Articolo 41 bis: differenze tra le versioni

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===La riforma del 2002. Legge 279/2002===
===La riforma del 2002. Legge 279/2002===
Il regime di cui all’art. 41bis O.P., fino alla novella del 2002, era disciplinato in un unico comma di legge. La riforma dell’articolo non tocca il primo comma dello stesso, ma interviene sul testo dei commi 2 e 2 bis inserendo nel corpo della disposizione quattro ulteriori commi (da 2 ter a 2 sexies). Questi prevedono, a differenza del primo, una potestà derogatoria al regime ordinario di trattamento di singoli detenuti non per ragioni di sicurezza interna dell’istituto penitenziario, ma per ragioni di sicurezza pubblica esterna in correlazione ad una pericolosità qualificata del detenuto desunta dalla sua condotta in libertà. La norma prevede, in generale, una facoltà del Ministro della Giustizia, tramite proprio decreto, di sospendere il trattamento ordinario ed adottare un sistema di rigore nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo comma dell’art. 4 bis O.P. o, comunque, per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica od eversiva. Nel nuovo testo dell’articolo in questione i presupposti applicativi del regime continuano ad essere connotati dalla genericità che caratterizzavano la formulazione precedente, dal momento che si fa riferimento a “gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica”.
La novella del 2002, oltre ad attribuire carattere stabile al regime differenziato - precedentemente fondato su disposizioni di natura eccezionale - con efficacia limitata nel tempo, inserendo l’articolo citato in modo definitivo all’interno della legge penitenziaria, ne ha descritto i limiti ed i contenuti. In particolare ha escluso espressamente dal visto di censura la corrispondenza con i parlamentari e con autorità europee e nazionali aventi competenze in materia di giustizia; ha esteso il termine di efficacia del decreto di sospensione e delle relative proroghe; disciplinato le condizioni, il contenuto e le modalità del vaglio giurisdizionale estendendo la legittimazione al reclamo anche al difensore del detenuto e dell’internato ed ha ampliato la categoria dei reati c.d. ostativi di cui all’art. 4 bis O.P.
Il comma 2 quater, nello specifico, elenca le limitazioni che possono essere previste dal regime. Tra tali limitazioni si annoverano: la riduzione dei colloqui con i familiari e l’esclusione di quelli con estranei; il visto di controllo sulla corrispondenza, qualora sia disposto dall’autorità giudiziaria; un limite nella ricezione di somme e di pacchi provenienti dall’esterno; la restrizione del periodo di durata di permanenza all’aperto; il divieto di partecipazione alle rappresentanze di detenuti ed internati. La previsione di tali limitazioni, nei confronti di soggetti condannati per reati di criminalità organizzata, risponde ad una esigenza di prevenzione complessa che prende in considerazione la dimensione collettiva della criminalità organizzata e del fatto che un “ordinario” trattamento penitenziario potrebbe non interrompere la continuità tra il detenuto e l’associazione al fine della progettazione di programmi criminosi.
Il provvedimento ministeriale di sospensione, poi, può essere adottato solo in presenza di alcuni presupposti che sono stati definitivamente normativizzati. Questi presupposti, oltre a riguardare la sussistenza di elementi tali da far ritenere la continuità di collegamenti con la criminalità organizzata, comprendono anche la possibilità di sospendere solo quelle norme del trattamento che si pongono in diretto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza e che il regime restrittivo adottato rivesta un carattere di finalità necessaria rispetto all’obiettivo di impedire collegamenti con l’associazione criminale. Il citato provvedimento di sospensione è individualizzato, dal momento che colpisce singoli detenuti per taluno dei delitti previsti dal primo comma dell’art. 4 bis O.P. evidenziando come l’intervento normativo sia rivolto soprattutto ad appartenenti alle organizzazioni mafiose ed attribuendo alla norma un carattere programmatico e di chiusura. La norma, infatti, sembra voler rappresentare una sorta di sbarramento all’accesso all’ordinario circuito penitenziario.


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