti di riscatto provenienti da cittadini onesti, che coglievano alla radice l’ingiustizia della propria emarginazione e intendevano cambiare il volto del quartiere, desiderosi di renderlo più accettabile, accogliente e vivibile».<ref>Ibidem</ref>


=== Il killer di 3P ===
=== Il killer di 3P ===


In sagrestia aveva un orologio con le lancette a terra e la scritta  “per Cristo a tempo pieno”. Racconta Salvatore Grigoli, il killer di 3P : «la Chiesa di don Puglisi era diversa da quella che eravamo abituati a conoscere. Per cosa nostra la Chiesa era quella che, se c’era un latitante, lo nascondeva. Non perchè era collusa, ma perchè aiutava chi aveva bisogno. Un territorio neutro, ma tutto ciò è venuto a mancare negli ultimi anni».  
In sagrestia aveva un orologio con le lancette a terra e la scritta  “per Cristo a tempo pieno”. Racconta Salvatore Grigoli, il killer di 3P<ref>Padre Pino Puglisi</ref>: «la Chiesa di don Puglisi era diversa da quella che eravamo abituati a conoscere. Per cosa nostra la Chiesa era quella che, se c’era un latitante, lo nascondeva. Non perchè era collusa, ma perchè aiutava chi aveva bisogno. Un territorio neutro, ma tutto ciò è venuto a mancare negli ultimi anni».<ref>Ventisette anni di Pontificato che hanno cambiato la storia. E avvicinato la Chiesa ai fedeli, www.sampognaro.it/IL_PAPA_GIOVANNI_PAOLO_II_E_LA_MAFIA.htm</ref>
Grigoli oggi è un collaboratore di giustizia. Dal 2009 lo è anche Spatuzza: «è stato mosso da una profonda revisione interiore del suo vissuto ispirata, a suo dire,  da un’evidente spinta religiosa […] ogni volta che Spatuzza parlava della sua partecipazione all’omicidio di don Puglisi sembrava pervaso da una crisi di pianto irrefrenabile».  
Salvatore Grigoli racconta così quella sera: «l’avvistammo in una cabina telefonica mentre eravamo in macchina. Andammo a prendere l’arma. Toccava a me. Ero io quello che sparava. Spatuzza gli tolse il borsello, e gli disse: padre, questa è una rapina. Lui rispose: “me l’aspettavo”. Lo disse con un sorriso. Un sorriso che mi è rimasto impresso. C’era una specie di luce in quel sorriso…».<ref>V. Vecellio, Pino Puglisi: il prete di borgata che insegnava i valori della legalità,  Articolo 21, 15 settembre 2013, www.articolo21.org/2013/09/ucciso-dalla-mafia-il-15-settembre-di-venti-anni-fa-don-pino-puglisi-il-prete-di-borgata-che-insegnava-i-valori-della-legalita</ref> 
Grigoli oggi è un collaboratore di giustizia. Dal 2009 lo è anche Spatuzza: «è stato mosso da una profonda revisione interiore del suo vissuto ispirata, a suo dire,  da un’evidente spinta religiosa […] ogni volta che Spatuzza parlava della sua partecipazione all’omicidio di don Puglisi sembrava pervaso da una crisi di pianto irrefrenabile».<ref>N. Di Matteo, Pino Puglisi, “Cittadino” e Beato, Palermo, Palazzo delle Aquile, 20 maggio 2013</ref>


== La beatificazione ==
== La beatificazione ==


«Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio. Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza. Ricordate S. Paolo: “Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo”. Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita».  
«Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio. Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza. Ricordate S. Paolo: “Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo”. Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita».<ref>G. Puglisi, La testimonianza che diventa martirio, centropadrenostro.it/articoli.asp?ID=22</ref> 


È stato beatificato il 25 maggio 2013, durante una cerimonia liturgica al Foro Italico Umberto I, di Palermo. Davanti a 100.000 persone.
È stato beatificato il 25 maggio 2013, durante una cerimonia liturgica al Foro Italico Umberto I, di Palermo. Davanti a 100.000 persone.
La beatificazione di don Pino Puglisi pone fuori dal Cattolicesimo e dal Cristianesimo, i mafiosi e la loro atea religione. Non è il primo prete martire ma è il primo tra quelli uccisi dalle mafie: «l’uccisione di don Pino Puglisi non è soltanto un efferato delitto di mafia: è anche la sua testimonianza di fede, amore, speranza».  
La beatificazione di don Pino Puglisi pone fuori dal Cattolicesimo e dal Cristianesimo, i mafiosi e la loro atea religione. Non è il primo prete martire ma è il primo tra quelli uccisi dalle mafie: «l’uccisione di don Pino Puglisi non è soltanto un efferato delitto di mafia: è anche la sua testimonianza di fede, amore, speranza».<ref>M. Naro, durante l’incontro, Don Pino Puglisi per il Vangelo, Palermo, 30 aprile 2013</ref> 
Il martire «potrebbe definirsi il santo per eccellenza, colui nel quale la sequela Christi attinge l’apogeo nell’effusione del sangue, e, unito intimamente ed inscindibilmente al Verbo incarnato, offre la testimonianza più alta e credibile immolando la propria vita».  
Il martire «potrebbe definirsi il santo per eccellenza, colui nel quale la sequela Christi attinge l’apogeo nell’effusione del sangue, e, unito intimamente ed inscindibilmente al Verbo incarnato, offre la testimonianza più alta e credibile immolando la propria vita».<ref>G. Boni, Martirio e diritto canonico. Riflessioni sul caso di don Puglisi, Archivio Giuridico, vol. CCXXXIII, fasc. 4-2013, p. 427</ref> 
Dopo la grande festa per la sua beatificazione, Papa Bergoglio, durante l’Angelus, dice di don Pino: «è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto».  
Dopo la grande festa per la sua beatificazione, Papa Bergoglio, durante l’Angelus, dice di don Pino: «è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto».<ref>Papa Francesco ricorda Pino Puglisi durante l’Angelus del 26 maggio 2013</ref>


Il processo di beatificazione
Il processo di beatificazione
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