Cartello di Sinaloa: differenze tra le versioni

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Il '''cartello di Sinaloa''' o  '''cartello del Pacifico''', è un'organizzazione criminale messicana dedica al traffico di droga. Il suo centro operativo si trova nel '''Sinaloa''', uno stato del Messico Occidentale affacciato sull'Oceano Pacifico e attraversato dalla catena montuosa della Sierra Madre Occidentale, ricca di coltivazioni di cannabis e papavero da oppio. Il gruppo, specializzato nel traffico di '''marijuana''', '''eroina''', '''cocaina''' e '''metanfetamina''', estende la propria influenza e i propri traffici su tutti e cinque i continenti e si configura oggi come una delle organizzazioni criminali più ricche e territorialmente più estese del pianeta.
== Le origini: i trafficanti del Sinaloa e il cartello di Guadalajara ==
Le origini del cartello di Sinaloa sono rintracciabili sin dai primi decenni del Novecento. I primi gruppi di narcotrafficanti si stabilirono nel cosiddetto "Triangolo Dorato", una zona ricca di coltivazioni di marijuana e di oppio situata tra gli stati messicani del Sinaloa, Durango e Chihuahua. In queste zone a partire dagli anni '20 i produttori e trafficanti locali spodestarono i gruppi di immigrati cinesi nella produzione e nel traffico di oppio ed eroina verso gli Stati Uniti. <ref> Gli immigrati cinesi giunsero negli Stati Uniti e in Messico alla fine del 1800 per rimpolpare la manodopera impiegata per la costruzione delle ferrovie della costa occidentale. Essi introdussero anche la coltivazione di papavero da oppio e successivamente ne gestirono la produzione e i traffici. In Antonio L. Mazzitelli, "Crimine organizzato e narcotraffico in Messico: cartelli e protomafie", in Atlante delle Mafie, storia, economia, società, cultura, Enzo Ciconte, Francesco Forgione, Isaia Sales (a cura di) Volume Terzo, Rubettino, 2015, p.300.</ref> A gestire i traffici erano piccole o medie imprese familiari, ''campesinos'', avventurieri e commercianti che iniziarono a comprendere le potenzialità del traffico di droga. Grazie alle politiche fortemente proibizionistiche degli Stati Uniti in materia di narcotraffico, e al conseguente sviluppo di un fiorente mercato nero, i gruppi messicani originari del Sinaloa si specializzarono nella produzione, nella distribuzione e nel traffico di oppio e marijuana oltre confine.<ref> Per una panoramica sulle politiche di contrasto al narcotraffico degli Stati Uniti con particolare riferimento al caso messicano si veda Thomas Aureliani, ''Gli Stati Uniti e la lotta al narcotraffico, il caso messicano (1916-2013)'', tesi di laurea, Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Università degli Studi di Milano, a.a. 2012-2013.</ref> Occorre sottolineare che fin dai primi decenni del Novecento il mercato della droga messicano si legò a doppio filo con la politica. Dagli anni '20 iniziarono a susseguirsi vicende in cui politici locali e governatori si trovavano coinvolti in traffici illeciti o in episodi di corruzione.
Quando la pressione degli organismi antidroga degli Stati Uniti sul governo messicano si fece più intensa (soprattutto dagli anni ’60 e ’70 quando la guerra del Vietnam e la controcultura fecero incrementare il consumo di sostanze stupefacenti nel paese) i vertici di Città del Messico dovettero dare segnali forti al vicino americano e avviarono una serie di campagne per la fumigazione e la estirpazione delle colture nel Triangolo Dorado. Queste operazioni indussero il blocco di trafficanti del Sinaloa a spostarsi verso sud, nella città di Guadalajara, nello stato di Jalisco. A Guadalajara cominciò a prendere forma quello che le agenzie antidroga americane etichettarono come '''cartello di Guadalajara'''.
Il gruppo si caratterizzava per 3 elementi:
1. Monopolio sulle coltivazioni e i traffici di droga.
2. Struttura clanica-familiare.
3. Stretti legami con la politica, l’imprenditoria e le forze dell’ordine.
La struttura direttiva e operativa dell’organizzazione contemplava un gruppo di clan familiari, la maggior parte originari dello stato del Sinaloa. Le famiglie di spicco erano i  '''Caro Quintero'''; gli '''Zambada'''; i '''Beltrán Leyva'''; i '''Carillo Fuentes'''; i '''Guzmán Loera''' e gli '''Arellano Félix'''. All’interno del cartello gravitavano altri leader rilevanti non originari del Sinaloa come [[Héctor Luis Palma Salazar]] ''El Güero'' e [[Juan José Esparragoza Moreno]] detto ''El Azul''. I vertici dell’organizzazione erano costituiti da [[Rafael Caro Quintero]], [[Ernesto Fonseca Carrillo]] alias ''Don Neto'' e dal capo assoluto [[Miguel Angel Félix Gallardo]], detto "El Padrino" o ''Jefe de los Jefes''. <ref> Guillermo Valdés Castellanos, Historia del narcotráfico en México, Penguin Random House Grupo Editorial, México, 2013, p.175-180; Thomas Aureliani, ''La criminalità organizzata in Messico e le forme della resistenza civile'', “Osservatorio sulla Criminalità Organizzata-CROSS”, Università degli Studi di Milano, 2016, p.34</ref>
Con gli '''anni Ottanta''' l'organizzazione fece un decisivo salto di qualità entrando nel mercato della cocaina. Il boom del consumo di polvere bianca negli Stati Uniti e la conseguente chiusura della rotta caraibica da parte del governo americano nel 1982, costrinse i cartelli colombiani, assolutamente dominanti nel traffico in quegli anni, a contrattare con le organizzazioni criminali messicane l'ingresso della merce in America. Grazie alla mediazione di alcune figure chiave, come quella dell’honduregno [[Juan Matta Ballesteros]] il cartello di Guadalajara e il [[cartello di Medellin]] di [[Pablo Escobar]] iniziarono ad accordarsi. Alcune inchieste riportano come questi accordi vennero stipulati con la compiacenza della CIA, l’agenzia di intelligence americana, accusata di favorire i cartelli della droga colombiani e messicani in cambio del loro sostegno economico ai contras del Nicaragua, che lottavano contro il governo filocomunista di Sandino.<ref> Per approfondire il coinvolgimento del governo americano nel traffico di droga durante gli anni Ottanta, consultare Anabel Hernàndez, ''La terra dei narcos'', nello specifico i capitoli III “un patto perverso” e IV “un allevamento di corvi” pp.55-97</ref>


[[Categoria:Cartelli Messicani]]
[[Categoria:Cartelli Messicani]]

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Il cartello di Sinaloa o cartello del Pacifico, è un'organizzazione criminale messicana dedica al traffico di droga. Il suo centro operativo si trova nel Sinaloa, uno stato del Messico Occidentale affacciato sull'Oceano Pacifico e attraversato dalla catena montuosa della Sierra Madre Occidentale, ricca di coltivazioni di cannabis e papavero da oppio. Il gruppo, specializzato nel traffico di marijuana, eroina, cocaina e metanfetamina, estende la propria influenza e i propri traffici su tutti e cinque i continenti e si configura oggi come una delle organizzazioni criminali più ricche e territorialmente più estese del pianeta.

Le origini: i trafficanti del Sinaloa e il cartello di Guadalajara

Le origini del cartello di Sinaloa sono rintracciabili sin dai primi decenni del Novecento. I primi gruppi di narcotrafficanti si stabilirono nel cosiddetto "Triangolo Dorato", una zona ricca di coltivazioni di marijuana e di oppio situata tra gli stati messicani del Sinaloa, Durango e Chihuahua. In queste zone a partire dagli anni '20 i produttori e trafficanti locali spodestarono i gruppi di immigrati cinesi nella produzione e nel traffico di oppio ed eroina verso gli Stati Uniti. [1] A gestire i traffici erano piccole o medie imprese familiari, campesinos, avventurieri e commercianti che iniziarono a comprendere le potenzialità del traffico di droga. Grazie alle politiche fortemente proibizionistiche degli Stati Uniti in materia di narcotraffico, e al conseguente sviluppo di un fiorente mercato nero, i gruppi messicani originari del Sinaloa si specializzarono nella produzione, nella distribuzione e nel traffico di oppio e marijuana oltre confine.[2] Occorre sottolineare che fin dai primi decenni del Novecento il mercato della droga messicano si legò a doppio filo con la politica. Dagli anni '20 iniziarono a susseguirsi vicende in cui politici locali e governatori si trovavano coinvolti in traffici illeciti o in episodi di corruzione. Quando la pressione degli organismi antidroga degli Stati Uniti sul governo messicano si fece più intensa (soprattutto dagli anni ’60 e ’70 quando la guerra del Vietnam e la controcultura fecero incrementare il consumo di sostanze stupefacenti nel paese) i vertici di Città del Messico dovettero dare segnali forti al vicino americano e avviarono una serie di campagne per la fumigazione e la estirpazione delle colture nel Triangolo Dorado. Queste operazioni indussero il blocco di trafficanti del Sinaloa a spostarsi verso sud, nella città di Guadalajara, nello stato di Jalisco. A Guadalajara cominciò a prendere forma quello che le agenzie antidroga americane etichettarono come cartello di Guadalajara.

Il gruppo si caratterizzava per 3 elementi: 1. Monopolio sulle coltivazioni e i traffici di droga. 2. Struttura clanica-familiare. 3. Stretti legami con la politica, l’imprenditoria e le forze dell’ordine.

La struttura direttiva e operativa dell’organizzazione contemplava un gruppo di clan familiari, la maggior parte originari dello stato del Sinaloa. Le famiglie di spicco erano i Caro Quintero; gli Zambada; i Beltrán Leyva; i Carillo Fuentes; i Guzmán Loera e gli Arellano Félix. All’interno del cartello gravitavano altri leader rilevanti non originari del Sinaloa come Héctor Luis Palma Salazar El Güero e Juan José Esparragoza Moreno detto El Azul. I vertici dell’organizzazione erano costituiti da Rafael Caro Quintero, Ernesto Fonseca Carrillo alias Don Neto e dal capo assoluto Miguel Angel Félix Gallardo, detto "El Padrino" o Jefe de los Jefes. [3]


Con gli anni Ottanta l'organizzazione fece un decisivo salto di qualità entrando nel mercato della cocaina. Il boom del consumo di polvere bianca negli Stati Uniti e la conseguente chiusura della rotta caraibica da parte del governo americano nel 1982, costrinse i cartelli colombiani, assolutamente dominanti nel traffico in quegli anni, a contrattare con le organizzazioni criminali messicane l'ingresso della merce in America. Grazie alla mediazione di alcune figure chiave, come quella dell’honduregno Juan Matta Ballesteros il cartello di Guadalajara e il cartello di Medellin di Pablo Escobar iniziarono ad accordarsi. Alcune inchieste riportano come questi accordi vennero stipulati con la compiacenza della CIA, l’agenzia di intelligence americana, accusata di favorire i cartelli della droga colombiani e messicani in cambio del loro sostegno economico ai contras del Nicaragua, che lottavano contro il governo filocomunista di Sandino.[4]

  1. Gli immigrati cinesi giunsero negli Stati Uniti e in Messico alla fine del 1800 per rimpolpare la manodopera impiegata per la costruzione delle ferrovie della costa occidentale. Essi introdussero anche la coltivazione di papavero da oppio e successivamente ne gestirono la produzione e i traffici. In Antonio L. Mazzitelli, "Crimine organizzato e narcotraffico in Messico: cartelli e protomafie", in Atlante delle Mafie, storia, economia, società, cultura, Enzo Ciconte, Francesco Forgione, Isaia Sales (a cura di) Volume Terzo, Rubettino, 2015, p.300.
  2. Per una panoramica sulle politiche di contrasto al narcotraffico degli Stati Uniti con particolare riferimento al caso messicano si veda Thomas Aureliani, Gli Stati Uniti e la lotta al narcotraffico, il caso messicano (1916-2013), tesi di laurea, Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Università degli Studi di Milano, a.a. 2012-2013.
  3. Guillermo Valdés Castellanos, Historia del narcotráfico en México, Penguin Random House Grupo Editorial, México, 2013, p.175-180; Thomas Aureliani, La criminalità organizzata in Messico e le forme della resistenza civile, “Osservatorio sulla Criminalità Organizzata-CROSS”, Università degli Studi di Milano, 2016, p.34
  4. Per approfondire il coinvolgimento del governo americano nel traffico di droga durante gli anni Ottanta, consultare Anabel Hernàndez, La terra dei narcos, nello specifico i capitoli III “un patto perverso” e IV “un allevamento di corvi” pp.55-97