Strage di Gioia Tauro: differenze tra le versioni

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Lauro inizialmente fa il nome di Vito Silverini detto “Ciccio il biondo” neofascista, come esecutore della strage: secondo le dichiarazioni, infatti, a confidare i retroscena del disastro ferroviario a Lauro è lo stesso Silverini, conosciuto in carcere –nella cella numero 10 del carcere di Reggio Calabria- nel 1979; ancora, si scopre che dietro il deragliamento della freccia del Sud c’è il Comitato d’azione per Reggio capoluogo e che a sistemare il materiale esplosivo sulle rotaie è lo stesso Silverini con l’aiuto di Vincenzo Caracciolo – quest’ultimo mette a disposizione la propria moto Ape per il trasporto dell’ordigno -  che fanno esplodere ancor prima dell’arrivo del convoglio ferroviario <ref>Tolto il segreto sulla strage di Gioia Tauro. Il Quotidiano della Calabria, 23 aprile 2014</ref>.
Lauro inizialmente fa il nome di Vito Silverini detto “Ciccio il biondo” neofascista, come esecutore della strage: secondo le dichiarazioni, infatti, a confidare i retroscena del disastro ferroviario a Lauro è lo stesso Silverini, conosciuto in carcere –nella cella numero 10 del carcere di Reggio Calabria- nel 1979; ancora, si scopre che dietro il deragliamento della freccia del Sud c’è il Comitato d’azione per Reggio capoluogo e che a sistemare il materiale esplosivo sulle rotaie è lo stesso Silverini con l’aiuto di Vincenzo Caracciolo – quest’ultimo mette a disposizione la propria moto Ape per il trasporto dell’ordigno -  che fanno esplodere ancor prima dell’arrivo del convoglio ferroviario <ref>Tolto il segreto sulla strage di Gioia Tauro. Il Quotidiano della Calabria, 23 aprile 2014</ref>.


Nel 1994 Lauro rende noto un’ulteriore particolare della strage di Gioia Tauro: confessa, infatti, di averne preso parte, procurando l’esplosivo a Vincenzo Caracciolo, Giovanni Moro e Silverini Vito, e ricevendo un pagamento in denaro per conto del Comitato d’azione per Reggio capoluogo.
Nel 1994 Lauro rende noto un’ulteriore particolare della strage di Gioia Tauro: confessa, infatti, di averne preso parte, procurando l’esplosivo a Vincenzo Caracciolo, Giovanni Moro e Silverini Vito, e ricevendo un pagamento in denaro per conto del Comitato d’azione per Reggio capoluogo.  
A convalidare le dichiarazioni di Lauro è la testimonianza fatta da un altro pentito, Dominici Carmine, nel novembre del 1993.
A convalidare le dichiarazioni di Lauro è la testimonianza fatta da un altro pentito, Dominici Carmine, nel novembre del 1993.
A seguito delle nuove testimonianze e delle informazioni raccolte vengono considerati mandanti della strage di Gioia Tauro: Caracciolo Vincenzo, Moro Giovanni,  Silverini Vito.  
A seguito delle nuove testimonianze e delle informazioni raccolte vengono considerati mandanti della strage di Gioia Tauro: Caracciolo Vincenzo, Moro Giovanni,  Silverini Vito.  
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==La strage dei cinque ragazzi della “Baracca”==
==La strage dei cinque ragazzi della “Baracca”==


Arciò Gianni (22 anni), Casile Angelo (20 anni), Scordo Franco (18 anni) di Reggio Calabria insieme a Lo Celso Luigi (26 anni) di Cosenza e Annelise Borth (18 anni), tedesca e fidanzata di Scordo, vengono ricordati come i ragazzi della “Baracca”, rimasti uccisi in uno strano incidente stradale il 27 settembre del 1970.
[[Gianni Aricò|Aricò Gianni]] (22 anni), [[Angelo Casile|Casile Angelo]] (20 anni), [[Franco Scordo|Scordo Franco]] (18 anni) di Reggio Calabria insieme a [[Luigi Lo Celso|Lo Celso Luigi]] (26 anni) di Cosenza e [[Annalise Borth]] (18 anni), tedesca e fidanzata di Scordo, vengono ricordati come i ragazzi della “Baracca”, rimasti uccisi in uno strano incidente stradale il 27 settembre del 1970.


I cinque ragazzi, tutti ventenni, si fanno largo tra le file dei movimenti anarchici degli anni ’70 e subito dopo la strage di Gioia Tauro sono tra quei pochi a non lasciarsi convincere dalla spiegazione divulgata alla fine delle indagini sul deragliamento, ovvero l’incidente casuale.
I cinque ragazzi, tutti ventenni, si fanno largo tra le file dei movimenti anarchici degli anni ’70 e subito dopo la strage di Gioia Tauro sono tra quei pochi a non lasciarsi convincere dalla spiegazione divulgata alla fine delle indagini sul deragliamento, ovvero l’incidente casuale.  
Il gruppo di ragazzi decide di raccogliere maggiori informazioni sul caso e quindi portare avanti una sorta di controinformazione sulla tragedia ferroviaria, incontrandosi abitualmente presso “la Baracca”, una vecchia casa.
Il gruppo di ragazzi decide di raccogliere maggiori informazioni sul caso e quindi portare avanti una sorta di controinformazione sulla tragedia ferroviaria, incontrandosi abitualmente presso “la Baracca”, una vecchia casa.


«Abbiamo scoperto cose che faranno tremare l’Italia» queste le parole di Arciò alla madre in riferimento all'inchiesta raccolta con gli amici; il 6 settembre 1970, le stesse informazioni giungono a Roma, presso la sede operativa degli anarchici.
«Abbiamo scoperto cose che faranno tremare l’Italia» queste le parole di Arciò alla madre in riferimento all'inchiesta raccolta con gli amici; il 6 settembre 1970, le stesse informazioni giungono a Roma, presso la sede operativa degli anarchici.


Il 27 settembre i cinque ragazzi sono coinvolti in un incidente stradale con un autotreno. Arciò, Casile e Lo Celso muoiono sul colpo, Scordo dopo ventiquattro ore mentre  la giovane Borth resta in coma profondo per venti giorni prima di morire <ref>Cinque anarchici morti e una strage. Scoprirono la verità, li uccisero. La Repubblica, 10 aprile 2001</ref>.  
Il 27 settembre i cinque ragazzi sono coinvolti in un incidente stradale con un autotreno. Aricò, Casile e Lo Celso muoiono sul colpo, Scordo dopo ventiquattro ore mentre  la giovane Borth resta in coma profondo per venti giorni prima di morire <ref>Cinque anarchici morti e una strage. Scoprirono la verità, li uccisero. La Repubblica, 10 aprile 2001</ref>.  


Le indagini sul caso terminano molto velocemente e alla morte dei cinque ragazzi della “Baracca” non si darà mai una risposta. Allo stesso modo, del dossier raccolto non si avranno mai testimonianze in quanto una copia inviata per posta alla Fai di Roma non è mai giunta mentre la copia originale è sparita all’interno della Mini Morris con a bordo i giovani anarchici del Sud.
Le indagini sul caso terminano molto velocemente e alla morte dei cinque ragazzi della “Baracca” non si darà mai una risposta. Allo stesso modo, del dossier raccolto non si avranno mai testimonianze in quanto una copia inviata per posta alla Fai di Roma non è mai giunta mentre la copia originale è sparita all’interno della Mini Morris con a bordo i giovani anarchici del Sud.
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