Legge Rognoni - La Torre

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La legge n. 646/1982, meglio conosciuta come legge Rognoni - La Torre, introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano. Fu approvata dal Parlamento italiano il 13 settembre 1982, a seguito dell'omicidio del segretario del Pci regionale Pio La Torre il 30 aprile 1982, e del prefetto di Palermo, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto il 3 settembre, nella Strage di Via Carini.

Virginio Rognoni
Pio La Torre

Storia

La legge si basa sulla proposta di legge presentata dall’on. Pio La Torre e su due decreti legge voluti del Ministro di Grazia e Giustizia, il Dc Virginio Rognoni:

  • Proposta di legge n. 1581, La Torre e altri: Norme di prevenzione e di repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una Commissione parlamentare permanente di vigilanza e controllo.
  • D.d.l. n. 2982 presentato dal Ministro dell’Interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida e Ministro delle Finanze Rino Formica: disposizioni in materia di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423

D.d.l. n. 3358 presentato dal Ministro dell’interno Virginio Rognoni, Ministro di Grazia e Giustizia Clelio Darida: disposizioni relative all’interpretazione autentica della legge 31 maggio 1965, n. 575


L'omicidio di Pio La Torre e dell'autista Rosario Di Salvo il 30 aprile 1982, insieme all'omicidio del Generale Dalla Chiesa diedero l'impulso all'immediata approvazione della legge.

Il 6 settembre 1982 infatti venne varato il D.L. n. 629, convertito con modificazioni, nella legge , n. 726 del 12 ottobre 1982 "Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa". La legge istituì l'Alto Commissariato per il coordinamento contro la delinquenza mafiosa. Il nuovo organo, alle dipendenze del Ministro dell'Interno, vennero attribuiti "Poteri di accesso e di accertamento presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici anche economici, le banche, gli istituti di credito pubblici e privati"[1]

La legge 646/82 varata il 13 settembre 1982 introdusse l'articolo 416-bis del Codice Penale. Il reato di "Associazione a delinquere di stampo mafioso" potenziò l'associazione a delinquere semplice (Art.416) che non sempre poteva avere efficacia nei confronti delle mafie, assai più complesse della semplice societas sceleris contemplata fino a quel momento nel codice penale.

La legge

L'associazione a delinquere di stampo mafioso

L’art. 1 dispone che «l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali»[2]

Misure di prevenzione patrimoniale: sequestro e confisca

L'art. 1.7 dispone che «Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego»[2]

Il Tribunale, anche d'ufficio, può ordinare con decreto motivato il sequestro dei beni appartento al soggetto nei confronti del quale è stato iniziato il procedimento di prevenzione perché accusato di appartenere all'associazione di stampo mafioso. I beni di cui dispone, direttamente o indirettamente, sulla base di indizi come il divario ingiustificabile tra il tenore di vita e l'entità dei redditi apparenti o dichiarati, possono essere sequestrati se si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il Tribunale applicando la misura di prevenzione, a norma degli articoli 2-ter e 3-bis della legge, dispone, rispettivamente, la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, la revoca del sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o la esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati al Procuratore generale presso la Corte di appello, al Procuratore della Repubblica e agli interessati.

Note

  1. Legge 726 del 12 ottobre 1982[1]
  2. 2,0 2,1 Legge 646 del 13 settembre 1982[2]