Giuseppe Borsellino: differenze tra le versioni

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Nato in una famiglia originaria di Ribera, in provincia di Agrigento, poi trasferitasi stabilmente a Lucca Sicula, iniziò a lavorare molto giovane e già a 18 anni si sposò con una sua coetanea, Calogera Pagano, con cui ebbe tre figli: Antonella, Paolo e Pasquale. Dopo svariati lavori, intraprese la carriera di piccolo imprenditore aprendo un'impresa di calcestruzzo insieme al figlio Paolo.
Nato in una famiglia originaria di Ribera, in provincia di Agrigento, poi trasferitasi stabilmente a Lucca Sicula, iniziò a lavorare molto giovane e già a 18 anni si sposò con una sua coetanea, Calogera Pagano, con cui ebbe tre figli: Antonella, Paolo e Pasquale. Dopo svariati lavori, intraprese la carriera di piccolo imprenditore aprendo un'impresa di calcestruzzo insieme al figlio Paolo.


Padre e figlio rifiutarono diverse offerte avanzate per l'acquisto della loro impresa, scatenando le ritorsioni dei mafiosi locali (camion bruciati, alberi tagliati), tutte puntualmente denunciate alle forze dell'ordine. Così il 21 aprile 1992 fu ucciso suo figlio [[Paolo Borsellino (imprenditore)|Paolo]] (omonimo del giudice, ucciso nello stesso anno) e poi, otto mesi dopo, il 17 dicembre, fu ucciso lui, per aver rilasciato agli inquirenti dichiarazioni che permisero di ricostruire successivamene gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica a Lucca Sicula, che portarono a diversi arresti, anche all'interno dell'ufficio tecnico del Comune.
Padre e figlio rifiutarono diverse offerte avanzate per l'acquisto della loro impresa, scatenando le ritorsioni dei mafiosi locali (camion bruciati, alberi tagliati), tutte puntualmente denunciate alle forze dell'ordine. Così il 21 aprile 1992 fu ucciso suo figlio [[Paolo Borsellino (imprenditore)|Paolo]] (omonimo del giudice, ucciso nello stesso anno) e poi, otto mesi dopo, il 17 dicembre, fu ucciso lui, per aver rilasciato agli inquirenti dichiarazioni che permisero di ricostruire successivamente gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica a Lucca Sicula, che portarono a diversi arresti, anche all'interno dell'ufficio tecnico del Comune.


Nonostante le minacce ricevute, non fu mai assegnata una scorta né a lui né a suo figlio Paolo.
Nonostante le minacce ricevute, non fu mai assegnata una scorta né a lui né a suo figlio Paolo.


[[Categoria:Imprenditori]] [[Categoria:Vittime innocenti delle mafie]] [[Categoria:Vittime di Cosa Nostra]] [[Categoria:Nati il 15 febbraio]] [[Categoria:Nati nel 1938]] [[Categoria:Morti il 17 dicembre]] [[Categoria:Morti nel 1992]] [[Categoria:Vittime senza giustizia]]
[[Categoria:Imprenditori]] [[Categoria:Vittime innocenti delle mafie]] [[Categoria:Vittime di Cosa Nostra]] [[Categoria:Nati il 15 febbraio]] [[Categoria:Nati nel 1938]] [[Categoria:Morti il 17 dicembre]] [[Categoria:Morti nel 1992]] [[Categoria:Vittime senza giustizia]]

Versione attuale delle 17:22, 11 mar 2020


Giuseppe Borsellino (Lucca Sicula, 15 febbraio 1938 – Lucca Sicula, 17 dicembre 1992) è stato un imprenditore italiano, vittima di Cosa Nostra.

Biografia

Nato in una famiglia originaria di Ribera, in provincia di Agrigento, poi trasferitasi stabilmente a Lucca Sicula, iniziò a lavorare molto giovane e già a 18 anni si sposò con una sua coetanea, Calogera Pagano, con cui ebbe tre figli: Antonella, Paolo e Pasquale. Dopo svariati lavori, intraprese la carriera di piccolo imprenditore aprendo un'impresa di calcestruzzo insieme al figlio Paolo.

Padre e figlio rifiutarono diverse offerte avanzate per l'acquisto della loro impresa, scatenando le ritorsioni dei mafiosi locali (camion bruciati, alberi tagliati), tutte puntualmente denunciate alle forze dell'ordine. Così il 21 aprile 1992 fu ucciso suo figlio Paolo (omonimo del giudice, ucciso nello stesso anno) e poi, otto mesi dopo, il 17 dicembre, fu ucciso lui, per aver rilasciato agli inquirenti dichiarazioni che permisero di ricostruire successivamente gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica a Lucca Sicula, che portarono a diversi arresti, anche all'interno dell'ufficio tecnico del Comune.

Nonostante le minacce ricevute, non fu mai assegnata una scorta né a lui né a suo figlio Paolo.