Clan (camorra)

Col termine clan si indica generalmente l'unità base della camorra, anche se negli ultimi 30 anni il termine è stato usato sia per designare i primari raggruppamenti delle organizzazioni mafiose pugliesi e quelle non tradizionali, come i gruppi criminali romani e laziali.

Il clan secondo le scienze sociali

Come ricordato da William G. Ouchi[1], forse la definizione più chiara di clan appare in quello che uno dei padri della sociologia, Émile Durkheim definisce, nel suo celebre libro La divisione del lavoro sociale, il caso della solidarietà organica e il suo contrasto con le relazioni contrattuali:

«Perché esista una solidarietà organica, non basta che esista un sistema di organi necessari tra loro, che in modo generale si sentano solidali, ma è necessario anche che il modo in cui essi si uniscano, se non in ogni forma di incontro almeno nelle circostanze che si verificano più frequentemente, deve essere predeterminato... Altrimenti in ogni momento bisognerebbe equilibrare nuovi conflitti... Si dirà che ci sono dei contratti. Ma, innanzitutto, i rapporti sociali non sono capaci di assumere questa forma giuridica... Il contratto non è autosufficiente, ma presuppone una regolamentazione estesa e complicata quanto la stessa vita contrattuale... Il contratto è soltanto una tregua, e molto precaria, che sospende le ostilità solo per un periodo».

La solidarietà a cui fa riferimento Durkheim contempla l'unione di obiettivi tra gli individui che deriva dalla loro necessaria dipendenza gli uni dagli altri. In questo senso, qualsiasi gruppo professionale dotato di solidarietà organica può essere considerato un clan. Quindi una professione, un sindacato, oppure una società può essere un clan, e la burocrazia professionalizzata può essere intesa come una risposta al bisogno comune di transazioni efficienti all'interno delle professioni (clan) e tra professioni (burocrazia).

Un clan, nell'accezione durkheimiana, garantisce una grande regolarità delle relazioni e può risultare spesso più regolativo di altri meccanismi più espliciti. Anche in studi sociologici più contemporanei, come quello di Kanter del 1972 sulle comunità utopiche, i clan mostrnao un alto grado di disciplina, raggiunta non attraverso il contrattualismo o la sorveglianza ma attraverso una forma estrema di convinzione che gli interessi individuali sono meglio serviti da un'immersione completa di ciascun individuo nell’interesse collettivo del gruppo[2].

Quando gli interessi individuali e quelli dell'organizzazione si sovrappongono fino a questo punto, l'opportunismo del singolo è improbabile, dato che l'equità presente permette il raggiungimento dei propri obiettivi attraverso costi transazionali relativamente bassi.

I clan differiscono da un'organizzazione burocratica classica perché basa la propria solidarietà interna con obiettivi comuni a tutti i suoi membri e fonda la sua legittimità su quello che Max Weber chiamava "potere tradizionale" (opposto a quello razionale-legale che guida ad esempio gli Stati moderni). Il controllo si basa su regole non dette e non esplicite ed ogni forma di opportunismo è scoraggiata dalla solidarietà organica tra i vari membri, che per via della dimensione del clan si controllano a vicenda.

Il clan di camorra

La camorra passò dall'avere semplici raggruppamenti formali nell'immediato Secondo Dopoguerra ad avere veri e propri clan strutturati tra gli anni '70 e gli anni '80, quando grazie a Cosa Nostra fece il salto di qualità organizzativo che la fece uscire gradualmente dallo stato di minorità e di subalternità rispetto all'organizzazione mafiosa siciliana.

Questo processo è stato definito da Isaia Sales «mafizzazione della camorra»[3].

La differenza tra il clan di camorra e la famiglia mafiosa di Cosa Nostra è l'alta caducità dei primi. Soprattutto nel contesto urbano di Napoli, vi sono gruppi camorristici che spesso non riescono a raggiungere nemmeno lo status di "clan" vero e proprio, oltre a non essere collegati coi clan che comandavano su quel territorio. La continuità spesso è garantita da famiglie camorristiche legate tra loro dalla consanguineità, ad esempio a Napoli città le più longeve sono gli Zaza-Mazzarella e i Giuliano, estese per oltre quattro generazioni. Attorno a queste famiglie storiche si strutturano diversi gruppi camorristici minori.

In provincia, le famiglie longeve mostrano maggiore compattezza, con un minore tasso di conflittualità interna, ma non per questo non presentano articolazioni e diramazioni differenziate. Esempi importanti sono gli Orlando-Polverino, eredi dei Nuvoletta, a Marano e i Mallardo di Giugliano, nella provincia a nord di Napoli.

La caratteristica instabilità dei clan e dei cartelli camorristici comporta frequenti fasi di transizione, con leadership più spesso messe in discussione (sia all’interno delle famiglie o degli stessi gruppi), che spesso sfociano in faide che dilaniano il territorio e attivano la repressione giudiziaria che crea nuovi vuoti di potere che vengono riempiti da nuovi gruppi criminali emergenti.

Note

  1. Ouchi, William G. (1980). "Markets, bureaucracies, and clans", in Administrative Science Quarterly, XXV, n. 1, pp. 135-136.
  2. Kanter, Rosabeth Moss (1972). Commitment and Community, Cambridge, Harvard, p. 41.
  3. Sales, Isaia (2023). Storia delle camorre, Soveria Mannelli, Rubbettino, p. 267 e ss.

Bibliografia

  • Ouchi, William G. (1980). "Markets, bureaucracies, and clans", in Administrative Science Quarterly, XXV, n. 1, pp. 129-41.
  • Kanter, Rosabeth Moss (1972). Commitment and Community, Cambridge, Harvard.
  • Sales, Isaia (2023). Storia delle camorre, Soveria Mannelli, Rubbettino.