Lucio Ferrami: differenze tra le versioni

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(Creata pagina con "<center>''"Mio marito non era un eroe, solo chiedeva allo Stato di proteggerlo. Ricordo che, dopo la denuncia degli estorsori, passammo un anno d'inferno: chiesi a mio marito...")
 
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L’omicidio di Lucio Ferrami coincise con quello di altre due vittime innocenti di mafia locali e così fu stabilito un unico processo per l’omicidio di Giovanni Losardo, Lucio Ferrami e Catello De Iudicibus presso il Tribunale di Cosenza, successivamente, trasferito per il primo e il secondo grado a Bari, causa motivi di ordine pubblico.  
L’omicidio di Lucio Ferrami coincise con quello di altre due vittime innocenti di mafia locali e così fu stabilito un unico processo per l’omicidio di Giovanni Losardo, Lucio Ferrami e Catello De Iudicibus presso il Tribunale di Cosenza, successivamente, trasferito per il primo e il secondo grado a Bari, causa motivi di ordine pubblico.  


Nel corso del processo, in Corte di Assise, per l’omicidio Ferrami sia Franco Muto che suo figlio Luigi insieme a quattro uomini a loro vicini furono condannati all'ergastolo. In secondo grado furono però tutti assolti con formula dubitativa <ref>Per il delitto Losardo la Cassazione conferma: tutti da assolvere, L'Unità, 22 gennaio 1988</ref>.
Nel corso del processo, in Corte di Assise, per l’omicidio Ferrami sia [[Franco Muto]] che suo figlio Luigi insieme a quattro uomini a loro vicini furono condannati all'ergastolo. In secondo grado furono però tutti assolti con formula dubitativa <ref>Per il delitto Losardo la Cassazione conferma: tutti da assolvere, L'Unità, 22 gennaio 1988</ref>.


Nel [[1988]] gli avvocati di parte civile avanzarono la richiesta di riapertura del caso: con un gesto clamoroso e senza precedenti, Maria Avolio ricostruì l’intera vicenda fino a denunciare la Procura della Repubblica di Paola, competente ad indagare sull'uccisione del marito, per omissione di atti d’ufficio; accusò i magistrati di non aver fatto tutto il possibile per impedire l’omicidio, di aver trascurato precise denunce della polizia che segnalavano l’escalation mafiosa a Cetraro, a Paola, a Guardia Piemontese e negli altri paesi limitrofi della costa tirrenica. Sotto accusa sono stati messi i silenzi delle istituzioni, della magistratura e delle forze dell’ordine <ref>Nel nome di mio marito accuso quei magistrati succubi della mafia, L'Unità, 27 febbraio 1983</ref>.  
Nel [[1988]] gli avvocati di parte civile avanzarono la richiesta di riapertura del caso: con un gesto clamoroso e senza precedenti, Maria Avolio ricostruì l’intera vicenda fino a denunciare la Procura della Repubblica di Paola, competente ad indagare sull'uccisione del marito, per omissione di atti d’ufficio; accusò i magistrati di non aver fatto tutto il possibile per impedire l’omicidio, di aver trascurato precise denunce della polizia che segnalavano l’escalation mafiosa a Cetraro, a Paola, a Guardia Piemontese e negli altri paesi limitrofi della costa tirrenica. Sotto accusa sono stati messi i silenzi delle istituzioni, della magistratura e delle forze dell’ordine <ref>Nel nome di mio marito accuso quei magistrati succubi della mafia, L'Unità, 27 febbraio 1983</ref>.  
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