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'''Felicia Bartolotta Impastato''' (Cinisi, [[24 maggio]] [[1916]] – Cinisi, [[7 dicembre]] [[2004]]), è stata un'attivista antimafia, famosa per la sua strenua lotta per far riconoscere come vittima di mafia suo figlio, [[Peppino Impastato]], ucciso da [[Cosa Nostra]] il [[9 maggio]] [[1978]]. | '''Felicia Bartolotta Impastato''' (Cinisi, [[24 maggio]] [[1916]] – Cinisi, [[7 dicembre]] [[2004]]), è stata un'attivista [[antimafia]], famosa per la sua strenua lotta per far riconoscere come vittima di mafia suo figlio, [[Peppino Impastato]], ucciso da [[Cosa Nostra]] il [[9 maggio]] [[1978]]. | ||
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Quando, otto mesi prima della morte di Peppino, morì in un tragico incidente anche Luigi (per lei un omicidio camuffato), Felicia capì che anche il figlio era in pericolo: Luigi andava infatti ripetendo che finché era in vita lui, nessuno avrebbe torto un capello a Peppino. Senza di lui, le cose erano più facili. | Quando, otto mesi prima della morte di Peppino, morì in un tragico incidente anche Luigi (per lei un omicidio camuffato), Felicia capì che anche il figlio era in pericolo: Luigi andava infatti ripetendo che finché era in vita lui, nessuno avrebbe torto un capello a Peppino. Senza di lui, le cose erano più facili. | ||
E infatti, la mattina del 9 maggio 1978, il cadavere in pezzi di Peppino venne trovato sui binari della ferrovia e venne fatto passare come un attentato finito male. Felicia, dopo alcuni giorni di smarrimento, decise di costituirsi parte civile, rompendo con i parenti mafiosi del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla polizia e tanto meno di parlare con i giornalisti. Al contrario, negli anni della sua lotta per avere verità e giustizia per il figlio, Felicia aprì la sua casa a tutti coloro che volevano conoscere la storia del figlio: «''Mi piace parlarci, perché la cosa di mio figlio si allarga, capiscono che cosa significa la mafia. E ne vengono, e con tanto piacere per quelli che vengono! Loro si immaginano: ‘Questa è siciliana e tiene la bocca chiusa’. Invece no. Io devo difendere mio figlio, politicamente, lo devo difendere. Mio figlio non era un terrorista. Lottava per cose giuste e precise''«. Un figlio che: «''... glielo diceva in faccia a suo padre: ‘Mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto... Fanno abusi, si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro’... Si fece ammazzare per non sopportare tutto questo''».<ref>Citato in "Enciclopedia delle donne"</ref> | E infatti, la mattina del 9 maggio 1978, il cadavere in pezzi di Peppino venne trovato sui binari della ferrovia e venne fatto passare come un attentato finito male. Felicia, dopo alcuni giorni di smarrimento, decise di costituirsi parte civile, rompendo con i parenti mafiosi del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla polizia e tanto meno di parlare con i giornalisti. Al contrario, negli anni della sua lotta per avere verità e giustizia per il figlio, Felicia aprì la sua casa a tutti coloro che volevano conoscere la storia del figlio: <blockquote>«''Mi piace parlarci, perché la cosa di mio figlio si allarga, capiscono che cosa significa la mafia. E ne vengono, e con tanto piacere per quelli che vengono! Loro si immaginano: ‘Questa è siciliana e tiene la bocca chiusa’. Invece no. Io devo difendere mio figlio, politicamente, lo devo difendere. Mio figlio non era un terrorista. Lottava per cose giuste e precise''«. Un figlio che: «''... glielo diceva in faccia a suo padre: ‘Mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto... Fanno abusi, si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro’... Si fece ammazzare per non sopportare tutto questo''».<ref>Citato in "Enciclopedia delle donne"</ref></blockquote>Nonostante le delusioni, Felicia tenne duro e nel 2001 ottenne la condanna di Gaetano Badalamenti all'ergastolo e del suo vice, Vito Palazzolo, a 30 anni di reclusione. Già nel 1999 la Commissione Parlamentare Antimafia aveva messo nero e su bianco in una relazione le responsabilità delle forze dell'ordine nel depistaggio delle indagini, poi pubblicata in un libro<ref>Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Relazione della Commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006, Editori Riuniti University Press, Roma 2012</ref>. | ||
Nonostante le delusioni, Felicia tenne duro e nel 2001 ottenne la condanna di Gaetano Badalamenti all'ergastolo e del suo vice, Vito Palazzolo, a 30 anni di reclusione. Già nel 1999 la Commissione Parlamentare Antimafia aveva messo nero e su bianco in una relazione le responsabilità delle forze dell'ordine nel depistaggio delle indagini, poi pubblicata in un libro<ref>Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Relazione della Commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006, Editori Riuniti University Press, Roma 2012</ref>. | |||
Negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla memoria di suo figlio, accogliendo nella sua casa centinaia di giovani ogni mese. Giovani ai quali raccomandava: «''Tenete alta la testa e la schiena dritta''». Morì il 7 dicembre 2004 in quella casa, a Cinisi. | Negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla memoria di suo figlio, accogliendo nella sua casa centinaia di giovani ogni mese. Giovani ai quali raccomandava: «''Tenete alta la testa e la schiena dritta''». Morì il 7 dicembre 2004 in quella casa, a Cinisi. | ||
== | == Note== | ||
<references></references> | |||
== | ==Bibliografia== | ||
*Felicia Bartolotta Impastato, ''La mafia in casa mia'', Palermo, La Luna, 2003 | |||
*Anna Puglisi, ''Felicia Bartolotta Impastato'', in ''Siciliane. Dizionario Biografico'', a cura di Mariella Fiume, Emanuele Romeo Editore, Siracusa, 2006 | |||
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