Bruno Contrada
Bruno Contrada (Napoli, 2 settembre 1931) è un ex funzionario, agente segreto ed ex poliziotto italiano; è stato dirigente generale della Polizia di Stato, numero tre del Sisde, capo della Mobile di Palermo, e capo della sezione siciliana della Criminalpol. Condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa in via definitiva nel 2007, il 7 luglio 2017 la sentenza è stata dichiarata dalla stessa Corte di Cassazione "ineseguibile e improduttiva di effetti penali", dando seguito alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che aveva condannato l'Italia in quanto prima del 1994, quando la suprema Corte si espresse a sezioni riunite, il reato "era poco chiaro".
A tal proposito, Gian Carlo Caselli, ex-procuratore capo di Palermo che contestò il reato a Contrada, in un'intervista a "la Stampa"[1] ha ribadito: "La Cedu e la Cassazione non prendono in esame i fatti specifici che portano alla responsabilità di Contrada. Quindi non si tratta di un’assoluzione per quanto riguarda i fatti. Che in ogni caso sono e restano gravissimi."
Sulla stessa scia il commento di Marco Travaglio[2], direttore de "Il Fatto Quotidiano": "Ora, con buona pace della Corte di Strasburgo che la mafia non l'ha mai vista neppure in cartolina, e della nostra Cassazione che invece dovrebbe saperne qualcosa, il reato di concorso esterno non è un'invenzione: è sempre esistito, come il concorso in omicidio, in rapina, in truffa, in corruzione ecc. Nel 1875, quando la Sicilia aveva una Cassazione tutta sua e la mafia si chiamava brigantaggio, già venivano condannati i suoi concorrenti esterni agrigentini per “complicità in associazione di malfattori”. Nel 1982 la legge Rognoni-La Torre creò finalmente il reato di associazione mafiosa (art. 416-bis del Codice penale) e subito dopo, nel 1987, il pool di Falcone e Borsellino contestò il concorso esterno in associazione mafiosa ai colletti bianchi di Cosa Nostra nella sentenza-ordinanza del maxiprocesso-ter."
Biografia
Entrato in polizia nel 1958, frequentò l'istituto superiore di Polizia a Roma; dopo aver svolto alcuni incarichi nel Lazio, nel 1973 ottenne la guida della squadra mobile di Palermo; in questa veste fu lui a raccogliere la testimonianza del primo pentito di Cosa Nostra Leonardo Vitale, che 10 anni prima di Tommaso Buscetta aveva consegnato agli inquirenti una mappa precisa delle famiglie mafiose palermitane e della struttura interna dell'organizzazione.
Si occupò anche della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, rapito e ucciso dalla mafia nel 1970: per Contrada e il suo vice Boris Giuliano la scomparsa era legata alle indagini sull'attentato in cui morì Enrico Mattei, presidente dell'ENI, ufficialmente morto in un incidente aereo, mentre per il generale Carlo Alberto dalla Chiesa la pista più probabile erano le sue indagini sul traffico di droga delle cosche palermitane; al caso lavorava anche il colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo, poi ucciso nel 1976 dai Corleonesi. Nel 1976 Contrada lasciò a Giuliano la guida della Squadra Mobile per passare alla Criminalpol e sei anni dopo andò al SISDE come coordinatore dei centri siciliano e sardo; nel settembre 1982 venne nominato dal prefetto Emanuele De Francesco capo di Gabinetto dell'Alto Commissario per la lotta alla mafia, dove restò fino al 1985, per poi andare l'anno successivo al Reparto Operativo della Direzione del Sisde, riorganizzandone le funzioni e assegnandogli una specifica competenza antimafia, cosa che creò un conflitto di attribuzione con la preesistente Direzione Investigativa Antimafia.
Il 1° luglio 1992 il pentito Gaspare Mutolo fece per la prima volta il suo nome a Paolo Borsellino, durante il primo interrogatorio dopo la sua decisione di collaborare con la giustizia. Circostanza confermata dallo stesso Mutolo nell'udienza del 21 febbraio 1996 per il processo sulla Strage di Via d'Amelio e ribadita anche recentemente in quello sulla Trattativa Stato-Mafia. Durante quell'interrogatorio Borsellino ricevette una telefonata in cui il capo della Polizia Vincenzo Parisi lo invitava al ministero degli Interni per incontrare il neo-ministro Nicola Mancino, circostanza confermata dall'agenda del magistrato, che segnò "1° luglio ore 19:30: Mancino"[3]; al ministero incontrò anche Bruno Contrada, che rivelò al magistrato di essere a conoscenza dell'interrogatorio segreto con il pentito: "so che è con Mutolo, me lo saluti". Sempre Mutolo riferì che Borsellino, di ritorno dopo due ore, era "tutto arrabbiato, agitato, preoccupato, ma che addirittura fumava così distrattamente che aveva due sigarette in mano."[4] Anni dopo la moglie di Borsellino, Agnese, in una appello lanciato dalla trasmissione di Michele Santoro "Servizio Pubblico", chiese al ministro degli Interni: "Perché Paolo rientrato la sera di quello stesso giorno da Roma, mi disse che aveva respirato aria di morte?"[5]
Il 24 dicembre 1992 Contrada venne arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, sulla base delle rivelazioni di diversi collaboratori di giustizia.
Il processo Contrada
- Per approfondire, vedi Processo Contrada
Antefatti
La fase dibattimentale
Ulteriori gradi di giudizio
Note
- ↑ Gian Carlo Caselli sul caso Contrada: “La Suprema Corte non ha capito, quel reato esiste da sempre”, la Stampa, 8 luglio 2017
- ↑ Marco Travaglio, L'età della Pietra, Il Fatto Quotidiano, 9 luglio 2017
- ↑ Citato in Trattativa, Mutolo: “Borsellino sapeva che qualcuno voleva accordo con boss”, il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2014
- ↑ Citato dall'udienza del 21 febbraio 1994
- ↑ Servizio Pubblico, Puntata 6 dicembre 2012