Antonino Carollo

Antonino Carollo detto Tony (Trezzano sul Naviglio, 1960) è stato un affiliato a Cosa Nostra, condannato a 24 anni di carcere per vari reati, tra cui l'associazione mafiosa, nell'ambito del processo scaturito dall'Operazione Duomo Connection.

Biografia

Figlio di Gaetano, già sei anni prima del suo arresto, avvenuto nel 1990, veniva considerato dagli investigatori antimafia l'erede di suo padre. Scrivevano i giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Nicola Cerrato, il 29 maggio 1984: "Antonino Carollo è amministratore unico della Immobiliare Antonietta Srl e della Edilmobiliare Spa. Dispone di un patrimonio immobiliare superiore al miliardo e mezzo di lire. Il denaro? Costituisce il provento delle losche attività di suo padre Gaetano.[1]". Già dal 1979, quando non era ancora ventenne, Tony Carollo risultava amministratore unico delle due società.

La mancata candidatura con la Democrazia Cristiana

Nel 1980 il giovane ragioniere si propose come candidato nelle liste della Democrazia Cristiana a Trezzano sul Naviglio, l'antica roccaforte di suo padre e degli altri uomini che circondavano Luciano Leggio nel periodo dell'anonima sequestri: sembrava cosa fatta, ma all'ultimo il gruppo dirigente provincia della DC lo depenna dalla lista. Riuscì comunque ad essere candidato nella lista di Cinisello Balsamo, al posto numero 11, ma non venne eletto.

L'operazione Duomo Connection

Arrestato nella notte tra il 15 e il 16 maggio 1990, Carollo venne definito nella sentenza di 1° grado "il capo dell'associazione per delinquere"[2] dedita al traffico di stupefacenti. In particolare, Carollo venne ritenuto come il soggetto che, contestualmente e indifferentemente, poteva:

  • intrattenere rapporti con altre organizzazioni delinquenziali operanti a Milano nel settore del traffico degli stupefacenti (in particolare con Saverio Morabito e la 'ndrangheta di Corsico e Buccinasco);
  • tenere relazioni dirette con esponenti di vertice dell'associazione mafiosa "Cosa Nostra";
  • gestire un vasto patrimonio ed importanti e diversificate iniziative economiche, avendo costituito il primo ed alimentato le seconde attraverso i ricavi dell'attività illecita, utilizzando allo scopo la preziosa collaborazione di "insospettabili" imprenditori coinvolti nell'inchiesta che mettevano a disposizione le proprie imprese sia per l'introduzione nei circuiti dell'economia "legale" di denaro contante proveniente da Carollo sia per l'intestazione fittizia di beni immobili di sua proprietà (come ad esempio il terreno di Ronchetto sul Naviglio, il complesso di via Salis 4, i capannoni di Morimondo, le unità immobiliari appartenute alla famiglia Graceffa e le altre proprietà palermitane, il terreno di Cesano Boscone denominato "Aiana-bis") sia, infine, per il concreto sfruttamento imprenditoriale di quei beni.

Il 23 dicembre 1997 la Corte di Cassazione confermò la condanna d'appello a 24 anni di carcere per Carollo.

Bibliografia

Note

  1. Citato in Portanova, Rossi, Stefanoni, p.244
  2. Sentenza di 1° grado, p.471