Roberto Antiochia: differenze tra le versioni

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=== Memoria ===
=== Memoria ===
Per onorarne la memoria, nel 1998 la Scuola di Polizia Giudiziaria di Pescara è stata intitolata al suo nome, come anche la via della Questura di Terni[http://http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza/app_notizia_16881.html] , ed il suo nome è ricordato dall'Associazione "Libera, Associazioni, Nomi e numeri contro le mafie" nell'annuale Giornata della Memoria e dell'Impegno [http://http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/87]
Per onorarne la memoria, nel 1998 la Scuola di Polizia Giudiziaria di Pescara è stata intitolata al suo nome, come anche la via della Questura di Terni[http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurezza/app_notizia_16881.html] , ed il suo nome è ricordato dall'Associazione "Libera, Associazioni, Nomi e numeri contro le mafie" nell'annuale Giornata della Memoria e dell'Impegno [http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/87]


Il Presidente della Repubblica il 26 settembre 1986 lo ha insignito della medaglia d’oro al valor civile, con la seguente motivazione:  
Il Presidente della Repubblica il 26 settembre 1986 lo ha insignito della medaglia d’oro al valor civile, con la seguente motivazione:  
"Agente della Polizia di Stato, in servizio a Roma, mentre era in ferie, spontaneamente partecipava in Palermo alle delicate e difficili indagini sull'omicidio di un funzionario di polizia, con il quale aveva in passato collaborato, consapevole del pericolo cui si esponeva nella lotta contro la feroce organizzazione mafiosa. Nel corso di un servizio di scorta, rimaneva vittima di proditorio agguato ad opera di spietati assassini. Esempio di attaccamento al dovere spinto all'estremo sacrificio della vita. Palermo, 6 agosto 1985."[http://http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=3961]
"Agente della Polizia di Stato, in servizio a Roma, mentre era in ferie, spontaneamente partecipava in Palermo alle delicate e difficili indagini sull'omicidio di un funzionario di polizia, con il quale aveva in passato collaborato, consapevole del pericolo cui si esponeva nella lotta contro la feroce organizzazione mafiosa. Nel corso di un servizio di scorta, rimaneva vittima di proditorio agguato ad opera di spietati assassini. Esempio di attaccamento al dovere spinto all'estremo sacrificio della vita. Palermo, 6 agosto 1985."[http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=3961]

Versione delle 10:02, 3 mag 2014

Roberto Antiochia (Terni, 6 giugno 1962 - Palermo, 6 agosto 1985) è un poliziotto vittima di Cosa nostra. Viene ucciso in un agguato mafioso insieme al commissario Ninni Cassarà, vcecapo della Squadra mobile di Palermo.

Biografia

Roberto è l'ultimo di tre figli di Marcello Antiochia e della moglie Saveria. I fratelli erano Alessandro e Corrado.

Al servizio militare fu arruolato in marina, per la sua passione per il canottaggio. Poi, in seguito alle sue idee, al suo forte senso di giustizia, entrò nella Scuola di Polizia di Pescara. Voleva fare il carabiniere, ma fece questa scelta insieme a suoi due amici. A vent’anni entrò in servizio presso la Questura di Torino, poi alla Criminalpol di Roma; poi si spostò a Vicenza da dove, in seguito ad un incidente ad un’auto guidato da un suo collega, venne trasferito alla Squadra Mobile di Palermo, il 1 giugno 1983. Due mesi dopo il trasferimento, ci fu lo scoppio dell’auto-bomba che portò alla morte di Rocco Chinnici, consigliere istruttore di Palermo. Roberto entrò tra gli uomini di Cassarà e Montana, nella squadra catturandi. Lo Stato non forniva adeguate risorse economiche per la polizia, e così Roberto usava la Renault 4 della fidanzata Cristina per fare da scorta a Montana, ed essere meno identificabile.

Nel frattempo fece ricorso, e vinse, contro il trasferimento a Palermo: tornò a Roma. Ma si accorse del suo desiderio di essere in prima linea: aveva nostalgia dell’esperienza, e degli amici, della squadra catturandi. E quando Cassarà chiamava, andava a fargli da scorta, per fargli un piacere, non perché obbligato. Cosa Nostra intanto continuava a mostrare la propria forza: il 28 luglio fu assassinato, di ritorno da un giro in barca, il commissario Giuseppe “Beppe” Montana. Roberto seppe dell’omicidio di Montana mentre era a Roma, al mare con la fidanzata. Prese il primo aereo e andò a rendere omaggio al commissario. Dopo l’omicidio, non volle tornare subito a Roma, e usò i giorni di permesso per fare da scorta a Cassarà, restando a dormire nel monolocale di un collega.

Omicidio

Rimase ucciso dall’esecuzione mafiosa di quel 6 agosto. Mentre con l’Alfetta blindata lui e Natale Mondo stavano accompagnando a casa Cassarà, in via Croce Rossa 81, alle ore 15.20 duecento proiettili di kalashnikov furono sparati da un gruppo di circa 9 uomini, appostati su di un palazzo di fronte a quello dove abitava il vicecapo della Squadra Mobile. I killer avevano lì un appartamento affittato da tempo dove tenevano le armi, segno che l’omicidio era stato meditato a lungo. La moglie Laura, che aspettava il suo rientro dal balcone di casa tenendo il braccio la figlia Elvira, vide tutto: bussò a molte porte per lasciare la bambina, e appena qualcuno le aprì, potè scendere a soccorrere il marito.

La madre di Roberto, Saveria (che, in seguito, diverrà famosa e determinante nella storia dell’antimafia), voleva rifiutare i funerali di Stato, ma i poliziotti della Squadra Mobile insistettero per restare a Palermo. Ai funerali di Roberto e di Ninni Cassarà ci fu una ribellione della gente e dei poliziotti stessi contro l'ultimo massacro di servitori dello stato.

Memoria

Per onorarne la memoria, nel 1998 la Scuola di Polizia Giudiziaria di Pescara è stata intitolata al suo nome, come anche la via della Questura di Terni[1] , ed il suo nome è ricordato dall'Associazione "Libera, Associazioni, Nomi e numeri contro le mafie" nell'annuale Giornata della Memoria e dell'Impegno [2]

Il Presidente della Repubblica il 26 settembre 1986 lo ha insignito della medaglia d’oro al valor civile, con la seguente motivazione: "Agente della Polizia di Stato, in servizio a Roma, mentre era in ferie, spontaneamente partecipava in Palermo alle delicate e difficili indagini sull'omicidio di un funzionario di polizia, con il quale aveva in passato collaborato, consapevole del pericolo cui si esponeva nella lotta contro la feroce organizzazione mafiosa. Nel corso di un servizio di scorta, rimaneva vittima di proditorio agguato ad opera di spietati assassini. Esempio di attaccamento al dovere spinto all'estremo sacrificio della vita. Palermo, 6 agosto 1985."[3]