Antonino Saetta: differenze tra le versioni

nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 1: Riga 1:
{{bozza}}


'''Antonino Saetta''' (Canicattì, [[25 ottobre]] [[1922]] – Caltanissetta, [[25 settembre]] [[1988]]) è stato un magistrato italiano, vittima della mafia insieme al figlio Stefano.
[[File:Antonino saetta.jpg|300px|thumb|right]]
'''Antonino Saetta''' (Canicattì, [[25 ottobre]] [[1922]] – Caltanissetta, [[25 settembre]] [[1988]]) è stato un magistrato italiano, ucciso da [[Cosa Nostra]] in un agguato insieme al figlio [[Stefano Saetta|Stefano]].
 
== Biografia ==
Terzo di cinque figli, conseguì la maturità classica presso il liceo ginnasio statale di Caltanissetta e si iscrisse nel [[1940]] alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Palermo. Dopo aver conseguito con lode la laurea nel [[1944]], vinse il concorso per Uditore Giudiziario ed entrò in Magistratura nel [[1948]].
 
=== La carriera in magistratura ===
La sua carriera iniziò ad Acqui Terme, prima come Pretore, poi come Giudice istruttore. Nel [[1955]] divenne Giudice di Tribunale presso Caltanissetta, carica che esercitò a Palermo dal [[1960]] al [[1969]], fino a quando divenne Procuratore della Repubblica a Sciacca. Ritornato a Palermo, divenne Consigliere di Corte d'Appello.
 
Tra il [[1976]] e il [[1978]] esercitò la funzione di Consigliere presso la Corte d'Assise d'Appello di Genova, dove si occupò, tra l'altro, anche di alcuni processi alle Brigate Rosse.
 
=== Il processo per la Strage di Via Pipitone Federico ===
Tornato in Sicilia, divenne Presidente della Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta e, tra il 1985 e il 1986, si trovò a presiedere, per la prima volta, un processo di mafia, quello sulla [[Strage di via Pipitone Federico]], dove perse la vita, tra gli altri, il giudice [[Rocco Chinnici]]: il processo si concluse con un aggravamento delle pene rispetto al 1° grado, in particolare per [[Michele Greco]], detto "il Papa", e per suo fratello [[Salvatore Greco|Salvatore]], detto "il Senatore", confermando anche la struttura di comando di Cosa Nostra.
 
=== Giudice d'Appello a Palermo ===
Le strade di Cosa Nostra e di Saetta si incrociarono nuovamente quando divenne Presidente della Prima Sezione della Corte d'Assise d'Appello, in qualità del quale celebrò diversi processi di mafia. Quello che fece più discutere fu quello che vedeva imputati [[Armando Bonanno]], [[Giuseppe Madonia]] e [[Vincenzo Puccio]] per l'omicidio del capitano dei carabinieri [[Emanuele Basile]]: in primo grado gli imputati erano stati assolti, in appello furono condannati all'ergastolo.
 
Alla sezione presieduta da Saetta sarebbe spettato anche l'appello del [[Maxiprocesso di Palermo|Maxiprocesso]] (che sarebbe iniziato il [[22 febbraio]] [[1989]]): conosciuto per il suo rigore e non avendo fatto mistero, con le motivazioni delle sue sentenze precedenti, di condividere l'impianto accusatorio del Pool antimafia sul carattere unitario e verticistico di Cosa Nostra, in un primo momento l'organizzazione tentò di corromperlo. Fortemente legato alla sua città natale, il boss locale, [[Giuseppe Di Caro]], cercò di contattarlo tramite il cognato, il farmacista Giuseppe Pantano, ma Saetta rifiutò le generose offerte del boss al fine di "aggiustare" la sentenza d'appello. Solo dopo il rifiuto, Cosa Nostra decise di eliminarlo.
 
=== L'omicidio ===
Il 25 settembre 1988 Saetta si trovava a Canicattì per il battesimo di un nipotino, al termine del quale si mise alla guida della sua auto con il figlio Stefano, per tornare a Palermo. Sulla strada, la macchina del magistrato venne affiancata da un'altra e crivellata di colpi.
 
=== Indagini e processi ===
Per il duplice omicidio Saetta, nel [[1996]] la Corte d'Assise di Caltanissetta condannò all'ergastolo in qualità di mandanti i boss [[Salvatore Riina]] e [[Francesco Madonia]], come esecutore materiale il killer [[Pietro Ribisi]], esponente di una cosca di Palma di Montechiaro (Agrigento). L'agguato fu organizzato dal boss Giuseppe Di Caro, nel frattempo morto assassinato. La condanna, confermata nei successivi gradi di giudizio, è passata in giudicato.
 
I giudici stabilirono che il movente era triplice: "punire" un magistrato che aveva condannato i vertici di Cosa Nostra, sia nel processo Chinnici sia in quello Basile; “ammansire” con un'uccisione eclatante gli altri magistrati giudicanti allora impegnati in importanti processi di mafia; "prevenire" la probabile nomina di Saetta a Presidente dell'appello del Maxiprocesso.
 
 


[[Categoria:Magistrati]]
[[Categoria:Magistrati]]