Mafie a Ostia

Il fenomeno mafioso a Ostia si è sviluppato a partire dagli anni '70 del Novecento. Il litorale romano è una delle aree a più elevata densità criminale, per via della presenza di esponenti affiliati a tutte le mafie storiche, affiancate negli anni da organizzazioni autoctone che nel tempo hanno assunto forme di controllo sia sul territorio sia sui principali settori economici. Alcuni di questi gruppi criminali presentano caratteristiche tipiche dell'associazione mafiosa.

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Storia ed evoluzione

Le origini

La posizione intermedia del Lazio nella penisola fa di questa regione la prima frontiera nei processi espansivi delle organizzazioni mafiose di stampo mafioso tradizionali. Vari fattori hanno consentito alla criminalità organizzata di insediarsi e di operare indisturbata in questa regione: la posizione geografica centrale, la presenza di importanti centri del potere economico, finanziario e politico, nonché la vastità dell'area urbana della capitale, che rende meno agevoli i controlli delle forze dell'ordine.

La presenza di affiliati a Cosa Nostra risale al 1952, anno in cui il boss Francesco Coppola, noto come Frank tre dita, si trasferì nel litorale romano. Anche Coppola si unì alla malavita locale, proseguendo in attività criminali come il narcotraffico. L'inaugurazione nel 1961 dell'aeroporto di Fiumicino, a pochi chilometri da Ostia, ne accrebbe la posizione già funzionale per il contrabbando, finendo per attirare l'attenzione dei Marsigliesi, i quali sfruttarono il territorio sia come luogo per fissare incontri e per nascondersi, sia per sbarcare i carichi di tabacco di contrabbando[1].

I fratelli Vito e Vincenzo Triassi, referenti dei Cuntrera-Caruana di Agrigento in città, furono anch'essi per un lungo periodo in affari con la criminalità autoctona nei traffici di droga e nel comparto balneare e turistico.

L'urbanizzazione di Ostia

La prima proposta di urbanizzazione per Ostia risale al progetto Smir, Ente autonomo per lo sviluppo marittimo e industriale di Roma, nel 1920. Il piano fu abbandonato tre anni dopo quando il progetto urbanistico passò nelle mani del regime fascista.

Nel 1924 venne inaugurata la ferrovia Roma-Lido e avviata l'edificazione di Acilia, una borgata situata tra città e campagna. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il litorale fu coinvolto nell'espansione urbana della capitale e Ostia iniziò ad assomigliare ad un quartiere periferico di Roma, con un'altissima concentrazione di abusi edilizi. L'esempio più significativo riguarda l'Idroscalo, luogo di accoglienza di numerosi baraccamenti e insediamenti.

Un quinto dei primi baraccati dell’Idroscalo era composto da sardi, seguiti da pugliesi e da famiglie di altre zone del Lazio[2]. Come raccontò un intervistato, in quel tempo operatore sociale nell’area, durante gli anni sessanta in Sardegna c’èra molta disoccupazione, ciò provocò una catena migratoria di povertà estrema dalla Sardegna ad Ostia[3].

Agli inizi degli anni Settanta, i baraccati furono trasferiti nel quartiere di Nuova Ostia, convertito dal Comune di Roma in un quartiere di edilizia pubblica, con l’acquisto e l’affitto delle “Palazzine Armellini”. Tuttavia gli alloggi furono in gran parte occupati prima delle assegnazioni e i nuovi residenti si associarono per rivendicare manutenzione e forniture di base[4].

Come raccontò un abitante:

«Quell’ondata comportò due grossi effetti negativi. Trasferimento di tutte quante le borgate a Nuova Ostia… questo mischiare, mischiare… specialmente nell’ultima ondata, recava in sé manifestazioni di criminalità organizzata, con collegamenti di manovalanza della Banda della Magliana. L’altra cosa che noi evidenziammo (...) era che soprattutto le persone che arrivavano dai borghetti di Roma rivendevano casa [...]. A te, della borgata pinco pallino, t’assegnano la casa del Comune e ti trasferiscono a Ostia. Tu che fai? La prendi. Ma, se la tua economia vitale sta di là, da operaio o artigiano, è chiaro che alla lunga non ce la fai. Anche perché Nuova Ostia era isolata. Poi sapevamo come erano state costruite queste cacchio di case. Con la sabbia di mare, col cemento armato fittizio, piene di problemi»[5].

La conseguente insufficienza dei servizi pubblici, gli svantaggi socio-economici e le condizioni di marginalità e segregazione che si crearono, contribuirono al proliferare delle attività illecite. Nacquero importanti reti di narcotraffico, come Piazza Gasparri a Nuova Ostia, una delle più importanti piazze di spaccio della capitale e sede del crimine organizzato.

Durante la trasformazione urbana, i gruppi criminali detennero il controllo dell'economia legale, con particolare riguardo al settore turistico-balneare, infiltrandosi nell'amministrazione locale per l'ottenimento di appalti. Iniziò in quel periodo a prendere piede un vasto sistema di collusione diffusa, dovuta ai legami con le amministrazioni pubbliche.

Dalla Banda della Magliana alle mafie di Ostia

Sempre durante gli anni Settanta, Nicolino Selis, giovane astro nascente della criminalità locale, aderì al progetto campano della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, con l'obiettivo strategico di emularlo nella scena criminale capitolina. A confermarlo fu anni dopo, in veste di collaboratore di giustizia, uno dei suoi sodali, Antonio Mancini:

«Mentre ero detenuto insieme a Nicolino Selis nel carcere di Regina Coeli si parlava del fatto che a Napoli tal Raffaele Cutolo, che allora non era noto come lo sarebbe diventato in seguito, stava mettendo in piedi un'organizzazione criminale allo scopo di escludere dal territorio infiltrazioni di altre organizzazioni di diversa estrazione territoriale. Con Selis si decise di tentare su Roma la stessa operazione che Cutolo stava tentando su Napoli».

Selis riuscì nel suo intento. Insieme ad altri gruppi criminali dei quartieri Testaccio e Magliana, formò nel 1978 la Banda della Magliana.

A causa delle condizioni in cui verteva il litorale, nonché della scarsa presenza di presidi di polizia, la Banda agì indisturbata, occupando progressivamente il litorale romano, dominando rioni e caseggiati, sanzionando, anche mediante omicidi, qualunque tipo di insubordinazione.

Per via di conflitti interni all'organizzazione e all'indebolirsi della sua protezione camorristica, Selis fu assassinato ad Acilia nel 1981. Due anni dopo, uno dei suoi fedelissimi, Fulvio Lucioli, temendo per la propria incolumità, decise di collaborare con la giustizia, dando il via alla prima operazione di polizia che identificò la Banda della Magliana nella sua unitarietà. Tuttavia l'operazione non portò a condanne definitive. La Cassazione screditò infatti la testimonianza di Lucioli, solo in un secondo momento valorizzata dalla decisione di collaborare di altri affiliati.

Le risorse accumulate a Ostia furono ereditate da Paolo Frau, altro membro della Banda.

Quando nella seconda metà degli anni Novanta furono avviate a Ostia importanti opere pubbliche, l'organizzazione ne approfittò per reinvestire nel settore turistico-balneario: si impossessò quindi di esercizi commerciali, parcheggi, chioschi e circoli sportivi. Inoltre, condizionò l'amministrazione locale attraverso intimidazioni e violenze al fine di ottenere appalti nei lavori pubblici.

Quando nel 2002 Frau venne ucciso, scoppiò una guerra tra gruppi locali per il controllo del traffico di stupefacenti sul litorale romano. E proprio in quegli anni il peso della Banda della Magliana andò progressivamente a diluirsi, anche per via dell'emergere concomitante di altri gruppi criminali.

L'insediamento mafioso a Ostia

A Ostia sono stati registrati svariati episodi di intimidazione, incendi ad esercizi commerciali, colpi di arma da fuoco contro le serrande di negozi, a fronte di una diffusa omertà ed una bassissima propensione a denunciare gli atti intimidatori subiti.

Tutti i settori, in particolare il litorale e le concessioni balneari, sono state oggetto di interesse di gruppi criminali di stampo mafioso.

Attraverso l'operazione Nuova Alba, che il 26 luglio 2013 portò all'arresto di 51 persone, la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma inflisse un primo duro colpo a due organizzazioni in lotta tra loro: i Fasciani, alleati con gli Spada, e i Triassi.

Entrambe dedite a usura, estorsioni, traffico di armi e di stupefacenti, nonché alla gestione e al controllo delle attività balneari di Ostia, se per i Fasciani e gli Spada la Cassazione ha statuito la natura mafiosa delle loro organizzazioni, ciò non è avvenuto per i Triassi.

Rispetto alle nuove organizzazioni criminali di Ostia, Nando dalla Chiesa ha coniato l'espressione «Mafia Litorale» per indicare «un sistema criminale integrato e mobile (…) che ha conquistato l'affaccio sul mare della capitale d'italia (composto da) gruppi criminali misti e cresciuti tra occupazione militare delle spiagge, narcotraffico e usura»[6].

L'inefficienza amministrativa

Un peso decisivo nel radicamento del fenomeno mafioso a Ostia lo ha avuto indubbiamente l'inefficienza amministrativa che ha caratterizzato il Municipio X di Roma. Dopo il terremoto politico scatenato dall'esecuzione delle misure cautelari dell'inchiesta Mondo di Mezzo, l'allora Sindaco Ignazio Marino nominò il 23 dicembre 2014 il magistrato Alfonso Sabella assessore alla Legalità[7].

Quando il 18 marzo 2015 l'allora Presidente del Municipio X Andrea Tassone si dimise[8], Sabella ricevette il 29 aprile successivo l'incarico di delegato sul litorale di Ostia, con specifica competenza sulle spiagge[9]. Fu in quel frangente che emerse una cultura dell'illegalità diffusa e la pessima gestione del Litorale da parte del Municipio, con innumerevoli abusi edilizi e la mancata revoca di concessioni balneari, nonché appalti affidati con finte procedure negoziate.

Una vicenda emblematica è sicuramente quella della cosiddetta "spiaggia delle suore" sul lungomare Toscanelli: a causa del mancato pagamento del canone, la concessione affidata alle suore Pallottine fu revocata. La spiaggia fu quindi tacitamente occupata, tramite prestanome, da alcuni componenti del clan Triassi, i quali la gestirono senza alcun controllo pubblico, aprendo un chiosco abusivo. A questa si aggiungono quelle dello stabilimento Faber Beach gestito dai Fasciani fino al sequestro da parte della magistratura[10].

Lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Municipio X nel 2015

Anche per questi motivi, il 27 agosto 2015 il Municipio X di Roma venne sciolto per infiltrazione mafiosa. Fu la prima volta che venne sciolto un Municipio in Italia, invece che un Comune, e per la vastità del territorio interessato si trattò «della più grande realtà territoriale mai sciolta per mafia nel nostro Paese»[11]. Ostia era già stata commissariata nel 1991, ma in quel caso per gravi casi di corruzione[12].

I clan di Ostia

L'attenzione dell'autorità giudiziaria nei confronti delle nuove realtà criminali di Ostia cominciò a intensificarsi a partire dall'operazione Nuova Alba, le cui indagini partirono in seguito al ritrovamento di un ordigno esplosivo in uno stabilimento balneare di proprietà della famiglia Giacometti, nota alle cronache giudiziarie anche per il suo legame con Paolo Frau, noto personaggio legato alla Banda della Magliana, ucciso il 18 ottobre 2002 a Ostia Lido. L'attività investigativa ha evidenziato negli ultimi anni la preminenza sul Litorale romano di tre organizzazioni criminali: i Triassi, i Fasciani e gli Spada.

I Triassi

«Tutto quello che si muove: mobile, immobile, anche l’aria, è controllato dal responsabile di zona. Così era per me a Brancaccio, a Palermo, e così era per i Triassi a Ostia»[13].

A Ostia il gruppo criminale attivo da più tempo è quello dei fratelli Vincenzo e Vito Triassi. Il clan è considerato la proiezione, nel Lazio, della famiglia mafiosa agrigentina dei Cuntrera-Caruana, con la quale ha stabili legami personali, economici e patrimoniali. I due fratelli si sono entrambi sposati infatti con le figlie di Santo Caldarella, condannato per associazione mafiosa insieme ai boss Pasquale Cuntrera e Alfonso Caruana. Secondo la DDA di Roma, i Triassi controllavano il traffico di droga e di armi proveniente dai Balcani, erano proprietari di palestre e gioiellerie, nonché gestivano occultamente degli stabilimenti balneari. Divennero così potenti che Gaspare Spatuzza, invece di ucciderli come richiestogli da alcuni favori mafiosi, preferì fare affari con loro[14].

«I Triassi si muovevano sia sul tessuto criminale che sul tessuto sociale, spaziavano in lungo e in largo nelle attività illecite e controllavano il territorio con prepotenza mafiosa, esercitando un predominio malavitoso quasi come si muove Cosa Nostra, rappresentavano su Ostia il punto di riferimento per quella che era la malavita»[15].

Rispetto ai rapporti tra i Triassi e la mafia siciliana, il collaboratore di giustizia Sebastiano Cassia, già affiliato al clan Spataro di Siracusa con interessi criminali anche a Roma, dichiarò che Cosa Nostra era riuscita a infiltrarsi nella gestione degli stabilimenti balneari del litorale romano. Passato alla storia come "il primo pentito della mafia romana", tuttavia le sue affermazioni non furono considerate totalmente attendibili, benché comunque utili nel ricostruire e comprendere parte della vita criminale del litorale romano[16].

Le tensioni con i Fasciani e la pax mafiosa

Il predominio dei Triassi sul litorale romano non era assoluto però come quello che la mafia siciliana esercitava sui suoi territori d'origine. Tanto che Vito Triassi subì un attentato nel 2007, venendo gambizzato in pieno giorno a Ostia. A sparare furono Roberto De Santis, detto Nasca, e Roberto Giordani, detto Cappottone, vecchi componenti della Banda della Magliana. La gambizzazione di Triassi avvenne per i conflitti di spartizione e controllo del territorio: chioschi, spiagge, e altre attività commerciali del litorale[17].

Dopo la gambizzazione del fratello Vito, Vincenzo Triassi si rivolse a Carmine Fasciani, a capo dell’omonima famiglia, nel tentativo di ricercare un equilibrio tra i due gruppi rivali[18]. Fu quindi siglata una pax mafiosa tra i Triassi, i Fasciani e gli Spada, con l'intermediazione di Francesco D'Agati, detto Zio Ciccio, esponente di Cosa Nostra del mandamento di Villabate[19]. Secondo Michele Prestipino:

«Questa collisione di interessi è stata risolta nel classico modo con cui si risolvono determinate controversie tra gruppi mafiosi, cioè con un atto di forza cui fa seguito la pace mafiosa. Questo è un sintomo assolutamente significativo della presenza mafiosa. Questo tipo di governo dei conflitti all’interno di gruppi criminali è tipico delle organizzazioni mafiose e non avviene in nessun altro contesto criminale, sia pure organizzato»[20].

La trattativa portò alla nascita del sodalizio tra i Fasciani e gli Spada, con il conseguente ridimensionamento del ruolo dei Triassi.

In tale accordo non trovarono spazio i siciliani, sia perché i Triassi «non hanno nessun diritto su Roma» sia perché Vito Triassi, dopo esser stato ferito nell'attentato, fornì involontariamente indicazioni per l'identificazione dei suoi assalitori, facendo così venir meno le regole di omertà e di conseguenza screditandosi[21]. Come afferma Vittorio Martone, furono proprio le organizzazioni criminali autoctone, i Fasciani e gli Spada, a determinare il fallimento espansionistico dei Triassi sul litorale romano.

Il 2 febbraio 2019 Vito Triassi morì stroncato da un infarto a Tenerife, dove viveva[22]. Rispetto agli altri gruppi criminali attivi a Ostia, nessun componente dei Triassi è mai stato condannato per associazione mafiosa.

I Fasciani

I Fasciani giunsero a Ostia da Capistrello, paesino di nemmeno 5mila abitanti in provincia dell'Aquila. Negli anni Settanta erano conosciuti sul litorale romano come fornai, ma già dal decennio successivo furono al centro di diverse operazioni di polizia[23].

Il clan si può definire autoctono, perché non ha alcun legame con le organizzazioni mafiose tradizionali, benché ne abbia assunto la struttura tipica, con gerarchie a seconda della divisione dei compiti. Mediante il narcotraffico, l'usura e l'estorsione, il clan accumulava capitale e allo stesso tempo acquisiva il controllo di attività economiche lecite, corrompendo funzionari dell'amministrazione locale per acquisire attività economiche.

Come ha dichiarato un collaboratore di giustizia, le modalità per rilevare queste attività avvenivano, oltre che con l'usura, mediante condotte estorsive[24]: venivano mandate delle persone presso le attività commerciali con la pretesa di somme di denaro mensili a nome dei Fasciani. Quando poi il titolare del negozio non riusciva a soddisfare la richiesta di denaro, si vedeva costretto a chiedere un prestito agli stessi Fasciani e alla lunga, carico di debiti, era obbligato a cedere loro l'attività.

Il pizzo era imposto anche in cambio di protezione. Un affiliato al clan disse agli inquirenti che pagare serve «se vuoi una tranquillità tua in quella zona, nel senso che non ti do fastidio, o ti brucio il locale o ti brucio la macchina, o vengo lì e ti vengo a dare fastidio dentro il locale»[25]. Attività di questo tipo, durate più di 20 anni, hanno contribuito a creare un clima di omertà diffuso nella zona.

Il collaboratore Sebastiano Cassia riferì che i Fasciani spesso imponevano il pagamento di cifre per loro irrisorie (500-1000 euro), non tanto per i soldi in sé, quanto «per una questione di rispetto»[26].

Il meccanismo dell'estorsione-protezione accrebbe l'autorità del clan nel territorio, che trasse enormi vantaggi sul mercato. È infatti emblematica la gestione delle slot-machine: i Fasciani possedevano una società di slot-machine, date in noleggio agli esercenti caricando il pizzo sul prezzo del noleggio[27]. Agli esercenti che rifiutavano, imponevano un prezzo dell'estorsione ancora più elevato.

D'altra parte i Fasciani riuscirono a guadagnarsi un consenso e una legittimazione popolari molto alti grazie a una serie di iniziative di "welfare": stipendiavano gli affiliati e garantivano aiuti sia morali che materiali ai detenuti in carcere o agli arresti domiciliari, oltre a erogare tutta una serie di servizi essenziali tra gli indigenti[28].

Uno dei fratelli Fasciani spiegò la propria funzione sociale nella comunità:

«c'è gente, padri di famiglia, che mi vengono a chiedere le 100, le 200, i 300 euro... lo sa che mi cambiano marciapiede per paura che io gli richieda i soldi? Padri di famiglia che mi vengono a chiedere i soldi per le medicine, vuol dire che se la passano proprio male, e io gliele prendevo e davo le cinquanta, le cento, le duecento»[29].

Il 13 giugno 2016 la Corte d’appello non ritenne provato il carattere mafioso dell’associazione, ritenendoli responsabili solo di associazione a delinquere e pubblicò le motivazione della sentenza: «Non c’è la prova di un’univoca strategia intimidatoria o una diffusa soggezione; i casi di estorsione o spaccio sono singoli episodi»[30]. Per ciò che riguardava invece l’occupazione sistematica delle case popolari di Ostia, secondo i giudici questa «potrebbe rappresentare semplicemente l’adesione della famiglia Fasciani ad un diffuso malcostume in tema di assegnazione di unità abitative»[31].

Il 26 ottobre 2017 la Cassazione accolse il ricorso della Procura generale di Roma contro la sentenza d’appello[32] e nel febbraio 2018 venne stabilito che il Clan Fasciani aveva agito con metodo mafioso[33].

Il 29 novembre 2019 arrivò la storica sentenza: la Cassazione confermò la natura mafiosa dei Fasciani. A sei anni dall’arresto di Carmine Fasciani con l'operazione Nuova Alba, i giudici della II sezione, presieduta da Giovanni Diotallevi, stabilirono che «anche Roma ha conosciuto l’esistenza di una presenza mafiosa, sebbene in modo diverso da altre città del Sud, ma non per questo meno pericolosa o inquinante il tessuto economico-sociale di riferimento»[34].

Gli Spada

Gli Spada sono una numerosa famiglia di origine sinti[35]. Il capo della famiglia è considerato Carmine Spada, detto Romoletto. I membri della famiglia sono presenti a Ostia da decenni e operano nell'area di Piazza Gasparri a Nuova Ostia. Alleati coi Fasciani, rispetto a loro gli Spada hanno avuto un controllo del territorio più circoscritto ma esercitato con metodi ancora più violenti. Al riguardo, significativa la testimonianza di un tabaccaio, primo a sporgere denuncia contro un esponente del clan, «scalfendo il muro di omertà su cui si sono consolidate negli anni le organizzazioni mafiose a Ostia»:

«è inutile che vi spiego che nell'ambiente di Ostia […] solo il pronunciare il nome di Spada Carmine e della sua famiglia incute timore in chi, come il sottoscritto, svolge da anni e serenamente un'attività commerciale. Averne constatato fisicamente la presenza all'interno della tabaccheria mi ha fatto letteralmente sbiancare di paura ed ho pensato letteralmente di aver raggiunto un punto di non ritorno per la mia incolumità e quella dei miei familiari»[36].

Dal punto di vista del metodo, gli Spada agivano come i Fasciani: pretendevano dai commercianti cifre di denaro talmente alte, in cambio di protezione, da costringerli a cedere la loro attività.

L'espansione territoriale degli Spada riuscì attuando due strategie[37]:

  • l’eliminazione dei gruppi rivali, con il duplice omicidio nel 2011 di Giovanni Galleoni detto Baficchio e Francesco Antonini detto Sorcanera, entrambi espressione della vecchia Banda della Magliana;
  • l'occupazione delle case popolari: per ottenere il consenso dei residenti, assegnarono alloggi preventivamente occupati. Come affermò Pasqualino Toscani, ex comandante dei carabinieri di Ostia, queste case venivano quotate in assegnazione ad altri affiliati al clan oppure vendute a persone che ne avevano bisogno, pagando un compenso al clan criminale che diventava il vero gestore delle case popolari di Ostia.

Tutto ciò fu possibile a causa dello stato di abbandono in cui verteva l'edilizia pubblica[38]. Ciò non solo non pose le basi per un tessuto sociale solido ma anzi portò all'isolamento delle famiglie e al cedimento delle istituzioni.

In via dei Forni, nei pressi di Piazza Gasparri, gli Spada gestivano una palestra, la Femus Art School, in un immobile di proprietà del Comune di Roma, occupato abusivamente da diversi anni. Il 15 maggio 2015 l’Assessore alla legalità Alfonso Sabella ne ordinò il sequestro[39].

L'aggressione all'inviato di Rai2

I riflettori sugli Spada si accesero il 7 novembre 2017, quando Roberto Spada aggredì la troupe della trasmissione Nemo di Rai Due, dando una testata al giornalista Piervincenzi e colpendo,con la complicità di un suo guardaspalle, anche l’operatore Anselmi[40]. Piervincenzi stava provando ad intervistare Spada sul presunto appoggio elettorale che questi avrebbe fornito a Casapound. L’aggressione, per la quale Spada fu rinviato a giudizio, avvenne davanti alla nuova palestra aperta a pochi metri di distanza dalla prima.

L'operazione Eclissi: gli Spada sono mafiosi

Il 25 gennaio 2018 con l’operazione Eclissi la Procura di Roma arrestò 32 soggetti appartenenti agli Spada, tra cui anche Carmine e Roberto[41]. I due fratelli vennero inoltre accusati di essere i mandanti del duplice omicidio Galleoni-Antonini.

Il 6 giugno successivo iniziò il processo al Clan Spada davanti alla III Corte d’Assise. Furono ammesse come parte civile il Comune di Roma, le associazioni Antonino Caponnetto, Libera e Ambulatorio Antiusura onlus [42]. Le vittime invece non si presentarono in aula e non si costituirono come parti offese, confermando il grave clima omertoso che regnava ad Ostia.

La Corte d’Assise il 24 settembre 2019 riconobbe l’associazione a delinquere di stampo mafioso, contestando vari reati: omicidio, estorsione, usura, traffico di stupefacenti, incendio. Nelle motivazioni si legge: «il Clan Spada si connota come di stampo mafioso per il sistematico ricorso a mezzi violenti e intimidatori tali da generare un diffuso stato di assoggettamento e di omertà»[43].

Il 30 marzo 2020 la Cassazione riconobbe l’esercizio del metodo mafioso da parte di sette componenti del Clan Spada. Giampiero Cioffredi, Presidente dell'Osservatorio Sicurezza e Legalità della Regione Lazio ha affermato che:

«Oltre al controllo delle piazze di spaccio degli stupefacenti, gli Spada con minacce, intimidazioni e uso della violenza avevano provato ad impossessarsi di numerose abitazioni popolari, attraverso l'estorsione e l'intimidazione. Questa sentenza aggiunge un tassello significativo alla ricostruzione dello scenario criminale di Ostia, particolarmente inquietante»[44].

Ad aprile 2020 con l’operazione Apogeo furono confiscati 18 milioni di euro di beni agli Spada[45].

Il 13 gennaio 2021 la Prima Corte d’appello di Roma, stabilì, in linea con quanto deciso in primo grado, che il Clan Spada è un’associazione per delinquere di stampo mafioso. Sono state emesse condanne per oltre 150 anni e confermato l’ergastolo per Roberto Spada [46].

Il 13 gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha stabilito in via definitiva che il Clan Spada è un'associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo Giulio Vasaturo, legale di Libera, «questa pronuncia consegna alla storia una verità processuale ora intangibile che vale a smentire quanti hanno sin qui minimizzato la presenza e la pervasività delle mafie nella città di Roma»[47].

Note

  1. Nando dalla Chiesa, Ilaria Meli, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri 3, Rassegna dell'Arma dei Carabinieri 3-2020 | Rassegna dell'Arma dei Carabinieri - Academia.edu, luglio/settembre 2020
  2. Liseo, Brunero & Teodori, Marco (2016). Dove vive la povertà. Una rivisitazione multidisciplinare delle condizioni abitative a Roma nella prima metà del XX secolo, Roma, Università La Sapienza, p. 21.[1]
  3. Vittorio Martone, op.cit., p.74.
  4. Ibidem
  5. Ibidem
  6. Nando dalla Chiesa, Mafia litorale. Ostia impunita e la battaglia di Alfonso Sabella, 16 agosto 2015
  7. RaiNews, Roma, Sabella il magistrato antimafia: ecco chi è l'assessore alla legalità, 23 dicembre 2014.
  8. Giovanna Vitale, Ostia, si dimette il minisindaco Tassone, la Repubblica, 18 marzo 2015.
  9. Askanews, Ostia, Marino nomina Sabella delegato a X municipio, 29 aprile 2015[2].
  10. Per approfondire si veda: Commissione parlamentare antimafia (2018). Relazione Conclusiva, doc. XXIII n.38, XVII legislatura, 7 febbraio, p.90.[3]
  11. Alfonso Sabella, riportato nel documentario "Ostia Criminale".
  12. Vittorio Martone, op.cit., p.104
  13. Gaspare Spatuzza al processo Nuova Alba, citato in Sabella, Capitale Infetta, p. 114.
  14. Nando dalla Chiesa, Ilaria Meli, op.cit., p.33
  15. Martone, op. cit., p. 81.
  16. Ibidem
  17. Ibidem
  18. Ibidem
  19. Ivi, pp.81-82
  20. Commissione parlamentare antimafia, Resoconto stenografico, n.17, 12 febbraio 2014, p.10
  21. Martone, “op.cit”., p.82
  22. Ostia: morto Vito Triassi, il boss rivale degli Spada e Fasciani, RomaToday, 4 febbraio 2019
  23. Martone, “op.cit., p.84
  24. Ibidem
  25. Ibidem
  26. Ivi, p. 85.
  27. Ivi, p.86
  28. Ibidem
  29. Ivi, p.87
  30. Lorenzo Nicolini, Ostia, Corte d’Appello: “Ecco perchè i Fasciani non sono mafia”, RomaToday, 14 settembre 2016
  31. Ibidem
  32. Federica Angeli, Ostia. Cassazione: Clan Fasciani è organizzazione mafiosa. Ribaltata la sentenza d’appello, Rai News, 28 dicembre 2017
  33. RomaToday, Ostia, Cassazione conferma aggravante mafiosa per i boss Fasciani e prestanome, 23 febbraio 2018
  34. Clan Fasciani di Ostia e “mafie locali”: la sentenza della Cassazione, Giurisprudenza Penale, 17 marzo 2020
  35. Martone, op.cit., p.88
  36. Ibidem
  37. Ivi, p.89
  38. Ivi, p.90
  39. Alfonso Sabella (2016). Capitale Infetta. Si può liberare Roma da Mafie e Corruzione?, Rizzoli,, pp.127-128
  40. Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, V rapporto Mafie nel Lazio, 2020, p.60
  41. Lorenzo Nicolini, Blitz ad Ostia: 32 arresti, decapitato il clan Spada, RomaToday, 25 gennaio 2018
  42. Processo al clan Spada: in 27 a giudizio ma le vittime disertano l’aula.”Clima di paura”, RomaToday, 7 giugno 2018
  43. Lorenzo Nicolini, Ostia, Il clan Spada è mafia: tre ergastoli e 147 anni di carcere. “Vince lo Stato”, RomaToday, 24 settembre 2019
  44. Lorenzo Nicolini, Ostia, case popolari occupate dagli Spada con metodo mafioso: la sentenza della Cassazione, RomaToday, 31 marzo 2020
  45. Lorenzo Nicolini, Ostia, confiscato il tesoro del clan Spada: allo Stato 18 milioni di beni tra palestre e imprese, RomaToday, 22 aprile 2020
  46. Lorenzo Nicolini, Ostia, clan Spada: 17 condanne per 150 anni di carcere. Confermata mafia in Appello, RomaToday, 13 gennaio 2021
  47. Processo clan Spada, la Cassazione: “E’ mafia”, RomaToday, 13 gennaio 2022

Bibliografia

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  • Sabella, Alfonso (2016). Capitale infetta. Si può liberare Roma da Mafie e corruzione?, Milano, Rizzoli.