Pippo Fava

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A che serve essere vivi, se non si ha il coraggio di lottare?
(Pippo Fava)

Giuseppe "Pippo" Fava (Palazzolo Acreide, 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984) è stato un giornalista, scrittore, pittore e drammaturgo italiano, ucciso da Cosa Nostra.

Giuseppe "Pippo" Fava

Biografia

Laureato in Giurisprudenza a Catania nel 1947, abbandonò quasi subito la professione forense e si dedicò alle sue grandi passioni: teatro, letteratura e giornalismo. Cominciò a collaborare con alcuni mensili minori a Catania (La campana, Il Giornale dell’Isola, il Corriere di Sicilia, Le ultimissime) e venne abilitato alla professione giornalistica nel 1952. Dopo varie collaborazioni come redattore e inviato speciale per alcune riviste nazionali come La domenica del Corriere e Tempo illustrato (dove venne pubblicata la sua famosa intervista al boss Genco Russo), nel 1956 approdò al quotidiano catanese "Espresso sera", in qualità di capocronista; la testata venne poi rilevata, intorno agli anni Settanta, dall'editore Mario Ciancio Sanfilippo, già proprietario del quotidiano "La Sicilia". Su "Espresso Sera" Fava iniziò scrivendo di cronaca nera, successivamente scrisse articoli di fondo e lettere aperte di stampo culturale. Poco dopo iniziò la collaborazione con La Sicilia, con cui pubblicò una serie di indagini giornalistiche per raccontare la sua terra (raccolte in seguito nel volume "Processo alla Sicilia").

Quando l'allora direttore dell'Espresso sera, Girolamo Damigella, fu prossimo alla pensione, si diede per scontata la nomina di Fava a suo successore, in quanto il giornalista già da tempo si occupava di tutta la gestione operativa e organizzativa del giornale. A sorpresa, invece, gli fu offerto un periodo di prova a La Sicilia come redattore aggiunto alle province: a quel punto Fava partì alla volta di Roma, dove ottenne il ruolo di conduttore radiofonico nella trasmissione RAI "Voi ed io", iniziando contestualmente a collaborare con il Corriere della Sera.

Direttore de Il Giornale del Sud

Nel 1980 gli venne offerto il posto di Direttore di un nuovo giornale catanese che si prefiggeva di mettersi in concorrenza con La Sicilia di Ciancio: Il Giornale del Sud. Fava accettò l'incarico, tornando a Catania: mise insieme una redazione composta per lo più da ventenni, molti alle prime armi; questi giovani furono i primi a parlare di mafia a Catania, sia nei confronti delle famiglie presenti sul territorio (in particolare la più potente, quella sei Santapaola), sia approfondendo i rapporti di Cosa Nostra col mondo degli affari, dell'imprenditoria e della politica. Ma i contrasti con gli editori, per gli interessi economici e sopratutto politici dietro Il Giornale del Sud, non tardarono a predominare: addirittura il cavaliere Graci incaricò il proprio avvocato di svolgere un lavoro di controllo e censura di tutti gli articoli prima della pubblicazione.

La notte tra il 18 e 19 gennaio 1981 la redazione subì un attentato: una bomba carta venne posta all'entrata secondaria del giornale, l'unico giorno in cui la redazione non era aperta. Chiaro segnale intimidatorio i cui autori le successive indagini individuarono negli stessi editori del giornale.

Lo spirito di un giornale e il licenziamento

Nel frattempo, Catania era ormai diventata uno dei punti nevralgici del traffico di droga internazionale: verso la fine di settembre del 1981 Alfio Ferlito, boss della famiglia rivale ai Santapaola, fu arrestato alla periferia di Milano con un camion carico di droga. Il Giornale del Sud ne parlò in maniera approfondita, raccontando la storia del boss e dei suoi rapporti d’inimicizia con il clan Santapaola, sottolineandone la parentela con l’assessore ai Lavori pubblici del comune di Catania: il servizio, preparato dai giornalisti Claudio Fava e Riccardo Orioles, venne modificato dall'avvocato di Graci prima della pubblicazione.

L'11 ottobre 1981, inaugurando quella che doveva essere la rubrica delle lettere al Direttore, Fava scrisse quello che è tutt'oggi considerato il Manifesto del giornalista antimafioso: lo spirito di un giornale. Sostenendo di avere "un concetto etico del giornalismo", Fava metteva nero su bianco che "un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili. pretende il funzionamento dei servizi sociali. tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo."

Il giorno dopo Fava ricevette la lettera di licenziamento, per motivi economici, a causa dello stato di crisi finanziaria del giornale. I giovani redattori reclutati da Fava, per protesta, occuparono la redazione per quasi una settimana, invano.

I Siciliani

Poco dopo il licenziamento, nel dicembre 1981, Fava e gli ex giovani redattori del Giornale del Sud (Elena Brancati, Cettina Centamore, Claudio Fava, Miki Gambino, Giovanni Iozzia, Rosario Lanza, Riccardo Orioles, Nello Pappalardo, Giovanna Quasimodo, Antonio Roccuzzo, Fabio Tracuzzi e Lillo Venezia), decisero di fondare un nuovo giornale: I Siciliani.

Il primo numero uscì il 22 dicembre 1982, con un pezzo intitolato "I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa" dedicato ai quattro maggiori imprenditori catanesi, Rendo, Graci, Costanzo e Finocchiaro: l'inchiesta, frutto di due anni di lavoro già da quando Fava lavorava al Giornale del Sud, accusava il mondo imprenditoriale e politico della città di essere legato a doppio filo con la mafia catanese e in particolare con il boss Nitto Santapaola. Nell'inchiesta, Fava riportò anche l'intervista del generale Carlo Alberto dalla Chiesa a Giorgio Bocca su Repubblica, dove lo stesso Generale accennava ai quattro cavalieri del lavoro: Oggi la Mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?[1]

Carlo Alberto dalla Chiesa venne ucciso il 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini, a Palermo. Accusato dell'omicidio fu proprio Nitto Santapaola (latitante dal giugno dello stesso anno), già incriminato per la Strage della circonvallazione di Palermo, dove trovò la morte il boss Alfio Ferlito, insieme ai tre carabinieri della scorta.

Dal dicembre 1982 al gennaio 1984 furono pubblicati undici numeri de I Siciliani, con il primo numero ristampato per ben tre volte perché esaurito nel giro di una settimana: tra le inchieste più rilevanti non solo quelle che parlavano di mafia in tutte le sue sfaccettature (mafia affari e politica, mafia e banche, mafia e camorra), ma anche sulla Giustizia e il “Caso Catania”, sullo stanziamento dei missili nucleari nelle Basi Nato siciliane e così via.

L'ultima intervista a Biagi

Il 28 dicembre 1983, ospite della trasmissione di Enzo Biagi "Filmstory", Giuseppe Fava rilasciò la sua ultima intervista pubblica[2], in cui lanciò un duro attacco alla classe dirigente italiana. In particolare, fece scalpore questo passo dell'intervista:

"Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione. Nella mafia moderna non ci sono padrini, ci sono grandi vecchi i quali si servono della mafia per accrescere le loro ricchezze, dato questo che spesso viene trascurato. L'uomo politico non cerca attraverso la mafia solo il potere, ma anche la ricchezza personale, perché è dalla ricchezza personale che deriva il potere, che ti permette di avere sempre quei 150mila voti di preferenza. La struttura della nostra politica è questa: chi non ha soldi, 150mila voti di preferenza non riuscirà ad averli mai! I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori. Ad esempio si dice che i fratelli Greco siano i padroni di Palermo, i governatori. Non è vero, sono solo degli esecutori, stanno al posto loro e fanno quello che devono fare. Io ho visto molti funerali di Stato: dico una cosa che credo io e che quindi può anche non essere vera, ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità".

Omicidio

La sera del 5 gennaio 1984, Giuseppe Fava lasciò la redazione dei Siciliani per recarsi al Teatro Verga a prendere la nipote che recitava nello spettacolo "Pensaci Giacomino!". Alle 21:30 circa, in quella che adesso è stata rinominata Via Giuseppe Fava (allora Via dello Stadio), venne freddato con cinque colpi di pistola calibro 7,65 alla nuca, mentre ancora si trovava a bordo della sua auto, una Renault 5.

Inizialmente l'uccisione venne etichettata come delitto passionale, in quanto la pistola utilizzata non era la tipica arma impiegata nei delitti mafiosi. Un'ulteriore pista fu quella del movente economico, a causa delle precarie condizioni in cui versava il giornale; tesi avallata dallo stesso sindaco di allora, Angelo Munzone, il quale, sostenendo con fermezza che a Catania la mafia non esisteva, evitò le esequie pubbliche del giornalista alla presenza delle alte cariche cittadine.

Processi

Poco tempo dopo però, la magistratura avviò i procedimenti giudiziari seguendo la pista che collegava le accuse lanciate da Fava nei suoi articoli sui rapporti tra i Cavalieri del lavoro catanesi e Cosa Nostra, in particolare con il clan dei Santapaola. Dopo un primo stop nel 1985, a causa del trasferimento del sostituto procuratore aggiunto per incompatibilità ambientale, il processo riprese a pieno regime solo nel 1994.

Nel 1998 si concluse il processo Orsa maggiore 3: per l'omicidio Fava vennero condannati all'ergastolo il boss Nitto Santapaola come mandante, Marcello D'Agata e Francesco Giammuso come organizzatori, e Aldo Ercolano e Maurizio Avola come esecutori materiali. Le condanne furono confermate in appello per Santapaola, Ercolano e Avola (allora reo confesso) e definitivamente confermate in Cassazione nel 2003 (Avola fu condannato a sette anni, a seguito del patteggiamento).

L'eredità

L'esperienza dei Siciliani, dopo l'uccisione del Direttore, è continuata per oltre tre anni, prima di essere costretta a chiudere a causa degli scarsi supporti economici. Dopo numerosi tentativi di rifondare la rivista, da un paio d'anni è nato il progetto de I Siciliani giovani (http://www.isiciliani.it), una rete nazionale di testate locali, sia cartacee che su web.

La battaglia di WikiMafia sul documentario in prima serata

In occasione del trentennale della scomparsa di Pippo Fava, la Rai decise, tramite RaiFiction, di produrre con Cyrano New Media il docu-film "I ragazzi di Pippo Fava", sceneggiatura di Gualtiero Peirce e Antonio Roccuzzo e regia di Franza Di Rosa. Benché a dicembre il documentario fosse stato annunciato in prima serata su alcune testate online, la direzione di Rai3 decise di programmarlo in seconda serata, dopo il film di animazione Rango. I ragazzi di WikiMafia decisero allora di lanciare il 2 gennaio una petizione sul sito indirizzata a Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, consiglieri d'amministrazione Rai. Meno di 24 ore dopo il documentario otteneva la prima serata.

Il 5 gennaio 2014, quindi, esattamente a 30 anni dall'omicidio, avvenuto alle 21:30, la storia di Pippo Fava otteneva l'eco che meritava, guadagnandosi oltre 700mila spettatori.

Opere

Pièce teatrali

  • Vortice, inedito, 1947.
  • La qualcosa, con Pippo Baudo, 1959.
  • Cronaca di un uomo, 1966.
  • La violenza, Palermo, Flaccovio, 1969.
  • Il proboviro. Opera buffa sugli italiani, Catania, Editrice Sud, 1972.
  • Bello, bellissimo, 1974.
  • Delirio, 1979.
  • Opera buffa, 1979.
  • Sinfonia d'amore, 1980.
  • Foemina ridens, 1980.
  • Ultima violenza. Dramma in due atti, Catania, Centro Editoriale Radar, 1982.

Fava scrisse anche alcune opere mai andate in scena:

  • La rivoluzione.
  • America America.
  • Dialoghi futuri imminenti.
  • Il vangelo secondo Giuda (da cui fu tratto il cortometraggio Dal Vangelo Secondo Giuda)
  • Paradigma.
  • L'uomo del nord.
  • Teatro, 4 voll., Catania, Tringale, 1988.
I, Ultima violenza, Sinfonia d'amore, La rivoluzione.
II, America America, Bello bellissimo, Foemina ridens, Dialoghi futuri imminenti
III, Il Vangelo secondo Giuda, Delirio, Il proboviro
IV, Cronaca di un uomo, La violenza, Paradigma, L'uomo del Nord

Libri

Saggi

Romanzi

Sceneggiature

  • Palermo or Wolfsburg, di Werner Schroeter, Germania, 1980, tratto dal libro "Passione di Michele" di Fava, che curò la sceneggiatura. Il film vinse l'Orso d'oro al Festival di Berlino nel 1980.

Note

Bibliografia