Joe Adonis

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Joe Adonis, alias Giuseppe Antonio Doto (Montemarano, 22 novembre 1902 – Ancona, 26 novembre 1971), è stato un potente mafioso italo-americano, affiliato alla Famiglia Genovese, una delle cinque famiglie di New York di Cosa Nostra americana.

Biografia

Primi anni

Nato a Montemarano, comune in provincia di Avellino che all'inizio del secolo contava 4mila abitanti[1], Giuseppe Doto lasciò l'Italia all'età di appena sei mesi con i genitori alla volta degli Stati Uniti d'America: qui la famiglia si trasferì prima a Passaic, nel New Jersey, e poi a New York, nel 1909, nel quartiere di Brooklyn. Qui il giovane Giuseppe iniziò a farsi notare prima come lustrascarpe, poi come strillone, ma per "arrotondare" si dava anche a piccoli furti. Fu in quegli anni che conobbe il futuro boss di Cosa Nostra americana Lucky Luciano e Settimo Accardi, passato alla storia come "Big Sam", il più grande trafficante di eroina degli anni '50, iniziando la sua carriera criminale dapprima nel campo delle commesse clandestine.

La leggenda vuole che l'origine del soprannome con cui fu noto al grande pubblico per tutta la vita fosse da attribuire a una giovane pin up degli Ziegfeld Follies, famosi spettacoli teatrali di moda a Broadway: la ragazza, cascandogli tra le braccia, lo guardò e disse: "Sei bello come un Adone"[2]. Da quel giorno fu noto come Joe Adonis.

Albori della carriera criminale

Negli anni '20, contrassegnati dal proibizionismo, Adonis, insieme a Luciano Meyer Lansky e Bugsy Siegel iniziò a contrabbandare ingenti quantitativi di alcolici per la comunità di Broadway. Bello e affascinante, teneva le "public relations" del gruppo criminale in seno all'alta società. In quegli anni iniziò il sodalizio criminale con un altro potente boss, Frank Costello, passato alla storia come "il ministro della malavita".

La guerra Castellamarese e il Sindacato Nazionale del Crimine

Negli anni della c.d. "Guerra Castellamarese", Adonis rimase al fianco di Luciano che dapprima si era schierato con Giuseppe "Joe the Boss" Masseria, a capo delle famiglie di origine napoletana, poi, quando la guerra volgeva a favore del rivale Salvatore Maranzano, che riuniva le famiglie siciliane principalmente provenienti dal Golfo di Castellammare in Sicilia, passò con quest'ultimo. Masseria, venuto a sapere del tradimento "segreto" di Luciano, chiese a Joe Adonis di eliminarlo, ma questi gli rimase fedele e avvertì il compare dei progetti di Masseria di eliminarlo.

Il 15 aprile 1931, quindi, Lucky Luciano invitò in un ristorante di Brooklyn, il Coney Island, Joe Masseria: durante il pranzo, Luciano andò in bagno e non appena fu sparito entrarono nel ristorante Adonis, Vito Genovese, Albert Anastasia e Bugsy Siegel che freddarono Masseria a colpi di mitra. La morte di Masseria sancì la fine della Guerra Castellamarese.

Per evitare ulteriori guerre, Maranzano venne eletto "capo dei capi" di Cosa nostra americana, in un vertice a cui presero parte i principali esponenti delle famiglie di New York. Maranzano, però, tentò di sbarazzarsi degli altri boss di Cosa Nostra americana "non siciliani", come Al Capone, così il 10 settembre 1931 fu ucciso nel suo ufficio di Manhattan.

Con la morte di Maranzano, Lucky Luciano ereditò il dominio sulle attività criminali della città di New York e questo portò Joe Adonis a compiere un notevole salto di qualità nella propria carriera criminale. Invece di farsi eleggere "capo dei capi", Luciano fondò la "Commissione", che avrebbe coordinato l'attività criminale di Cosa Nostra americana e dove i boss delle famiglie più potenti avrebbero avuto pari diritti, sia nel voto su questioni particolarmente importanti sia nella risoluzione delle dispute. Inizialmente l'organismo era formato dalle Cinque Famiglie di New York, dalla «Chicago Outfit» di Al Capone e dalla Famiglia di Buffalo del boss Stefano Magaddino. Contemporaneamente, Luciano fondò il "Sindacato Nazionale del Crimine", che univa famiglie italiane e non italiane e serviva come struttura di coordinamento a New York e in altre città americane per controllare il contrabbando di alcolici e stupefacenti, la prostituzione, il gioco d'azzardo, i sindacati dei lavoratori e l'industria dell'abbigliamento.

L'ascesa criminale nell'Olimpo del crimine

In breve tempo, Adonis e Luciano divennero i monopolisti nel contrabbando di alcolici, con un giro di affari di 12 milioni di dollari all'anno e più di 100 persone che a vario titolo erano coinvolte nell'indotto. Adonis si ritrovò ben presto a reinvestire l'enorme quantità di liquidi a disposizione in attività propriamente legali: arrivò a possedere una trentina tra bar, ristoranti e night club, oltre a diventare direttore dell'Automotive Conveying Corporation, la società che aveva il monopolio della distribuzione delle automobili della Ford prodotte nello stabilimento di Edgewater, nel New Jersey. Proprio qui comprò diverse concessionarie: i clienti, dopo aver comprato l'auto, venivano costretti ad assicurarsi, pagando un sovrapprezzo all'organizzazione. Adonis investì anche nel contrabbando di sigarette: dopo essersi inserito nel mercato delle macchinette automatiche che le distribuivano, le riempiva di sigarette di contrabbando. Famoso divenne poi il Joe's Italian Kitchen, il ristorante di Brooklyn che rappresentava il cuore del suo impero criminale.

A metà degli anni '30 Adonis era diventato uno dei boss di Cosa Nostra americana più ricchi e influenti di New York: diversi uomini politici e membri delle forze dell'ordine erano a libro paga del boss, che usava queste amicizie per favorire gli interessi della famiglia Luciano di cui faceva parte.

L'arresto di Lucky Luciano

Nel 1936 Luciano venne condannato a 30 anni di carcere e l'anno dopo, Vito Genovese, il secondo in capo, era fuggito in Italia per scampare a un arresto per omicidio. Benché Luciano continuasse a tenere le redini del potere dal carcere, Frank Costello ereditò la reggenza della famiglia.

Negli anni '40, a causa dell'attività del neo-sindaco di New York Fiorello La Guardia contro il gioco d'azzardo, Adonis fu costretto a trasferire le sue attività nel New Jersey, trasferendo anche la sua famiglia in una lussuosa villa a Fort Lee.

La Commissione Kefauver

Il 12 dicembre 1950 Adonis venne convocato di fronte la Commissione del Senato degli Stati Uniti, presieduta dal senatore Estes Kefauver, il quale disse di lui: "Se Albert Anastasia era il presidente dell'Anonima assassini, non c'è dubbio che Joe Adonis ne era il direttore generale! Quest'uomo ha le mani che grondano di sangue come forse nessun altro gangster in America"[3].

Nell'aprile 1953, durante una seduta della Commissione, Adonis scivolò su una domanda che permetterà all'FBI di espellerlo dagli USA: dopo aver risposto a diverse domande avvalendosi della formula prevista dalla Costituzione americana "rifiuto di rispondere alla domanda perché potrebbe incriminarmi", a quella "Lei dove è nato e qual è la sua nazionalità, Mister Doto?", rispose "Sono americano, sono nato a Passaic, nel New Jersey". L'FBI, che sa benissimo che è nato il 22 novembre a Montemarano, lo incriminò così per falsa testimonianza: il 6 agosto venne decisa la sua espulsione in Italia e tre giorni dopo venne rilasciato nel New Jersey.

Il 3 gennaio 1956 Adonis lasciò New York City e dodici giorni dopo arrivò a Genova. Da lì girò mezza Italia e molto probabilmente incontrò a Napoli Lucky Luciano.

La nuova vita in Italia

Adonis non perse tempo e sfruttò la sua presenza sulla penisola per rinsaldare i rapporti tra Cosa Nostra siciliana e Cosa Nostra americana, importando molti dei traffici avviati con successo negli USA in Italia, tra cui non solo le pietre preziose ma anche la droga. Il via libera, su quest'ultimo punto, ci fu grazie al Summit tenutosi al Grand Hotel Des et Palmes, tenutosi a Palermo tra il 12 e il 16 ottobre 1957 grazie ai buoni uffici di Lucky Luciano.

Nell'inverno 1958, Adonis si trasferì a Milano, in un appartamento in via Albricci 7, a poche centinaia di metri dal Duomo. Alla morte di Luciano, avvenuta il 26 gennaio 1962, divenne il più autorevole rappresentante delle famiglie di Cosa Nostra americana in Italia. Benché ufficialmente Adonis dichiarasse di essere un pensionato, in realtà dopo qualche tempo venne a galla il suo ruolo centrale di coordinamento di svariati traffici e personaggi legati al crimine organizzato non solo italiano: traffico di droga, soprattutto. Come attività di copertura e riciclaggio di denaro, acquisì la proprietà occulta della catena di supermercati Stella e fondò l'immobiliare Milbeton, aprendo la strada che nei decenni successivi sarebbe stata percorsa da diversi pezzi da novanta di Cosa Nostra.

In un rapporto del 1969 l'allora questore di Milano Ferruccio Allitto Bonanno scrisse di lui: "Non vi è attività lucrativa che non sia in un modo o nell'altro controllata dall'Adonis sulla base di una potente organizzazione internazionale, articolata in attività di copertura tese a frustrare ogni eventuale indagine di polizia.[4]"

Fu proprio tenendo d'occhio Adonis che gli inquirenti scoprirono che tra le varie relazioni sociali non vi erano uomini d'affari ma anche diversi personaggi dello spettacolo dell'epoca. Particolarmente noto è il caso di Tony Renis, che tra il 20 e il 21 febbraio 1971 si rivolse al boss affinché facesse tutto il possibile per fargli avere una parte secondaria nel film "Il Padrino", diretto da Francis Ford Coppola. Nonostante le conoscenze di Adonis, la richiesta, come è noto, non fu accolta e Renis non ottenne nessuna parte nel film.

Il confino a Serra de' Conti e la morte

Il 19 giugno 1971 i giudici del Tribunale di Milano diedero ragione al Questore e qualificarono Adonis come "persona particolarmente pericolosa" ed emettono un dispositivo di soggiorno obbligato a Serra de' Conti, in provincia di Ancona, della durata iniziale di quattro anni. Insediatosi nel borgo marchigiano il 14 luglio, il boss si integrò subito con la comunità locale e ricevette anche le visite della moglie e delle due figlie. In autunno, però, le sue condizioni di salute si aggravarono e, dopo quattro giorni di agonia, Joe Adonis morì il 26 novembre 1971 per insufficienza cardiorespiratoria, all'età di 69 anni.

Tre giorni dopo sua figlia Maria fece imbalsamare il corpo e lo riportò negli Stati Uniti.


Bibliografia

Note

  1. Censimento della Popolazione del Regno, Roma, 10 febbraio 1901
  2. Citato in Portanova, Rossi, Stefanoni, 2011, p.24
  3. Ibidem, p.25
  4. ibidem p.28