Processo Andreotti: differenze tra le versioni

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Con “Processo Andreotti” generalmente si intende il processo penale che coinvolse il senatore a vita [[Giulio Andreotti]] per i reati di partecipazione ad associazione a delinquere “semplice” (art. 416 codice penale) e di [[Legge Rognoni - La Torre|stampo mafioso (art. 416 bis c.p.)]], iniziato nel 1993 a Palermo e conclusosi nel [[2004]] a Roma.
Per la prima volta il sette volte Presidente del Consiglio e ventuno volte Ministro di svariati dicasteri venne chiamato a rispondere, in un’aula di tribunale, dei suoi rapporti con [[Cosa Nostra]].
==Antefatti==
Giulio Andreotti fu iscritto nel registro degli indagati il [[4 marzo]] [[1993]]. In considerazione dell’immunità di cui godeva ai sensi dell’art. 68 della Costituzione in quanto parlamentare (poi modificata dalla legge costituzionale n. 3 del [[29 ottobre]] [[1993]]) il [[27 marzo]] venne inoltrata agli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica la richiesta di autorizzazione a procedere: la Procura di Palermo voleva procedere nei suoi confronti per i reati di concorso esterno in associazione per delinquere semplice (combinato disposto degli artt. 110 e 416 c.p.) e di stampo mafioso (combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p.).
Il [[6 maggio]] la Giunta delle autorizzazioni e delle immunità del Senato della Repubblica diede parere positivo sulla richiesta di autorizzazione a procedere, escludendo la sussistenza di ''fumus persecutionis'' oggettivo e soggettivo nei confronti del senatore a vita.
Il [[13 maggio]] il Senato della Repubblica concedette, su richiesta dello stesso Andreotti, l’autorizzazione a procedere.
Il [[21 maggio]] [[1994]] i pubblici ministeri Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato formularono, in modifica delle precedenti ipotesi di reato, richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Giulio Andreotti per i reati di associazione a delinquere semplice e di stampo mafioso. Il [[2 marzo]] [[1995]], il Giudice per le Indagini Preliminari Agostino Gristina dispose il decreto di rinvio a giudizio nei suoi confronti.


[[Categoria:Inchieste su Cosa Nostra]]
[[Categoria:Inchieste su Cosa Nostra]]

Versione delle 14:16, 5 mar 2019


Con “Processo Andreotti” generalmente si intende il processo penale che coinvolse il senatore a vita Giulio Andreotti per i reati di partecipazione ad associazione a delinquere “semplice” (art. 416 codice penale) e di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.), iniziato nel 1993 a Palermo e conclusosi nel 2004 a Roma. Per la prima volta il sette volte Presidente del Consiglio e ventuno volte Ministro di svariati dicasteri venne chiamato a rispondere, in un’aula di tribunale, dei suoi rapporti con Cosa Nostra.

Antefatti

Giulio Andreotti fu iscritto nel registro degli indagati il 4 marzo 1993. In considerazione dell’immunità di cui godeva ai sensi dell’art. 68 della Costituzione in quanto parlamentare (poi modificata dalla legge costituzionale n. 3 del 29 ottobre 1993) il 27 marzo venne inoltrata agli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica la richiesta di autorizzazione a procedere: la Procura di Palermo voleva procedere nei suoi confronti per i reati di concorso esterno in associazione per delinquere semplice (combinato disposto degli artt. 110 e 416 c.p.) e di stampo mafioso (combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p.).

Il 6 maggio la Giunta delle autorizzazioni e delle immunità del Senato della Repubblica diede parere positivo sulla richiesta di autorizzazione a procedere, escludendo la sussistenza di fumus persecutionis oggettivo e soggettivo nei confronti del senatore a vita.

Il 13 maggio il Senato della Repubblica concedette, su richiesta dello stesso Andreotti, l’autorizzazione a procedere.

Il 21 maggio 1994 i pubblici ministeri Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato formularono, in modifica delle precedenti ipotesi di reato, richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Giulio Andreotti per i reati di associazione a delinquere semplice e di stampo mafioso. Il 2 marzo 1995, il Giudice per le Indagini Preliminari Agostino Gristina dispose il decreto di rinvio a giudizio nei suoi confronti.