Carlo Alberto dalla Chiesa: differenze tra le versioni

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<center>''Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia.'' </center>
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=== La nomina a prefetto di Palermo ===
=== La nomina a prefetto di Palermo ===
A causa della [[Seconda Guerra di Mafia]], nel 1982 l'emergenza criminale a Palermo era tale che a marzo il Ministro Rognoni comunicò a dalla Chiesa la sua intenzione di nominarlo Prefetto della città. Il Generale accettò l'incarico, anche per via della promessa di poteri eccezionali nel contrasto alla mafia. All’inizio del mese di Aprile il generale scrisse al presidente del Consiglio Spadolini che la corrente democristiana siciliana facente capo ad Andreotti sarebbe stata la "famiglia politica" più inquinata da contaminazioni mafiose. Il 30 aprile Cosa Nostra uccise [[Pio La Torre]], segretario regionale e deputato del PCI, e Rosario Di Salvo, suo compagno di partito.
A causa della [[Seconda Guerra di Mafia]], nel 1982 l'emergenza criminale a Palermo era tale che a marzo il Ministro [[Virginio Rognoni|Rognoni]] comunicò a dalla Chiesa la sua intenzione di nominarlo Prefetto della città. Il Generale accettò l'incarico, anche per via della promessa di poteri eccezionali nel contrasto alla mafia. All’inizio del mese di aprile il generale scrisse al presidente del Consiglio Spadolini che la corrente democristiana siciliana facente capo ad Andreotti sarebbe stata la "famiglia politica" più inquinata da contaminazioni mafiose. Il 30 aprile Cosa Nostra uccise [[Pio La Torre]], segretario regionale e deputato del PCI, e Rosario Di Salvo, suo compagno di partito.


L’arrivo a Palermo di dalla Chiesa avviene in un momento complicato: l’omicidio La Torre è appena avvenuto e la città è travolta da una nuova guerra di mafia, i poteri promessi dal ministro sono nulli, non ci sono mezzi, né tantomeno persone. Nonostante ciò il Prefetto riesce a farsi accettare dalla popolazione e ne cerca la collaborazione: parla con gli studenti, incontra gli operai del porto e dei cantieri, si fa vedere a sorpresa tra la gente.
L’arrivo a Palermo di dalla Chiesa avvenne in un momento complicato: l’omicidio La Torre appena avvenuto e la città travolta da una nuova guerra di mafia, i poteri promessi dal ministro furono nulli, niente mezzi, né persone. Nonostante ciò il Prefetto riuscì a farsi accettare dalla popolazione e ne cercò la collaborazione: parlò con gli studenti, incontrò gli operai del porto e dei cantieri, si fece vedere a sorpresa tra la gente.
Intanto continua a chiedere i mezzi e i poteri necessari per combattere la mafia, ma nonostante la mancanza di questi riesce a ottenere delle conquiste sul piano investigativo: con due blitz a Villagrazia e in via Messina Marine interrompe un summit dei corleonesi e scopre una raffineria di eroina.
Nel frattempo continuò a chiedere i mezzi e i poteri necessari per combattere la mafia. Nonostante la mancanza di questi riuscì comunque a ottenere delle conquiste sul piano investigativo: con due blitz a Villagrazia e in via Messina Marine interruppe un summit dei corleonesi e scoprì una raffineria di eroina.


Nel giugno 1982 viene pubblicato il “rapporto dei 162”: una nuova mappa del potere mafioso a Palermo, che darà origine a 87 mandati di cattura e 18 arresti, evidenziando anche le commistioni tra mafia e politica.
Nel giugno 1982 venne pubblicato il “rapporto dei 162”: una nuova mappa del potere mafioso a Palermo, che diede origine a 87 mandati di cattura e 18 arresti, evidenziando anche le commistioni tra mafia e politica.




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[[File:Lapide-dalla-chiesa.jpg|miniatura|La lapide posta in via Isidoro Carini in ricordo delle vittime]]
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=== I funerali ===
I funerali vennero celebrati alle 3 del pomeriggio del giorno seguente, alla chiesa di San Domenico.  Neanche 18 ore dopo la strage.
La figlia Rita dalla Chiesa pretese che le corone di fiori inviate da Mario D'Acquisto, Presidente della Regione Siciliana (che a suo tempo polemizzò con il prefetto), fossero tolte. Volle che sul feretro del Generale fossero deposti solo il tricolore, la sciabola e il berretto.
L'omelia del Cardinale Pappalardo fu, a detta del figlio [[Nando dalla Chiesa|Nando dalla Chiesa]] "una frustata per tutti": ''«Si sta sviluppando - e ne siamo tutti costernati spettatori - una catena di violenza e di vendette tanto più impressionanti perchè, mentre così lente ed incerte appaiono le mosse e le indecisioni di chi deve provvedere alla sicurezza e al bene di tutti, siano privati cittadini che funzionari dello Stato medesimo, quanto mai decisive invece, tempestive e scattanti sono le azioni di chi ha mente, volontà e braccio pronti a colpire. Sovviene e si può applicare una nota frase della letteratura latina, di Sallustio mi pare, nel De bello jugurtino: "Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur"; mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di sagunto viene espugnata dai nemici!. Povera la nostra Palermo! Come difenderla?»''
All'uscita dalla chiesa una folla inferocita sommerse di fischi, sputi, monetine e persino bottiglie i membri del governo presenti. Solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne risparmiato e solamente a lui il cardinale Pappalardo strinse la mano.


== Onoreficenze ==
== Onoreficenze ==

Versione delle 17:35, 2 set 2016


Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia.
(Carlo Alberto dalla Chiesa)

Carlo Alberto dalla Chiesa (Saluzzo, 27 settembre 1920 – Palermo, 3 settembre 1982) è stato un generale e prefetto italiano. Fondò il Nucleo Speciale Antiterrorismo e fu Vice Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri. Fu ucciso da Cosa Nostra, pochi mesi dopo la sua nomina a Prefetto di Palermo, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente Domenico Russo.

Carlo Alberto dalla Chiesa

Biografia

Primi anni e l'ingresso nell'arma dei Carabinieri

Carlo Alberto dalla Chiesa nacque a Saluzzo, in provincia di Cuneo, il 27 settembre 1920. Figlio di carabiniere, il padre Romano fu nominato nel 1955 vice-comandante generale dell’Arma. Nel 1941 partecipò alla guerra in Montenegro con il grado di sottotenente e divenne ufficiale di complemento di fanteria nel 1942. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale entrò a far parte dell’Arma dei Carabinieri.

Nella Resistenza partigiana

Venne mandato a comandare la tenenza di San Benedetto del Tronto, luogo dove rimase fino al momento della caduta del Fascismo, finché non venne inserito nella lista nera dei nazisti a causa della sua volontà di non collaborare. Nell’estate del 1943, dopo la firma dell’armistizio, decise di entrare nella Resistenza nel territorio delle Marche dove organizzò i gruppi partigiani contro i tedeschi e divenne responsabile delle trasmissioni radio clandestine.

La Carriera nel Dopoguerra

Al termine della guerra venne promosso al grado di Capitano e inviato a comandare una tenenza a Bari, luogo dove conseguì le lauree in Giurisprudenza e in Scienze Politiche. Sempre a Bari incontrò Dora Fabbo, che sposò nel 1946.

Successivamente venne inviato in Campania, precisamente a Casoria, dove si occupò di lotta al banditismo; in questo periodo nacque la prima figlia, Rita. Nel 1949 venne inviato in Sicilia al Comando Forze Repressione Banditismo, guidato dal colonnello Ugo Luca. Divenne comandante del gruppo “squadriglia di Corleone” e qui partecipò alle indagini riguardanti l’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, incriminando il mafioso Luciano Liggio, braccio destro di Michele Navarra.

Nel novembre 1949 nasce a Firenze il figlio Nando e nell'ottobre 1952, sempre a Firenze, nasce la figlia Simona.

Tra il 1952 e il 1966 ricoprì vari incarichi di comando tra Lombardia, Lazio e Piemonte, in particolare nel 1964 entrò a far parte del nucleo di polizia giudiziaria presso la Corte d’appello di Milano.

Il dossier dei 114 e la lotta a Cosa Nostra

Dal 1966 al 1973 tornò in Sicilia e, con il grado di colonnello, guidò la Legione Carabinieri di Palermo, dove iniziò una serie di indagini su Cosa Nostra che portò al “Dossier dei 114”: il dossier illustrò la nuova mappa del potere criminale a Palermo e permise di iniziare a far luce sulle commistioni tra mafia e politica. Grazie al dossier vennero assicurati alla giustizia 76 boss mafiosi, tra cui Gerlando Alberti e Frank Coppola. La particolare innovazione voluta da Dalla Chiesa fu quella di modificare le destinazioni di confino dei boss malavitosi: non più i piccoli comuni del nord Italia, bensì le isole di Linosa, Asinara e Lampedusa.

Nel gennaio 1968 intervenne con i suoi reparti in soccorso alle popolazioni colpite dal sisma del Belice, azione che gli valse una medaglia di bronzo al Valor Civile per la partecipazione “in prima linea” alle operazioni e la cittadinanza onoraria delle città di Gibellina e di Montevago.

Nel 1970 si trova ad indagare sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, che poco prima di sparire aveva fatto intendere di essere in possesso di materiale rilevante riguardo il caso Mattei. Le indagini a riguardo furono svolte in collaborazione con la Polizia di Stato e sotto la direzione di Boris Giuliano, commissario che venne successivamente ucciso da Cosa Nostra. Nel 1971 indagò anche sulla morte del procuratore Pietro Scaglione.

Il trasferimento al Nord e la lotta al terrorismo

Nel 1973 Dalla Chiesa venne promosso al grado di generale di brigata e venne trasferito a Torino alla guida della Legione militare del Nord-Ovest con competenza su Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Qui decise di creare una struttura organica antiterrorismo, reclutando una decina di ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. Grazie agli sforzi del nucleo antiterrorismo e all'idea di Dalla Chiesa di infiltrare uomini dell'Arma nell'organizzazione, nel settembre 1974 a Pinerolo furono arrestati Renato Curcio e Alberto Franceschini, esponenti di spicco delle Brigate Rosse. Nonostante i successi, nel 1976 il nucleo venne sciolto.

Nel 1977 venne nominato Coordinatore del Servizio di Sicurezza degli Istituti di Prevenzione e Pena, nomina che fu vissuta come una sorta di “allontanamento” sia dallo stesso Dalla Chiesa che dagli opinionisti dell'epoca.

Il 19 febbraio 1978 morì a Torino la moglie Dora, colpita da un infarto in casa dopo aver appreso dalla televisione di un attentato terroristico, nel quale era ipotizzato il coinvolgimento del marito.

Il 9 agosto 1978 il Governo gli riconobbe dei poteri speciali come Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti informativi per la lotta al terrorismo, un reparto del Ministero degli Interni, ai diretti ordini del Ministro Rognoni, che doveva occuparsi di ricercare i responsabili dell’assassinio di Aldo Moro (avvenuto nel maggio 1978). Fu proprio grazie alle pressioni di Dalla Chiesa al Governo che in quel periodo venne formalizzata la figura giuridica del pentito.

Dal dicembre 1979 al dicembre 1981 comandò la divisione Pastrengo a Milano.

Il 16 dicembre 1981 venne promosso alla carica di Vice Comandante Generale dell’Arma, ruolo già ricoperto dal padre quasi trent'anni prima, a Roma. Venne però messo da parte dall'ambiente politico e militare, finendo a correggere i compiti degli allievi ufficiali.

Restò in carica fino al 5 maggio 1982 per essere quindi nominato Prefetto di Palermo.

La questione P2

Il 17 maggio 1981 venne scoperto l’elenco degli iscritti alla loggia P2, nella villa privata del Gran Maestro della Loggia, Licio Gelli. Nell’elenco compariva anche il fratello di Dalla Chiesa, Romolo, mentre tra i vari documenti venne rinvenuta una domanda di iscrizione dello stesso generale alla loggia, risalente a cinque anni prima, mai approvata.

Sulla questione, lo stesso Dalla Chiesa riferì ai magistrati Gherardo Colombo e Giuliano Turone, titolari dell'inchiesta, che nel 1976, subito dopo la chiusura del nucleo antiterrorismo, il Generale Franco Miglio gli propose di entrare a fare parte della loggia massonica e gli consegnò il modulo di iscrizione. Dopo questa conversazione Dalla Chiesa interpellò il Comandante Generale dell’Arma, il quale gli consigliò di accettare la proposta di Miglio e firmare il modulo. Dalla Chiesa riferì agli inquirenti di aver deciso di firmare la domanda per indagare sulla natura della Loggia. La domanda, comunque, non fu mai approvata.

La nomina a prefetto di Palermo

A causa della Seconda Guerra di Mafia, nel 1982 l'emergenza criminale a Palermo era tale che a marzo il Ministro Rognoni comunicò a dalla Chiesa la sua intenzione di nominarlo Prefetto della città. Il Generale accettò l'incarico, anche per via della promessa di poteri eccezionali nel contrasto alla mafia. All’inizio del mese di aprile il generale scrisse al presidente del Consiglio Spadolini che la corrente democristiana siciliana facente capo ad Andreotti sarebbe stata la "famiglia politica" più inquinata da contaminazioni mafiose. Il 30 aprile Cosa Nostra uccise Pio La Torre, segretario regionale e deputato del PCI, e Rosario Di Salvo, suo compagno di partito.

L’arrivo a Palermo di dalla Chiesa avvenne in un momento complicato: l’omicidio La Torre appena avvenuto e la città travolta da una nuova guerra di mafia, i poteri promessi dal ministro furono nulli, niente mezzi, né persone. Nonostante ciò il Prefetto riuscì a farsi accettare dalla popolazione e ne cercò la collaborazione: parlò con gli studenti, incontrò gli operai del porto e dei cantieri, si fece vedere a sorpresa tra la gente. Nel frattempo continuò a chiedere i mezzi e i poteri necessari per combattere la mafia. Nonostante la mancanza di questi riuscì comunque a ottenere delle conquiste sul piano investigativo: con due blitz a Villagrazia e in via Messina Marine interruppe un summit dei corleonesi e scoprì una raffineria di eroina.

Nel giugno 1982 venne pubblicato il “rapporto dei 162”: una nuova mappa del potere mafioso a Palermo, che diede origine a 87 mandati di cattura e 18 arresti, evidenziando anche le commistioni tra mafia e politica.


L'omicidio

Vedi Strage di via Carini

La lapide posta in via Isidoro Carini in ricordo delle vittime


I funerali

I funerali vennero celebrati alle 3 del pomeriggio del giorno seguente, alla chiesa di San Domenico. Neanche 18 ore dopo la strage.

La figlia Rita dalla Chiesa pretese che le corone di fiori inviate da Mario D'Acquisto, Presidente della Regione Siciliana (che a suo tempo polemizzò con il prefetto), fossero tolte. Volle che sul feretro del Generale fossero deposti solo il tricolore, la sciabola e il berretto.

L'omelia del Cardinale Pappalardo fu, a detta del figlio Nando dalla Chiesa "una frustata per tutti": «Si sta sviluppando - e ne siamo tutti costernati spettatori - una catena di violenza e di vendette tanto più impressionanti perchè, mentre così lente ed incerte appaiono le mosse e le indecisioni di chi deve provvedere alla sicurezza e al bene di tutti, siano privati cittadini che funzionari dello Stato medesimo, quanto mai decisive invece, tempestive e scattanti sono le azioni di chi ha mente, volontà e braccio pronti a colpire. Sovviene e si può applicare una nota frase della letteratura latina, di Sallustio mi pare, nel De bello jugurtino: "Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur"; mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di sagunto viene espugnata dai nemici!. Povera la nostra Palermo! Come difenderla?»

All'uscita dalla chiesa una folla inferocita sommerse di fischi, sputi, monetine e persino bottiglie i membri del governo presenti. Solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne risparmiato e solamente a lui il cardinale Pappalardo strinse la mano.

Onoreficenze

  • Due Croci di Guerra;
  • 3 campagne di guerra;
  • Medaglia di Benemerenza Volontari della II Guerra Mondiale;
  • Distintivo di Volontario della Guerra di Liberazione;
  • Medaglia d'Argento al Valor Militare

«Durante nove mesi di lotta contro il banditismo in Sicilia cui partecipava volontario, dirigeva complesse indagini e capeggiava rischiosi servizi, riuscendo dopo lunga, intensa ed estenuante azione a scompaginare ed a debellare numerosi agguerriti nuclei di malfattori responsabili di gravissimi delitti. Successivamente, scovati i rifugi dei più pericolosi, col concorso di pochi dipendenti, riusciva con azione rischiosa e decisa a catturarne alcuni e ad ucciderne altri in violento conflitto a fuoco nel corso del quale offriva costante esempio di coraggio.» — Sicilia Occidentale, settembre 1949 - giugno 1950.

  • Medaglia di Bronzo al Valor Civile

«Comandante di Legione territoriale accorreva, in occasione di un disastroso movimento sismico, nei centri maggiormente colpiti, prodigandosi per avviare, dirigere e coordinare le complesse e rischiose operazioni di soccorso alle popolazioni. Malgrado ulteriori scosse telluriche, persisteva nella propria infaticabile opera, offrendo nobile esempio di elevate virtù civiche e di attaccamento al dovere.» — Sicilia Occidentale, gennaio 1968.

  • Distintivo per ferite in servizio;
  • 20 Encomi Solenni;
  • Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana;
  • Medaglia Mauriziana;
  • Medaglia d'Oro di Lungo Comando;
  • Croce d'Oro per anzianità di servizio;
  • Medaglia d'Oro al Valor Civile

«Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l'incarico, come Prefetto della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato Democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell'odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere. Palermo, 3 settembre 1982.» — 13 dicembre 1982

  • Croce di Grande Ufficiale dell'Ordine Militare d'Italia

«Ufficiale Generale dell'Arma dei Carabinieri, già postosi in particolare evidenza per le molteplici benemerenze acquisite nella lotta per la resistenza e contro la delinquenza organizzata, in un arco di nove anni ed in più incarichi – ad alcuno dei quali chiamato direttamente dalla fiducia del Governo – ideava, organizzava e conduceva, con eccezionale capacità, straordinario ardimento, altissimo valore e supremo sprezzo del pericolo una serie ininterrotta di operazioni contro la criminalità eversiva. Le sue eccelse doti di comandante, la genialità delle concezioni operative, l'infaticabile tenacia, in momenti particolarmente travagliati della vita del Paese e di grave pericolo per le istituzioni, concorrevano in modo rilevante alla disarticolazione delle più agguerrite ed efferate organizzazioni terroristiche, meritandogli l'unanime riconoscimento della collettività nazionale. Cadeva a Palermo, proditoriamente ucciso, immolando la sua esemplare vita di Ufficiale e di fedele servitore dello Stato. Territorio Nazionale 1º ottobre 1973 – 5 maggio 1982.» — 17 maggio 1983

Per saperne di più

Libri

  • Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la società italiana, Nando dalla Chiesa, Mondadori, 1984
  • Morte di un generale. Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso da un complotto stato-mafia, Benito Li Vigni, Sovera Edizioni, 2014
  • A Palermo per morire. I cento giorni che condannarono il generale Dalla Chiesa, Luciano Mirone, Castelvecchi, 2012
  • Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e le Brigate rosse, Stefano Pais, Stango, 2015
  • La scelta del sovrano giusto. Una favola sul generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Piccione Annamaria, Verbavolant, 2015
  • Tutti gli uomini del generale. La storia inedita della lotta al terrorismo, Fabiola Paterniti, Melampo, 2015

Televisione

Cinema

Note

Bibliografia

  • Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la società italiana, Nando dalla Chiesa, Mondadori, 1984

Sitografia