Sacra Corona Unita

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La mafia pugliese è anomala rispetto alle altre. In Sicilia, Calabria e Campania le organizzazioni sono storiche, hanno tradizioni e origini che affondano le loro radici nella storia politica ed economica della regione in cui operano. La vicenda pugliese rappresenta invece un classico caso di utilizzazione mafiosa di un territorio originariamente non mafioso e di “mafiosizzazione”di una criminalità priva di tradizioni, ma che è stata rapida nell’assimilare le caratteristiche proprie delle organizzazioni mafiose storiche[1]


La Sacra Corona Unita, conosciuta anche come "Quarta Mafia", è un'organizzazione mafiosa nata il 1° maggio 1983 nel carcere di Bari, fondata da Giuseppe Rogoli, criminale salentino affiliato alla 'ndrangheta, per contrastare la penetrazione nel tessuto socio-criminale pugliese della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.

Origini del nome

Il termine, come confermato da alcuni pentiti, fa riferimento al "battesimo" a cui è sottoposto ogni nuovo membro (Sacra), al fatto che gli affiliati sono come i grani di un rosario (Corona), con un alto grado di coesione interna (Unita).

Storia ed Evoluzione

La criminalità organizzata in Puglia

Storicamente vi è sempre stata una presenza delle organizzazioni mafiose in Puglia, per via della contiguità territoriale che la regione aveva con la Calabria e la Campania. Tanto che quando la commissione parlamentare antimafia approvò nel 1994 una relazione su "Insediamenti e infiltrazioni di soggetti e organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali"[2] (Commissione parlamentare antimafia 1994a, 1994b), la Puglia non finì tra le regioni prese in esame, in quanto considerata tra quelle a tradizionale insediamento mafioso. Detto questo, la Puglia può essere considerata la prima delle regioni italiane che per prossimità hanno sviluppato una nuova mafia.

Tra i fattori che permisero l'espansione del modello mafioso in Puglia ci sono:

  • le favorevoli opportunità per lo sviluppo di alcuni settori di mercati illegali;
  • la Strategia di espansione della Nuova camorra organizzata (Nco) di Cutolo;
  • il soggiorno obbligato di alcuni esponenti delle organizzazioni mafiose tradizionali;
  • la presenza nelle carceri pugliesi di molti appartenenti alla camorra;
  • le imitazioni da parte della criminalità locale dei modelli di azione e di organizzazione delle mafie tradizionali;
  • il deterioramento e la bassa reattività del tessuto istituzionale della società locale[3].

La Puglia divenne poi centrale dopo la chiusura del porto franco di Tangeri, da cui passava la gran parte del contrabbando di sigarette: sulle coste pugliesi sbarcava la quasi totalità dei tabacchi lavorati esteri destinati ai mercati clandestini italiani. La criminalità indigena, non strutturata, rendeva poi la Puglia un bacino di reclutamento straordinario per le organizzazioni mafiose storiche. L'incontro tra le varie organizzazioni mafiose e la criminalità comune pugliese avvenne anche a livello dei sequestri di persona degli anni '70-'80, dal Salento al Nord Barese.

L’invio al soggiorno obbligato nella regione di esponenti appartenenti alle organizzazioni mafiose tradizionali permise poi una vera e propria divisione dei territori, con Cosa nostra ben presente nelle province di Brindisi e Lecce[4], la 'ndrangheta in provincia di Taranto e la camorra nel Foggiano. Tra il 1961 e il 1972 furono inviati poi ben 212 individui dalle cosiddette "aree a rischio"[5].

In particolare, nel corso degli anni '70, le carceri pugliesi scoppiavano letteralmente di affiliati alla Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, trasferiti per evitare a livello carcerario la mattanza in atto nello scontro tra la NCO e la Nuova Famiglia.

Il progetto originario: la diramazione pugliese della 'ndrangheta

Quando la presenza della NCO si fece più pressante, sia al di fuori che all'interno delle carceri, soprattutto nel foggiano, Cutolo incaricò alcuni boss locali di strutturare anche in Puglia una vasta e capillare organizzazione mafiosa: nacque così la Nuova Camorra Pugliese: strutturata secondo il modello della NCO, la struttura pugliese avrebbe operato autonomamente, versando però un contributo del 40-50% dei profitti alla casa madre. Il progetto di Cutolo si arrestò con il declino del suo potere. A questo tentativo di colonizzazione si affiancò un processo di imitazione che mirava a rendere i gruppi locali pugliesi autonomi, facendo proprie le caratteristiche ritenute vincenti tipiche delle organizzazioni tradizionali.

Questo diede il via effettivo alla nascita di una criminalità organizzata a sé stante, che cominciava a rendersi via via sempre più autonoma. Infatti, «sia la collaborazione continuativa con esponenti delle famiglie mafiose, che la crescita delle opportunità di azione nei locali mercati leciti e illeciti, costituiscono dei potenti stimoli alla maturazione e all’espansione delle formazioni criminali pugliesi»[6] e ancora «intuiti i vantaggi che si potevano ricavare, si svincolarono in tempi successivi dall’iniziale regime di sudditanza ed imposizione che avevano con i cutoliani e si posero la prospettiva di consociarsi in un unica organizzazione, di natura prettamente pugliese, con l’intento di gestire autonomamente le varie attività delittuose svolte in Puglia e i derivati ad esse connessi, nonché di controllare eventuali infiltrazioni di ogni qualsivoglia famiglia malavitosa come già si era verificato con la Nco»[7].

Forte delle volontà qui sopra citate e con l’ambizione di coprire e unificare tutto il territorio pugliese, il tarantino Giuseppe Rogoli (condannato nel 1981 a 23 anni di reclusione per omicidio a scopo di rapina) fondò la Sacra Corona Unita. Affiliato alla 'ndrangheta con la dote di Santista nel carcere di Ascoli Piceno nel '78 da Umberto Bellocco, capo-'ndrina di Rosarno[8], il progetto originario era quello di estendere la presenza calabrese in Puglia, per ostacolare l'egemonia cutoliana.

Il ritenerla una criminalità giovane e per questo apparentemente meno minacciosa e sanguinaria rispetto a quelle tradizionali, ha permesso alla Scu di passare inosservata per molti anni e di conseguenza di poter crescere e radicarsi nel territorio senza grossi ostacoli; per fare un esempio il contrabbando di sigarette prima che venisse riconosciuto come una delle principali attività illecite della Scu era considerato un ammortizzatore sociale alla disoccupazione.

In una prima fase la Sacra Corona Unita fu caratterizzata da forti conflitti interni, spesso sanguinari, da una scarsa disposizione alla segretezza da parte di alcuni degli affiliati e dalla profonda mancanza di un coordinamento interno, basato soprattutto dall’autogestione delle famiglie. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta ci fu un processo di riorganizzazione che avrebbe portato alla nascita della Nuova Sacra Corona Unita, tuttavia l’introduzione di nuove regole non si tradusse immediatamente in fatti concreti e si ripresentarono la tendenza centrifuga dei vari gruppi e le ambizioni di affermazione da parte dei nuovi affiliati.

Verso la fine di questo decennio la Nuova Sacra Corona Unita era composta da tre raggruppamenti principali, quello brindisino con un ruolo rilevante anche nel territorio tarantino, quello barese (che si sarebbe rapidamente disgregato) e quello salentino costituito da differenti clan che si sarebbero poi uniti al primo gruppo[9].

La sentenza del 1991: la SCU è un'associazione mafiosa

Il carattere mafioso della quarta mafia è stato riconosciuto ufficialmente solo il 23 maggio 1991 quando la Corte d’assise di Lecce condannò nel processo “De Tommasi + 133” numerosi esponenti dell’associazione[10]. L’attività di contrasto da parte delle autorità giudiziarie nel corso degli anni Novanta decimò l'organizzazione, ma questa dimostrò di sapersi riadattare sia sul piano organizzativo che su quello operativo.

La Struttura

La struttura ideata da Rogoli era di tipo piramidale, formata da otto livelli gerarchici suddivisi in tre fasce, con rituali di affiliazione e diverse procedure di promozione interna ovvero regole che sanciscono la progressione di carriera all’interno dell’organizzazione[11]. Questo modello però non risultò compatibile con gli episodi conflittuali interni tra i gruppi criminali per il controllo del territorio: si affermò quindi una struttura ad arcipelago, caratterizzata da una frammentazione delle cosche e da una forte divisione territoriale. Il collante tra i vari clan era infatti il territorio, così come il reclutamento avveniva a livello comunale.

Gli otto livelli gerarchici

Gli otto gradi hanno un valore soprattutto simbolico: spesso il potere detenuto dal singolo affiliato non corrisponde in realtà alla sua posizione nella gerarchia formale. Questi, in ordine crescente, sono:

  1. Picciotteria
  2. Camorrista
  3. Sgarrista
  4. Santista
  5. Evangelista
  6. Trequartista
  7. Medaglioni della Società Maggiore
  8. Medaglioni con Catena della Società Maggiore

Otto medaglioni con catena compongono la "Società segretissima" che comanda un corpo speciale chiamato la "Squadra della morte".

Divisioni interne

Società Foggiana · Camorra Barese · Sacra Corona Libera

I rituali di affiliazione

Benché avesse adottato riti di affiliazione simili a quelli di Cosa Nostra e della 'Ndrangheta, la SCU finì per abbandonare queste cerimonie per i nuovi affiliati, ritenendole poco sicure per l'organizzazione stessa e avvicinandosi così al modello camorristico, che non prevede grandi cerimonie all'ingresso di un nuovo membro o negli avanzamenti di carriera.

I simboli, necessari come in ogni organizzazione mafiosa, non affondano in una qualche tradizione, ma sembrano piuttosto «un cocktail quasi surreale di fonti false e autentiche, personaggi mitici e quotidiani, invenzione e realtà»[12] e sono copiati da altre tradizioni criminali. Il fine ultimo di darsi una "mitologia" era, come in ogni organizzazione mafiosa, quella di strutturare un universo ideale opposto a quello della società civile e dello Stato. Nel caso della SCU, inoltre, c'era anche il fattore tempo che giocava contro di lei: non poteva contare su una tradizione bicentenaria come la Camorra o Cosa Nostra.

Pentiti

L'alta conflittualità interna alla SCU le ha consegnato il numero più alto di collaboratori di giustizia tra le organizzazioni mafiose italiane. Dalla primavera 1992 ad oggi sono più di 220 i pentiti pugliesi.

Attività economiche legali e illegali

Sin dalla sua nascita la Sacra Corona Unita si caratterizzò più come enterprise syndicate (organizzazione di affari e traffici illeciti) che come power syndicate (organizzazione di controllo del territorio); il suo obiettivo principale era dunque l’accumulazione di ricchezza e la gestione dei traffici illeciti.[13] La SCU negli anni si dimostrò molto capace di rinnovarsi continuamente sia sul piano delle attività illecite originarie come fonte di approvvigionamento sia sul piano dell'inserimento in nuovi canali di business, legali e non.[14].

Il contrabbando di sigarette e il narcotraffico

Tra i canali storici ci sono il contrabbando di sigarette, prima vera fonte di guadagno, e il narcotraffico (la Puglia come crocevia di droghe da Albania, Spagna, Olanda, Brasile e da altre regioni italiane come Lazio e Calabria). In particolare, «il narcotraffico si impone tra i principali motori dei processi di accumulazione patrimoniale dei gruppi criminali coinvolti, e diviene inevitabilmente partner privilegiato del reinvestimento speculativo nell’economia legale dei profitti generati»[15]. Inizialmente limitato a eroina e cocaina, il traffico di sostanze stupefacenti si ampliò poi creando un vero e proprio supermercato della droga, gestito in maniera imprenditoriale e con margini di profitto molto più elevati.[16] I proventi dovevano confluire in una cassa comune utilizzata per l’invio di denaro agli affiliati detenuti, a partire da Rogoli, nonché, ovviamente, per il finanziamento di ulteriore attività illecite dello stesso tipo»[17].

Le estorsioni e l'usura

Altro canale illegale è quello delle estorsioni. In questo campo la Scu si muove su territori diversificati: i pescherecci (denaro che i pescatori pagano per sottrarsi ai danneggiamenti delle imbarcazioni), cantieri edili, negozi, pizzerie, bar, locali, discoteche e persino i Luna Park; inoltre appare diffusa la creazione di società (apparentemente legali) che “offrono” servizi di guardiania ai clienti, i quali, una volta scelti, vengono messi in condizione, attraverso minacce e intimidazioni, di non poter rifiutare tali servizi.

L’estorsione si lega inevitabilmente ad un altro reato ovvero quello dell’usura. In alcuni casi i commercianti sommersi dai debiti, s’indebitano ulteriormente con altri usurai, fino ad arrivare al punto di cedere la propria attività, che diventa per l’associazione una vera e propria macchina per riciclare denaro sporco. Proprio per la difficoltà di agire da parte delle autorità e del rapporto che si instaura tra usuraio e usurante, quello del racket rappresenta il guadagno illecito maggiormente redditizio dopo quello della droga ed il controllo dei rifiuti. Per la commissione nazionale antimafia: «non si tratta più di attività finalizzate al puro sostentamento delle cosche sul territorio, ma si tratta di attività destinate a costruire uno dei pilastri dell’organizzazione mafiosa nel suo complesso. L’usura non è più riconducibile a personaggi locali, ma costituisce un terreno privilegiato di reinvestimento per le mafie, tanto che nelle regioni nelle quali è maggiore la pervasività della criminalità organizzata si assiste ad un minor numero di denunce per usura, fatto certamente legato alle capacità intimidatorie di chi esercita tale attività illecita»[18].

Le scommesse online

Una valida alternativa al contrabbando di sigarette, diventato ormai un business vecchio e poco in uso, si sviluppò verso la fine degli anni Novanta. Vi fu infatti una modernizzazione delle bische clandestine, sostituite dalle scommesse on-line e dal videopoker. Quest’ultimo veniva reso redditizio attraverso due metodi: il primo con l’imposizione del pizzo ai gestori dei locali ed il secondo con l’imposizione di acquisto delle macchinette, estendendosi progressivamente su tutto il territorio con un affiliato referente per ogni località fino a quel momento raggiunta.

Investimenti immobiliari e Aste giudiziarie

Tra gli affari più redditizi dell'organizzazione vi è la partecipazione alle aste giudiziarie, dove è possibile investire legalmente il denaro proveniente dalle attività illegali. Il business era possibile grazie all’intimidazione della concorrenza, all'uso di "volti puliti", in realtà collusi, e all'enorme liquidità disponibile dei Clan.

La Green Economy

Tra le indagini svolte in questo campo sono emersi dei dati allarmanti in relazione allo sviluppo e la produzione di energia pulita e rinnovabile. Infatti l’esperta capacità con cui la Scu s’immette nelle aste rende possibile l’acquisizione di fondi agricoli e terreni edificabili, destinati ad insediamenti eolici e/o fotovoltaici. Quello dello sfruttamento della green economy è un problema non solo pugliese, ma di tutte le regioni italiane dove sono presenti caratteristiche geografiche idonee, unite alla presenza della criminalità organizzata nel territorio e specialmente che si rende possibile a causa delle numerose lacune legislative in materia.

Rapporti con la Politica

La Sacra Corona Unita, al pari delle altre organizzazioni mafiose, si è spesso infiltrata nel tessuto politico, usando le tornate elettorali come strumento di penetrazione e di condizionamento delle amministrazioni territoriali. Il voto di scambio è universalmente l'arma con cui i boss pugliesi hanno dominato anche nel settore degli appalti pubblici.

Fatti principali

Stragi

Faide

Per saperne di più

Cinema e Televisione

  • Le bande (2005)
  • Fine pena mai (2007)
  • Galantuomini (2008)
  • Libera nos a malo (2008)

Note

  1. Violante 1994, pp. 112-3.
  2. Commissione parlamentare antimafia, Roma, 1994
  3. R. Sciarrone, Mafie vecchie, mafie nuove, Donzelli Editore, Roma, 2009, p.178
  4. Un consistente numero di appartenenti a Cosa nostra si insedia, dunque, in Puglia e traffica in eroina (Gorgoni 1995, pp. 268-9)
  5. cfr Commissione Parlamentare Antimafia, 1976
  6. Ministero dell’Interno 1993, p.200
  7. Commissione parlamentare antimafia 1993, p.53
  8. Questura di Lecce 1988; Commissione parlamentare antimafia 1993
  9. Cfr. M. Massari, La Sacra Corona Unita. Potere e segreto, Editori Laterza, Bari 1998, pp.5-83
  10. M. Chiarelli, Sacra Corona Unita. I camaleonti delle criminalità italiana, Editori Internazionali Riuniti, 2012, p. 36
  11. Arma dei carabinieri 1993; Eurispes 1994
  12. Gambetta 1992, p.178
  13. R. Sciarrone, Mafie vecchie, mafie nuove, Donzelli Editore, Roma, 2009, p.193
  14. M. Chiarelli, Sacra Corona Unita. I camaleonti delle criminalità italiana, Editori Internazionali Riuniti, 2012, p.73
  15. Relazione della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, p.128
  16. M. Chiarelli, Sacra Corona Unita. I camaleonti delle criminalità italiana, Editori Internazionali Riuniti, 2012, p.85
  17. Sentenza contro Andrea Bruno e altre 8 persone, emessa l’11 luglio 2011 dal tribunale di Brindisi
  18. Dall’allegato alla proposta di relazione sulla prima fase dei lavori della Commissione antimafia parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia , con particolare riguardo al condizionamento delle mafie su economia, società e sulle istituzioni del mezzogiorno p. 142, del 31 maggio 2011

Bibliografia

  • Chiarelli M., La Sacra Corona Unita. I camaleonti della criminalità italiana, Editori Riuniti, Roma, 2012
  • Commissione Parlamentare Antimafia, Relazione Conclusiva, VI Legislatura, 4 febbraio 1976
  • Commissione Parlamentare Antimafia, Relazione sulle risultanze del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti ed infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni mafiosi in aree non tradizionali, XI legislatura, 13 gennaio 1994
  • Massari M., La Sacra Corona Unita. Potere e segreto, Laterza, Roma-Bari, 1998