Giuseppe Diana

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«Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare».
(Don Peppe Diana)


Giuseppe Diana, meglio conosciuto come Don Peppe Diana (Casal di Principe, 4 luglio 1958 – Casal di Principe, 19 marzo 1994), è stato un sacerdote italiano, assassinato dalla Camorra per il suo impegno antimafia.

Don Peppe Diana

Biografia

Giuseppe Diana nacque a Casal di Principe, comune dell’entroterra agro-aversano, in provincia di Caserta. Finiti gli studi elementari presso l’Istituto delle suore di Sant’Anna, entrò nel 1968 nel Seminario vescovile di Aversa. Prese la maturità classica nel ’76 e subito dopo venne ammesso alla Facoltà di Teologia di Posillipo. Contemporaneamente, si iscrisse alla facoltà di filosofia presso l'Università Federico II di Napoli. Nel 1978 entrò nell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI), come caporeparto.

Venne ordinato diacono a ventitre anni, il 25 aprile 1981 e nello stesso anno ottenne il Baccellierato Canonico in Teologia. Venne ordinato sacerdote un anno più tardi, il 14 marzo 1982 . Il 19 settembre 1989 gli venne assegnata la parrocchia di San Nicola di Bari, a Casale. Subito dopo iniziò l’attività di segreteria accanto a Giovanni Gazza, vescovo di Acerra. Iniziò ad insegnare inoltre materie letterarie presso il liceo paritario del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l'Istituto Professionale Alberghiero di Aversa.

L'omicidio

Alle 7.20 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, Giuseppe Diana venne assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, poco prima di celebrare la santa messa. Il killer sparò cinque colpi di pistola (due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo), uccidendo il parroco all'istante. L'omicidio, che rispettava la simbologia degli omicidi di Camorra, fece scalpore in tutta Italia. L'allora Pontefice, Giovanni Paolo II, lo ricordò durante l'Angelus del 20 marzo 1994:

«Sento il bisogno di esprimere ancora una volta il vivo dolore in me suscitato dalla notizia dell’uccisione di don Giuseppe Diana, parroco della diocesi di Aversa, colpito da spietati assassini mentre si preparava a celebrare la santa messa. Nel deplorare questo nuovo efferato crimine, vi invito a unirvi a me nella preghiera di suffragio per l’anima del generoso sacerdote, impegnato nel servizio pastorale alla sua gente. Voglia il Signore far sì che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra, produca frutti di piena conversione, di operosa concordia, di solidarietà e di pace. Don Giuseppe Diana ha condiviso con il sangue il sacrificio di Cristo Redentore.»

Ai funerali parteciparono circa ventimila persone e alle finestre furono stese lenzuola bianche.

Il processo

Il movente del delitto è tuttora incerto, ma rimane indiscussa la matrice mafiosa. Sin dalle prime fasi delle indagini, si tentò di infangare il nome di Peppe Diana, come da prassi in ogni omicidio di mafia, accusandolo di essere un noto frequentatore di prostitute, pedofilo, nonché custode delle armi destinate ad uccidere il procuratore Cordova.[1] Il gesto più eclatante di quella che in tempi recenti è stata definita "macchina del fango" fu quello del Corriere di Caserta, che titolò in prima pagina "Don Diana era un camorrista" e dopo pochi giorni "Don Diana a letto con due donne", descrivendolo quindi non come vittima della camorra bensì come appartenente ai clan.[2]

Fondamentale è stato, nel dibattito processuale, il contributo di Augusto di Meo, fotografo e amico del sacerdote, testimone chiave nel processo insieme al sagrestano Iaunese. Nunzio De Falco fu condannato come mandante dell'omicidio, mentre Giuseppe Quadrano, divenuto nel frattempo collaboratore di giustizia, fu condannato il 4 marzo 2004 in via definitiva a 14 anni di reclusione come autore materiale dell'omicidio. Mario Santoro e Francesco Piacenti furono condannati all'ergastolo invece per aver ricoperto un ruolo nella pianificazione e nella commissione dell'omicidio.

Scrive la Cassazione: «Quella morte appariva come un gesto simbolico e dirompente che avrebbe dovuto accendere la guerra di mafia tra il clan dei casalesi e quello facente capo a De Falco. Una morte simbolica che contemporaneamente costituiva una vendetta personale di Quadrano e un obiettivo per l’intero gruppo facente capo a De Falco, un’affermazione di potere nel territorio di pertinenza degli Schiavone».

L'eredità: per amore del mio Popolo, io non tacerò

La sua eredità spirituale è racchiusa nel documento diffuso a Natale del 1991 da don Giuseppe Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, intitolato "Per amore del mio popolo non tacerò".

Siamo preoccupati

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che é la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

La Camorra

La Camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche

E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.

  • Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
  • Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
  • Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
  • Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)

Coscienti che “il nostro aiuto é nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che é la fonte della nostra Speranza. NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello

Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe” Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa; Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno” ».

Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO).

Per saperne di più

Televisione

Bibliografia

Sitografia

Note