Mafia del Brenta: differenze tra le versioni

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La Mafia del Brenta, ben più nota come "la Mala", è stata una specifica forma di esercizio di potere operante nel Veneto, in particolare nelle province di Venezia e Padova, dalla fine degli anni '70 fino a metà anni '90. L'associazione, al cui vertice si trovava Felice Maniero, è ad oggi l'unica associazione criminale riconosciuta come mafiosa che non aveva al suo interno affiliati alle mafie tradizionali: la banda di Maniero, infatti, era composta da soggetti veneti che si sono costituiti in associazione e hanno iniziato a delinquere[1].

L'epicentro delle attività criminali dell'associazione era Campolongo Maggiore (dove oggi si trova il 16% dei beni confiscati della regione), piccolo paese a sud della Riviera del Brenta. Qui vi furono le negoziazioni con lo Stato, qui si nascosero per anni i latitanti, così come sempre qui veniva portato l'oro delle rapine a fondere nei crogioli e si sono inabissate e nascoste le auto nel Brenta[2]. È stato quindi il luogo dove la Mafia del Brenta ha governato gli affari criminali del Veneto per vent'anni.

Per quanto riguarda l’evoluzione dell’organizzazione, vi sono tre fasi:

  1. Criminalità minore (anni 1975-1980): il gruppo vede la partecipazione di un ristretto numero di aderenti, dedito a rapine, estorsione e alla gestione del gioco d'azzardo clandestino;
  2. Criminalità emergente (anni 1980-1984): l'organizzazione si struttura maggiormente e instaura i primi contatti con altre associazioni criminali, aumentando le sue attività (rapine (laboratori orafi, hotel, casinò), ricettazione, estorsioni, gioco d’azzardo, sequestri di persona, traffico di stupefacenti). A livello mediatico si enuclea come "Mala del Brenta", dandosi una precisa identità;
  3. Criminalità consolidata (anni 1984-1994): si dota di un profilo internazionale e viene identificata come "Mafia del Brenta", in quanto esprime del tutto il metodo mafioso, modificando parzialmente la sua struttura, le sue attività ed i suoi interlocutori e rientrando pienamente nella definizione di associazione a delinquere di stampo mafioso[3].

L'iter processuale, iniziato nel 1986, trovò la propria conclusione il 1° luglio 1994, con la sentenza della Corte d’Assise di Venezia. Gli imputati a processo furono 110, 91 veneti e 19 “foresti”, come definiti dai giornali dell'epoca, le cui pene complessive sono quantificabili in 503 anni di carcere e 1787 milioni di multa. Le condanne totali furono 79, di cui 21 per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Felice Maniero venne arrestato a Torino il 12 novembre 1994 e appena sei giorni dopo l’arresto dichiarò la volontà di collaborare con la giustizia. Condannato a 25 anni di carcere, ridotti a 17 grazie alla collaborazione, nel 2010 è tornato in libertà[4].

Note

  1. Arianna Zottarel, La Mafia del Brenta, Melampo Editore, p. 21
  2. Ivi, p. 25
  3. Ivi, pp. 71, 72 ,73
  4. Ivi, pp. 111-118

Bibliografia

  • Zottarel Arianna, La Mafia del Brenta - la storia di Felice Maniero e del Veneto che si credeva innocente, Melampo Editore, 2018.