Beppe Alfano

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Beppe Alfano

Giuseppe Aldo Felice Alfano, detto Beppe, (Barcellona Pozzo di Gotto, 4 novembre 1945 – Barcellona Pozzo di Gotto, 8 gennaio 1993) è stato un giornalista italiano. Ucciso per mano di Cosa Nostra, del suo omicidio sono stati individuati solo gli esecutori materiali, mentre i mandanti sono ancora sconosciuti. Oltre che giornalista fu anche insegnante di educazione tecnica alle scuole medie, prima in provincia di Trento, e poi a Terme Vigliatore.


Biografia

Militante politico dell'estrema destra: comincia in gioventà la sua carriera politica nella Giovine Italia, poi aderisce a Ordine Nuovo e successivamente si iscrive all'MSI di Giorgio Almirante. Nelle elezioni comunali del 1990, lascia l'MSI per candidarsi in una lista civica "Alleanza Democratica Progetto Barcellona", ma non verrà eletto; rientrerà successivamente nel movimento sociale.

Attività giornalistica

Giornalista senza tesserino per motivi ideologici, comincia la sua carriera giornalistica in radio alla fine degli anni '70, a Messina. Negli anni ottanta prosegue nelle televisioni locali della sua città natale. Nell'estate del 1991 diventa corrispondete del giornale La Sicilia, occupandosi di politica, cronaca e sport. Barcellona Pozzo di Gotto è stata, sin dagli anni '70, crocevia dei traffici di contrabbando di sigarette prima, della droga poi, gestite direttamente dalle cosche palermitane di Cosa Nostra. Inoltre, verso la metà degli anni '80, ingenti quantità di denaro arrivano nel comune messinese per la costruzione del raddoppiamento della linea ferroviaria con Terme Vigliatore e per l'autostrada Messina Palermo. [1]

Nel 1986, a Terme Vigliatore, torna dopo anni di carcere il boss Pino Chiofalo: si mette a capo di una cosca indipendente dalle regole di Cosa Nostra, e tenta di contrastare il clan c.d. barcellosene al tempo dominante sul territorio. Per le strade di Barcellona Pozzo di Gotto comincia così una guerra sanguinaria che porterà alla morte di quasi tutti gli esponenti del clan barcellonese. Nell'87, Chiofalo viene arrestato a Pellaro (RC) e condannato alla pena dell'ergastolo. Poco tempo dopo comincerà a collaborare con la giustizia. A seguito del suo arresto, la maggior parte degli appartenenti della sua cosca entreranno a far parte della compagine barcellonese, che su riapproprierà del suo potere nella zona.

E' a questo punto che la mafia barcellonese entra in stretti rapporti con la mafia catanese: Giuseppe Gullotti, detto "l'avvocaticchio", fidanzato con la figlia del boss di Barcellona Ciccio Rugolo, diventa il coordinatore dell'ala militare barcellonese per conto del boss Nitto Santapaola; e, a differenza di altri boss della zona, diventa il punto di contatto con i poteri istituzionali, i rappresentanti del potere giudiziario e delle forze dell'ordine, e diventa membro di un circolo culturale famoso nel barcellonese, la "Corda Fratres". Il 27 luglio 1991, viene ucciso a Barcellona il figlio di Chiofalo, Lorenzo: è a questo punto che Beppe Alfano comincia la sua corrispondenza con il giornale La Sicilia, puntando l'attenzione sul sistema criminale barcellonese.

Dopo l'estate del 1992, l'attività giornalistica di Alfano si concentra essenzialmente su tre fronti:

  • La vicenda dell'erogazione dei contributi AIMA (Azienda per gli Interventi sul Mercato Agricolo), le truffe ad essa sottostanti e i rapporti tra Cosa Nostra e personaggi barcellonesi
  • La questione del raddoppio ferroviario
  • La serie di rapporti instaurati tra i soggetti che gestivano l'erogazione dei contributi AIMA e il raddoppio ferroviario, e l'Aias (un'associazione che si occupa di assistenza agli spastici e che trova a Milazzo la sua sede più proficua)

Inoltre, in quei giorni della fine 1992, Alfano sospettava la presenza di Nitto Santapaola a Barcellona Pozzo di Gotto. In effetti il boss catanese si trovava nascosto nel territorio barcellonese. L'ultimo fronte di investigazione condotto dal giornalista prima di essere ucciso, fu l'aver delineato il sospetto della presenza di una loggia massonica composta sia da rappresentanti del potere ufficiale sia da rappresentanti della mafia. A Barcellona esisteva, ed esiste tutt'ora, l'associazione culturale "Corda Fratres", della quale faceva parte "l'avvocaticchio", boss mafioso, Giuseppe Gullotti.

L'omicidio

La sera dell'8 gennaio 1993, a bordo della sua Renault rossa, Beppe Alfano viene ucciso dai sicari, con tre colpi di una pistola calibro 22: uno in bocca, uno alla tempia destra e uno al torace.

Processi

Il 18 novembre 1993, il GIP di Messina, su richiesta dei pm Olindo Canali e Gianclaudio Mango, chiede tre ordinanze di custodia cautelare in carcere per:

Il 15 maggio 1996, la Corte d'Assise di Messina, condanna a 21 anni e 6 mesi Nino Merlino come killer, mentre assolve Giuseppe Gullotti e Nino Mostaccio. I pm e la difesa di Merlino ricorrono in appello, e nel febbraio 1998 la Corte d'appello di Messina conferma la condanna per Merlino, e condanna Gullotti a trent'anni come l'organizzatore dell'omicidio. Il 27 aprile 2006, al terzo pronunciamento giudiziario su Merlino, la Cassazione conferma la condanna a 21 anni di reclusione per il killer del giornalista.[2]

Maurizio Avola, ex sicario di Cosa Nostra nella cosca del boss Santapaola, nel momento in cui comincia a collaborare con la giustizia (autoaccusandosi per una cinquantina di omicidi, compreso quello del giornalista Pippo Fava, e di aver partecipato alle stragi del '92-'93), fa delle dichiarazioni in merito all'omicidio Alfano, che porteranno alla riapertura delle indagini. Avola dichiara che Alfano sarebbe stato ucciso su ordine di Cosa Nostra per aver scoperto che dietro il commercio degli agrumi si nascondevano interessi di Santapaola e di imprenditori legati alla massoneria. Centro nevralgico di questa attività è Barcellona Pozzo di Gotto. Le indagini sono tuttora in corso, i mandanti dell'omicidio non sono mai stati individuati in sede giudiziaria.

Per saperne di più

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