Direzione nazionale antimafia

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«La lotta alla mafia non può fermarsi a una sola stanza, la lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere [...] Se pulisci una stanza non puoi ignorare che altre stanze possono essere sporche, che magari l’ascensore non funziona, che non ci sono le scale... Io vado a Roma per contribuire a costruire il palazzo».
(Giovanni Falcone)[1]


La Direzione nazionale antimafia (DNA) è l'organo di autorità giudiziaria di coordinamento degli uffici delle Procure che si occupano di indagini contro la mafia. Formalmente costituita nell'ambito della Procura generale presso la Corte suprema di Cassazione, raccorda l'attività d'indagine degli uffici inquirenti su tutto il territorio nazionale, per garantire una circolazione delle informazioni e intervenire per risolvere eventuali conflitti tra le Procure stesse. Dal 2015 si occupa anche di "trattazione di procedimenti in materia di terrorismo, anche internazionale", motivo per cui da allora è nota come Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (DNAA).

direzione nazionale antimafia

Storia

Giovanni Falcone nel 1992
Giovanni Falcone nel 1992

Istituita col decreto legge n. 367 del 20 novembre 1991, la Direzione nazionale antimafia rappresenta, insieme alla Direzione Investigativa Antimafia, uno dei principali frutti del lavoro di Giovanni Falcone durante il suo periodo al Ministero della Giustizia come direttore generale degli Affari penali[2]. Il progetto di quella che all'epoca venne definita "la superprocura" derivò dall'esperienza del giudice all'interno del Pool antimafia, che dimostrò l'indispensabilità del coordinamento delle indagini, non solo a livello locale.

Il decreto legge venne convertito con modifiche nella legge 20 gennaio 1992, n. 8[3].

Le polemiche contro Falcone

Quando venne varato il decreto-legge che istituiva la DNA fu tuttavia subito polemica. Falcone venne accusato di aver ideato un decreto ad personam. Tanto che molti commentatori lo definirono il decreto "coi baffi". Oltre ai soliti, gli attacchi al giudice palermitano arrivarono anche da persone che negli anni sentiva politicamente e ideologicamente vicine: dai giudici del Movimento per la giustizia, la sua corrente, agli ex-amici di Magistratura democratica, a tutto uno schieramento di sinistra, compreso il PDS. Le proteste sfociarono addirittura in uno sciopero dell'Associazione Nazionale Magistrati.

Falcone veniva ritenuto il migliore per ricoprire l'incarico, ma venivano avanzati dubbi sulla sua indipendenza dal potere politico per il ruolo che aveva avuto al fianco di Martelli, benché ci fosse lui dietro al cosiddetto “pacchetto antimafia” che prevedeva tra le altre cose il carcere duro per i boss, l'ergastolo ostativo, la legge sui collaboratori di giustizia, quella sullo scioglimento dei comuni per mafia.

Nonostante l'invito a non candidarsi arrivato da più parti, Falcone il 17 gennaio 1992 presentò domanda per diventare il primo procuratore nazionale antimafia. Come già era successo nel 1988, anche questa volta venne confezionato un candidato "anti-Falcone", come venne rinominato: Agostino Cordova, procuratore di Palmi. La sua candidatura veniva sostenuta poiché mostrava maggiore indipendenza rispetto a Falcone, avendo da poco chiuso un inchiesta in Calabria contro mezzo partito socialista regionale.

E questo nonostante fosse merito suo se la Cassazione non annullò il maxiprocesso: per la prima volta, infatti, a discutere il terzo grado dello storico processo furono le sezioni riunite della Corte e non la prima sezione, presieduta da Corrado Carnevale, che storicamente si era sempre occupata dei processi di mafia (facendoli finire quasi sempre in fumo).

Tanto che la Commissione per il conferimento degli uffici direttivi del Csm si era espressa a favore del magistrato calabrese (tre voti a favore, contro i due per Falcone).

L'indomani, il 26 febbraio, comparve un commento della vicenda a firma di Vincenzo Geraci su "Il Giornale" di Montanelli, intitolato "Vinca l'indipendenza":

«Che cosa è valso dunque a sovvertire le più accreditate previsioni della vigilia, spingendo la competente commissione del Csm a proporre il nome di Agostino Cordova? [...] riteniamo che a giocare un ruolo decisivo in suo favore sia stata, insieme alla maggiore anzianità, la condizione di assoluta indipendenza dimostrata nelle innumerevoli e gravi inchieste giudiziarie da lui condotte. Sia chiaro che con ciò non intendiamo mettere in dubbio l'altrettanto sicura indipendenza di Giovanni Falcone; solo che, quest'ultima, ha forse sofferto del ruolo da lui ultimamente assunto come direttore degli Affari penali presso il Ministero di grazia e giustizia, e perciò dell'inevitabile coinvolgimento nelle scelte di politica giudiziaria di Martelli, del quale si ritiene il più autorevole e assiduo consigliere»[4].

Il 12 marzo è l'Unità ad ospitare il commento di Alessandro Pizzorusso, uno dei membri «laici» del Csm in quota Pds. Il titolo è eloquente: Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché. La ragione era che «mentre Cossiga tace, Martelli continua instancabile nel tentativo di svuotare il Csm. Il principale collaboratore del ministro non dà più garanzie di indipendenza»[5].

Tuttavia, prima di poter essere bocciato per l'ennesima volta dal CSM, Giovanni Falcone venne ucciso nella Strage di Capaci. Il suo naturale successore, Paolo Borsellino, venne ucciso 57 giorni dopo nella Strage di Via D'Amelio. Il 30 ottobre dello stesso anno venne nominato Bruno Siclari.

Competenze

Ad oggi, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo dispone di poteri di coordinamento delle indagini, senza tuttavia poter condurne di autonome, né poter influenzare quelle delle singole Procure, cui può solo richiedere informazioni. Anche il coordinamento può avvenire solo dopo che una Direzione Distrettuale Antimafia abbia dato inizio ad un'indagine, a seguito di notizia di reato.

In questo modo il legislatore ha voluto evitare di concentrare la funzione di indagine ad un solo livello, quello centralizzato, secondo il principio di diffusività della funzione inquirente, lasciando la DNA come soggetto di collegamento tra gli uffici e come centro di raccolta delle numerose informazioni reperite in ogni indagine[6].

Struttura

La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo è composta dal Procuratore nazionale antimafia e da 20 sostituti procuratori nazionali antimafia, nominati dal Consiglio Superiore della Magistratura su indicazione del Procuratore nazionale antimafia, che abbiano una qualifica di giudice di Corte di Appello e che abbiano esperienza in fatto di procedimenti relativi alla criminalità organizzata.

Il Procuratore nazionale antimafia è chiamato a coordinare le indagini delle 26 Direzioni distrettuali antimafia, istituite presso i Tribunali dei capoluoghi di distretto di Corte di Appello.

La DNAA è organizzata in Servizi e Materie di interesse. I Servizi sono:

  1. Servizio Studi e Documentazione. Reperisce ed elabora studi sui progetti di legge, ricerche giuridiche, consulenze per il Ministero della Giustizia e redige documenti e relazioni sull’attività della DNAA.
  2. Servizio Nuove Tecnologie. Si occupa di realizzare sistemi tecnologici e informatici in grado di catalogare, elaborare ed esportare l'enorme mole di informazioni e dati in possesso, trasmessi o reperiti dalla DNAA stessa. In particolare, si occupa del sistema informatico SIDDA-SIDNA, costituito da una banca dati nazionale e da ventisei banche dati per ciascuna Procura distrettuale. Il sistema garantisce una circolazione dei dati, non solo per coordinare DNAA e DDA tra loro e con le altre istituzioni antimafia come la DIA, ma anche per un collegamento e una condivisione a livello europeo e internazionale.
  3. Servizio Cooperazione Internazionale. Data la dimensione oramai transnazionale del fenomeno mafioso, si occupa del sostegno alle indagini delle procure distrettuali verso l’estero, di comunicazione con gli organi giudiziari delle varie nazioni, al fine di creare un fronte comune e coeso. La Direzione ha preso il ruolo di corrispondente nazionale dell’Eurojust, e i magistrati partecipano, tra le altre cose, alla Rete Giudiziaria Europea, al Gruppo Multidisciplinare sulla criminalità organizzata e al Gruppo Orizzontale Droga, istituito presso il Consiglio dell'Unione Europea, e a varie altre iniziative anche a livello delle Nazioni Unite.

Le Materie di interesse sono quelle che rivestono una particolare importanza nel contrasto alla criminalità organizzata e che quindi vengono seguite e studiate su tutto il territorio nazionale al fine di individuare nuovi filoni investigativi. Le principali sono:

  • mafia,
  • camorra,
  • 'ndrangheta,
  • narcotraffico,
  • tratta di esseri umani,
  • riciclaggio,
  • appalti pubblici,
  • misure di prevenzione patrimoniali,
  • ecomafie,
  • contraffazione di marchi,
  • operazioni finanziarie sospette,
  • organizzazioni criminali straniere.

Procuratori nazionali antimafia

Dal 1992 ad oggi sono stati sei i procuratori nazionali antimafia.

I procuratori nazionali antimafia, dal 1992
Procuratore Mandato
Bruno Siclari 30 ottobre 1992 - 14 gennaio 1997
Pier Luigi Vigna 14 gennaio 1997 - 1° agosto 2005
Pietro Grasso 11 ottobre 2005 - 27 dicembre 2012
Franco Roberti 25 luglio 2013 - 16 novembre 2017
Federico Cafiero De Raho 16 novembre 2017 - 18 febbraio 2022
Giovanni Melillo 4 maggio 2022 - in carica

Note

  1. Citato nell'intervista rilasciata ad Attilio Bolzoni per la Repubblica, "Falcone: Non me ne vado per paura", pubblicata il 1° marzo 1991.
  2. Sul tema, si veda Governale, Giuseppe (2019). "La Direzione Nazionale Antimafia e la Direzione Investigativa Antimafia: la visione di Giovanni Falcone", in Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, Volume 5, numero 2, Milano, Università degli Studi, pp. 102-116.
  3. Il testo integrale è disponibile su Normattiva[1]
  4. La Licata, Storia di Giovanni Falcone, pp. 158-159.
  5. Citato in Bianconi, l'Assedio.
  6. Per approfondire si veda A. Cisterna, "Le funzioni e i poteri delle Direzione Nazionale Antimafia nelle linee di politica criminale", in AA.VV. (2013). Il “doppio binario” nell'accertamento dei fatti di mafia, Giappichelli, Torino, 2013, p. 274 ss.

Bibliografia

  • AA.VV. (2013). Il “doppio binario” nell'accertamento dei fatti di mafia, Torino, Giappichelli.
  • Bianconi, Giovanni (2017). L'assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone, Torino, Einaudi.
  • Governale, Giuseppe (2019). "La Direzione Nazionale Antimafia e la Direzione Investigativa Antimafia: la visione di Giovanni Falcone", in Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, Volume 5, numero 2, Milano, Università degli Studi, pp. 102-116.
  • La Licata, Francesco (2002). Storia di Giovanni Falcone, Milano, Feltrinelli.
  • Melillo Giovanni, Spataro Armando, Vigna Pier Luigi (a cura di) (2004). Il coordinamento delle indagini di criminalità organizzata e terrorismo, Milano, Giuffrè.

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