Giovanni Bontate

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Giovanni Bontate fu un membro dell'associazione criminale Cosa nostra, appartenente alla famiglia Bontate di Villagrazia, nel mandamento di Santa Maria del Gesù. Figlio di Don Paolino Bontate e fratello del "Principe di Villagrazia" Stefano Bontate, fu ucciso il 28 settembre 1988.

Fu arrestato l'11 maggio 1980.

Giovanni Bontate conseguì la laurea in giurisprudenza per poi trasferirsi a Roma per lavorare presso un ufficio di avvocatura.


Buscetta affermò che Giovanni Bontate voleva scalzare dal ruolo di comando il fratello Stefano Bontate, membro della Commissione. Giovanni addirittura, secondo Buscetta, chiese a Stefano di dimettersi dalla Commissione, facendo anche pressioni sul "Papa" Michele Greco. Era inoltre accusato di aver agito in accordo con i Corleonesi per favorire l'omicidio del fratello. Questo conflitto andò poi ad avvantaggiare la fazione corleonese che approfittava della situazione di debolezza all'interno della famiglia avversaria. Il 22 maggio 1986 comparve davanti ai giudici per difendersi, dichiarando la sua completa estraneità all'organizzazione e all'omicidio del fratello, e affermando che le accuse a lui rivolte non fossero altro che "infami menzogne" nate da congetture dei pentiti e degli investigatori basate sulle sue parentele.

Durante il Maxiprocesso di Palermo, Giovanni Bontate lesse un comunicato in cui affermava l'estraneità di Cosa nostra dall'omicidio di Claudio Domino, un bambino di undici anni ucciso in strane circostanze. Leggendo quel comunicato di fatto confermò l'esistenza della organizzazione: come racconta Pietro Grasso:

"Con quella dichiarazione di Bontate, per la prima volta un mafioso pronunciò la parola ‘noi´: noi, significava noi mafiosi. Loro stessi ammettevano la loro esistenza. Era senza precedenti"

Giovanni Bontate, nonostante il suo legame con i corleonesi, fu ucciso insieme alla moglie Francesca Citarda il 28 settembre 1988 da Pietro Aglieri, suo luogotenente che lo sostituì alla guida del mandamento.