Carmine Schiavone

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La mafia e la camorra non potevano esistere se non era lo stato... Se le istituzioni non avessero voluto l’esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto essere?[1]
(Carmine Schiavone)


Carmine Schiavone (Casal di Principe, 20 luglio 1943 – Viterbo, 22 febbraio 2015) è stato un camorrista appartenente al clan dei casalesi e collaboratore di giustizia italiano, noto per aver portato alla luce la questione dello sversamento di rifiuti tossici in quella che oggi è conosciuta come “Terra dei fuochi[2].

Carmine Schiavone

Biografia

Primi anni e ascesa criminale

Nato a a Casal di Principe, in provincia di Caserta, era figlio di un commerciante di agrumi e di una casalinga, e cugino del noto boss Francesco Schiavone detto Sandokan[3].

Fu arrestato una prima volta nel 1964 e una seconda nel 1972 per tentata estorsione. In carcere conobbe Mario Iovine, con cui strinse un forte sodalizio. Assolto e scarcerato pochi mesi dopo, aprì centri Aima di raccolta di prodotti ortofrutticoli per la trasformazione conserviera e si mise in affari col compagno di cella.

L'affiliazione a Cosa Nostra e la guerra con i cutoliani

Venne affiliato a Cosa Nostra nel 1974 dopo essere stato "battezzato" da Luciano Liggio a Milano[4]. Fu nuovamente arrestato nel 1977 e rimase in carcere fino al 1983.

Uscito dal carcere, insieme agli altri gruppi casertani, si schierò contro Raffaele Cutolo e la sua Nuova Camorra Organizzata.

A conflitto ancora in corso, Carmine creò con Iovine il "sistema dei consorzi" con cui il suo clan poteva controllare tutte le attività che passavano attraverso la provincia di Caserta e si estendevano fino a Latina. Si occupò anche della fornitura di droga, soprattutto cocaina, venduta ai grossisti di Napoli, Roma, Fondi e Milano, cui imponeva l’assoluto divieto di spacciarla nel casertano.

Dopo l’omicidio di Bardellino, nel 1988, acquistò sempre più potere in quanto responsabile degli affari economici dei Casalesi. Ai magistrati spiegò come il clan capì che era divenuto necessario industrializzare le attività mafiose per avere una continua disponibilità di capitali. Tutte le attività economiche e imprenditoriali erano da lui ideate, costituite e gestite[5].

Il 29 aprile 1983 fu arrestato per possesso di armi clandestine e in primo grado venne condannato a 18 anni per associazione mafiosa, ridotti a 5 in appello. Il 6 luglio [[1991] fu nuovamente arrestato per il rinvenimento di armi trovate nella sua azienda a Santa Maria la Fossa, ma riuscì ad ottenere gli arresti domiciliari il 25 luglio successivo, dandosi per cardiopatico. Dal 22 novembre dello stesso anno si rese latitante e si rifugiò in Puglia, dove fu arrestato di nuovo il 3 luglio 1992[6].

La decisione di collaborare con la giustizia

Nel maggio 1993 Schiavone decise di collaborare con la giustizia, in quanto si riteneva tradito dal clan per una vicenda riguardante un impianto di calcestruzzo assegnatogli dopo la morte di Antonio Bardellino e contestatogli da Luigi Venosa, il quale favorì il sequestro dello stabilimento e l’arresto di Carmine e il figlio.

Il clan Schiavone mandò prima un commando ad uccidere Venosa, salvato dal giubbotto antiproiettile, ma poi decise di versare dieci milioni mensili alla famiglia del recluso per evitare delazioni. Schiavone non gradì e iniziò a collaborare con i magistrati inquirenti della "Operazione Spartacus I", facendo sequestrare beni del clan del valore di 2.500 miliardi di lire[7].

In un'intervista alle Iene dichiarò di aver ordinato circa 500 omicidi e di aver ucciso personalmente 50-70 persone[8]

Nel 2000 raccontò la sua vita a Giovanna Montanaro e Francesco Silvestri per il libro "Dalla Mafia allo Stato".

Le dichiarazioni alla Commissione parlamentare d’inchiesta

Carmine Schiavone fu il primo a rivelare informazioni sugli sversamenti di rifiuti tossici in Campania e, per questo motivo, il 7 ottobre 1997 fu richiesto in audizione dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite connesse. Il documento fu declassificato e reso pubblico solo nel 2013, in seguito ad un provvedimento dell’allora Presidente della Camera Laura Boldrini.

Durante l’audizione dichiarò che nel 1988, mentre si trovava ad Otranto, ricevette la proposta di scaricare dei rifiuti tossici dall’avvocato Pino Borsa e Pasquale Pirolo. Il traffico di rifiuti fu avviato dal cugino Francesco Schiavone e da Francesco Bidognetti nello stesso anno. Il boss dichiarò di essere venuto a conoscenza del nuovo business intrapreso dal clan solo due anni dopo, nel 1990[9].

Lo smaltimento illecito di rifiuti portò al gruppo un profitto di 600-700 milioni di lire al mese. Si trattava di sostanze tossiche tra cui fanghi industriali, rifiuti di lavorazioni di ogni tipo e fanghi nucleari provenienti da Massa Carrara, Genova, La Spezia, Milano e perfino dalla Germania[10].

Secondo i racconti del pentito, i rifiuti venivano scaricati durante la notte (a profondità di circa 20-30 metri) e sopra vi si gettava del terreno per coprirli, mentre le bolle di accompagnamento registravano un conferimento effettuato legalmente nelle discariche, le quali pagavano al clan 500mila lire a fusto per l'illecito smaltimento)[11].

Nel corso dell’audizione, Schiavone raccontò il legame fra il suo clan e la politica locale e citò nomi di politici e i loro presunti collegamenti con la P2 di Licio Gelli[12]. Fu proprio grazie a questi rapporti che i casalesi riuscirono a scaricare rifiuti nella provincia di Benevento, fino a toccare quella di Latina, Frosinone e Isernia[13].

Gli ultimi anni e la morte

Nel 2008 si trasferì nella Bassa Tuscia dove viveva sotto copertura con moglie e due figli e dove fu arrestato e subito rilasciato dopo essere stato denunciato dal figlio per detenzione illegale di un fucile ed una pistola. Sempre nel 2008 il suo nome tornò alla ribalta quando alcune voci lo davano come possibile organizzatore di un attentato contro Roberto Saviano, ma al riguardo non emersero mai concreti riscontri e lui, interrogato dai pm, negò[14].

Nel 2013 uscì dal programma di protezione per non aver raccontato tutto ciò che sapeva ai magistrati e fece diverse comparsate televisive.

Il 10 febbraio 2015 fu ricoverato in ospedale a Viterbo dopo essere caduto dal tetto della sua abitazione mentre stava effettuando dei lavori. A seguito della caduta riportò la rottura di una vertebra e altre lesioni e per questo venne sottoposto ad un intervento chirurgico. Morì il successivo 22 febbraio per un arresto cardiaco.

I dubbi sulla morte Due giorni dopo il decesso, i familiari di Schiavone presentarono una denuncia alla Procura di Viterbo, accusando i medici di negligenza e indicandoli come la causa della morte del loro parente. Al fine di eseguire accertamenti, la Procura procedette ad iscrivere nel registro degli indagati una dozzina tra medici e infermieri dell’ospedale Belcolle. Tuttavia, l’esame autoptico disposto indicò la causa naturale come unico motivo del decesso[15].

Note

  1. Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, XIII legislatura, seduta del 7 ottobre 1997, p. 11
  2. Bruno De Stefano, La camorra dalla A alla Z, Roma, New Compton Editori, 2016, p 241
  3. Agenzia giornalistica italia, Camorra: morto boss Carmine Schiavone, svelò il traffico dei rifiuti tossici
  4. Sandro Ruotolo, Carmine Schiavone a servizio pubblico: “Controllavamo dai 70mila ai 100mila voti”, 2 novembre 2018
  5. Francesco Barbagallo, Storia della camorra, Bari, Editori Laterza, 2010, p. 154
  6. Catello Marano, Sentenza contro "Abbate + 129 ", Corte di Assise Santa Maria Capua Vetere - II sezione penale, 15 settembre 2005, p. 772
  7. Francesco Barbagallo, op.cit., pp. 171-172
  8. Le iene, Carmine Schiavone il boss dei casalesi pentito, 2 novembre 2018
  9. Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, XIII legislatura, seduta del 7 ottobre 1997, p. 3
  10. Ivi, pp. 10-11
  11. Ivi, p 14
  12. Ivi, p. 22
  13. Ivi, p. 17
  14. Fulvio Bufi, "Esiste un piano per uccidere Saviano". Un pentito di camorra: entro natale lo scrittore colpito insieme alla sua scorta sull’autostrada per Roma, 2 novembre 2018
  15. Il Tempo, Schiavone aveva un cuore malridotto, 10 Giugno 2018

Bibliografia

  • Barbagallo Francesco, Storia della Camorra, Bari, Editori Laterza, 2010.
  • De Stefano Bruno, La camorra dalla A alla Z, Roma, New Compton Editori, 2016.