Mafie in Germania

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La mafia in Germania vuole che i tedeschi pensino che non esista. Non ha più bisogno di essere violenta. Può sedurre con il capitale
(Roberto Scarpinato, Procuratore Capo di Palermo)[1]


La Germania, pur essendo la prima potenza economica europea, non è stata affatto immune al processo di espansione e di colonizzazione delle organizzazioni mafiose italiane, in particolare della 'ndrangheta, nonostante venga rappresentata a livello comunitario come nazione da prendere ad esempio non solo sul fronte economico ma anche politico e morale.

Le tappe dell'espansione mafiosa in Germania

L'attuale e attiva presenza mafiosa in Germania, svelata agli occhi del mondo solamente nel 2007 a seguito del clamore suscitato dalla Strage di Duisburg, è il risultato di un lungo processo di colonizzazione che trova le sue origini a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta del Novecento, all'interno di un contesto storico di ricostruzione, apertura e dialogo tra gli Stati europei.

L'accordo bilaterale tra Repubblica Federale Tedesca e Repubblica Italiana del 1955

In particolare, nel 1955 venne stipulato un accordo bilaterale tra Repubblica Federale Tedesca e Repubblica Italiana[2] per agevolare l’arrivo di manodopera italiana in Germania, avendo quest’ultima raggiunto la piena occupazione e necessitando dunque di ulteriore forza lavoro. A ciò si aggiunse, nel 1957 la firma dei Trattati di Roma con la conseguente creazione del Mercato Europeo Comune.

Seguendo i flussi migratori dell'epoca, inizialmente in maniera del tutto casuale esattamente come avvenne nel Nord Italia, gli esponenti delle organizzazioni mafiose italiane si mimetizzarono tra i propri compaesani che andavano strutturandosi in comunità che ricalcavano i paesi e la lingua d'origine.

Mete principali furono le regioni occidentali della Germania, specialmente il Nordreno-Vestfalia, regione ricchissima di industrie e bacini minerari come quello della Ruhr e della florida economia sulle sponde del Reno, ma anche il Baden-Württemberg, l’Assia, la Bassa Sassonia e la regione della Saar.

Dapprincipio, il flusso migratorio fu abbastanza omogeneo, vedendo al suo interno sia lavoratori provenienti dal Sud come dal Nord Italia. Tuttavia, a partire dagli anni Sessanta furono soprattutto lavoratori del Sud Italia a scegliere la via dell’espatrio: circa il 70-80% delle partenze dal nostro Paese riguardavano il Meridione, con una quota maggioritaria e sempre crescente per quanto riguardava Puglia, Campania, Sicilia e Calabria.

Le persone che sceglievano di migrare erano tendenzialmente giovani uomini, in età lavorativa, il cui unico obiettivo all’estero era quello di lavorare per poter rimandare parte dei propri guadagni alle famiglie rimaste in Italia, per le quali spesso quella somma mensile costituiva l'unica entrata.

La natura del contratto dei Gastarbeiter (letteralmente: lavoratori ospiti) italiani in Germania prevedeva un soggiorno di breve o media durata. Con il passare del tempo però, i ricongiungimenti famigliari divennero sempre più frequenti ed avvenne una sorta di “normalizzazione” demografica dei flussi che portò al trasferimento di intere famiglie che raggiunsero il capostipite[3]. Fu così che interi nuclei familiari vennero ricostituiti in Germania.

La ricostituzione dei nuclei familiari venne sfruttata anche dagli esponenti delle organizzazioni mafiose italiane, che si stabilirono nelle stesse zone dove vi era un'elevata presenza di connazionali, se non addirittura compaesani, in modo da poter replicare le stesse pratiche estorsive ed intimidatorie che esercitavano in patria. Non tutto avveniva alla luce del sole: è stato appurato che molti si recavano in Germania illegalmente, per non dover seguire tutta la trafila burocratica prevista dall'accordo, che comprendeva anche severe visite mediche e test attitudinali.

L'accordo di Schengen nel 1985

Il 14 giugno 1985 i tre paesi del Benelux, la Germania Ovest e la Francia firmarono il cosiddetto "Accordo di Schengen", che prevedeva la creazione di uno spazio comune attraverso una progressiva eliminazione dei controlli alle frontiere comuni tra i cinque Stati interessati, sia per le merci sia per le persone. L'accordo, che negli anni successivi fu sottoscritto anche da altri Stati dell'allora Comunità Economica Europea, dal 1999 venne integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione Europea.

Le nuove libertà di movimento di persone, merci e capitali furono subito colte dalle organizzazione mafiose italiane, che seppero coglierne prima di altri i vantaggi.

La caduta del Muro di Berlino

Quando il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino, simbolo della Guerra Fredda, le mafie italiane, perfettamente integrate nel tessuto socio-economico e culturale tedesco, colsero subito l'occasione per sfruttare il nuovo varco ad Est per espandere i propri traffici, iniziando a fare in Germania quello che poi avrebbero fatto all'indomani della dissoluzione dell'Unione Sovietica.

La situazione attuale

Le associazioni di stampo mafioso italiane, tra tutte Cosa Nostra, la 'ndrangheta e la camorra, presentano, nella loro diversità organizzativa, delle similitudini nelle modalità di insediamento e radicamento in Germania. Principalmente dedite al traffico di droga e di armi, creano dei corridoi sicuri investendo l'ingente quantità di denaro sporco in attività formalmente legali, così da trasformare un ristorante o una pizzeria in una base di stoccaggio di droga e armi, oltre che un punto di riferimento ed incontro per la comunità mafiosa insediatasi nella città. In tutte le organizzazioni, poi, le varie famiglie emigrate mantengono uno stretto legame con l'organizzazione originaria, mantenendo rapporti diretti e costanti.

L'organizzazione mafiosa più forte e radicata in Germania è la 'ndrangheta, la cui presenza si snoda attraverso tutti i Länder, da nord a sud, ma risulta più concentrata nelle regioni del nord-ovest, dove sono presenti le principali aree industriali e aziende del paese per via anche della presenza dei bacini minerari più ricchi.

Oggi, tuttavia, è una zona strategica anche per il commercio di cocaina: sfruttando i porti di Anversa in Belgio e di Rotterdam nei Paesi Bassi che si trovano a pochi chilometri, gli 'ndranghetisti inondano di cocaina l'intero continente sfruttando le rotte atlantiche. Proprio per questo le 'ndrine di San Luca da tempo hanno costituito basi logistiche per organizzare al meglio il traffico internazionale di cocaina, sfruttando la propria preesistente presenza sul territorio.

La cooperazione giudiziaria tra Italia e Germania

Nonostante l'intensificazione dei rapporti tra le forze dell’ordine tedesche e quelle italiane che ha portato a diverse operazioni antimafia internazionali, il principale problema in Germania è la scarsa consapevolezza della presenza mafiosa sia da parte dell'opinione pubblica, sia delle autorità tedesche, anzitutto per un ritardo culturale nel classificare le mafie italiane come un problema etnico tipicamente italiano, senza grandi effetti sul tessuto sociale, economico, politico e culturale tedesco.

A questo si aggiunge che in Germania, al contrario che in Italia, non esiste una legge che condanni penalmente l'appartenenza a un'associazione di stampo mafioso come il 416-bis, così come è assente la confisca dei beni. Le organizzazioni mafiose italiane quindi hanno maggiore libertà di movimento che in Italia, nonostante, all'indomani della Strage di Duisburg, fosse nata anche un'associazione antimafia ad hoc, Mafia? Nein Danke!, impegnata nella sensibilizzazione della società civile tedesca sul tema, e siano oggi diverse le realtà che hanno acceso i riflettori sulla presenza mafiosa, soprattutto della 'ndrangheta, in Germania.

Cosa Nostra in Germania

La Germania non fu mai una destinazione privilegiata delle famiglie mafiose più potenti di Cosa Nostra, che privilegiavano anzitutto gli Stati Uniti e il Sud America. Furono invece le famiglie delle altre province siciliane, oppure esponenti della Stidda, a sceglierla come obiettivo per le proprie strategie di espansione all'estero.

Questa presenza risale agli anni Ottanta del Novecento, quando le famiglie del mandamento di Niscemi inviarono in territorio tedesco i cosiddetti "reggenti", con il compito di mantenere saldi collegamenti con i clan di origine[4]. Sfruttando la loro presenza sul territorio, i reggenti crearono delle vere e proprie reti logistiche che, stando nell'ombra, poterono essere utilizzate in molti modi, anzitutto nascondendo latitanti e poi gestire in tranquillità il traffico di droga.

La pista tedesca di Borsellino

Nel 1992, poco prima di morire, Paolo Borsellino stava seguendo una “pista tedesca”, nell'ambito delle indagini che riguardavano l'omicidio di Rosario Livatino, ucciso dalla Stidda, e quello del Maresciallo dei Carabinieri Giuliano Guazzelli, inizialmente attribuito sempre alla Stidda ma poi rivelatosi opera di Cosa Nostra. Lo confermò anche l'allora capo della Bundeskriminalamt (un reparto delle forze di polizia tedesche), Hans Ludwig Zachert: Borsellino diede informazioni per catturare dei mafiosi nel Nordreno-Vestfalia e nel Baden-Württemberg[5]. Borsellino confidò che “che aveva capito tutto su Agrigento”, ma poco dopo venne ucciso nella Strage di Via D'Amelio.

Le dichiarazioni di Antonino Giuffrè

Fu il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè[6] che, parlando del fratello di Bernardo Provenzano, anche lui emigrato in Germania, diede una chiara descrizione di ciò che avveniva nel paese tedesco:

Non è che ‘u frati di Provenzano se ne va in Germania per andarsene a zappare o a fari ‘u manovali, no?... e quante persone ci sono che se ne vanno in Germania per creare punti di riferimento e a sua volta crearsi conoscenze […] la mafia sarà una multinazionale… il cervello sarà in Sicilia, si sa abbastanza adeguare ai cambiamenti e per questo non è mai scomparsa… perché sa superare questi cambiamenti… ora sarà in un altro contesto… europeo… non è un caso che noi troviamo nuclei agrigentini in Belgio, nuclei siciliani in Germania e nell’Europa dell’Est, magari perché da noi c’è una legislazione e delle strutture che ostacolano questo adattamento

Nonostante il ruolo del fratello di Bernardo Provenzano in Germania non fu mai collegato a delle attività mafiose, Giuffrè, che fu arrestato nel 2002, dipinse un quadro molto preciso e sottolineò una questione molto importante, ovvero la capacità della mafia di insediarsi in territori legislativamente e culturalmente impreparati a riconoscere e perseguire il reato di associazione di stampo mafioso.

Secondo quanto scrive Francesco Forgione, i clan siciliani hanno i propri centri nevralgici in città quali Amburgo, Mannheim, Norimberga, Spiesen-Elversberg e Wuppertal, collocandosi quindi in una zona molto ampia ma, anche in questo caso, prevalentemente nelle regioni occidentali del paese. Le famiglie in questione non sono tra le più potenti di Cosa Nostra, ma hanno comunque il loro peso e importanza: gli Emanuello di Caltanissetta, gli Aparo-Nardo-Trigila di Siracusa, le famiglie di Vittoria, in provincia di Ragusa, e di Niscemi e Gela, in provincia di Caltanissetta, nonché le cosche agrigentine di Favara e di Siculiana[7].

Gli arresti dei latitanti

In Germania vi furono anche numerosi arresti di latitanti siciliani, 14 tra il 2000 e il 2017. Tra loro vi sono[8]:

  • Francesco Sacco, affiliato alla famiglia Carbonaro-Dominante di Vittoria, arrestato nel dicembre 2004;
  • Massimo Cutelli, del gruppo Aparo-Nardo-Trigila, attivo nella provincia di Siracusa, arrestato a Norimberga nel giugno del 2005;
  • Maurizio Vitello, della famiglia di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, arrestato a Monaco di Baviera nel marzo del 2006;
  • Joseph Focoso, killer di Cosa Nostra coinvolto nell’omicidio del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli e nel sequestro e successiva uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, catturato nel 2005 a Spiesen-Elversberg cittadina della Saarland.

Le attività di Cosa Nostra in Germania

La mafia siciliana in Germania inizialmente si occupò solo di traffici illeciti (droga, armi e rapine), ma ben presto si infiltrò nel sistema produttivo e imprenditoriale, tramite l'acquisizione di ristoranti e pizzerie, utilizzati anzitutto per lo stoccaggio di stupefacenti.

Non solo: stando alle indagini della Questura di Colonia, le famiglie siciliane, in particolare quelle originarie delle provincie di Enna, Caltanissetta e Agrigento, investono attivamente anche nel settore edile: gli arrestati erano tutti già conosciuti dalle autorità tedesche per altri reati quali l’evasione fiscale e contributiva e le sistematiche violazioni ai diritti dei lavoratori[9].


Note

  1. Citato in Investigative Reporting Project Italy (IRPI), Germania, dove la mafia seduce col capitale. E le norme ostacolano le inchieste, ilfattoquotidiano.it,
  2. Decreto del Presidente della Repubblica, 23 marzo 1956, n. 893, “Esecuzione dell’Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica Federale di Germania per il reclutamento ed il collocamento di manodopera italiana nella Repubblica Federale di Germania concluso in Roma il 20 dicembre 1955”. (GU Serie Generale n. 205 del 17/08/1956)
  3. MORANDI E., Governare l’emigrazione. Lavoratori italiani verso la Germania nel secondo dopoguerra, Rosenberg & Sellier, Torino, 2011
  4. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° semestre 2016, p. 62
  5. Attilio Bolzoni, “Da Agrigento alla Germania, ecco la pista che porta ai killer”, la Repubblica, 26 luglio 1992
  6. Interrogatorio in carcere di Antonino Giuffrè, Milano 27 novembre 2002, cit. da Forgione F., Mafia Export, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2009
  7. Citato in FORGIONE Francesco, "German Connection", in Il circuito delle mafie, LIMES Rivista italiana di Geopolitica, Volume 10, 2013
  8. Citato in Forgione, Mafia Export, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2009
  9. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione 2° semestre 2016, p. 62

Bibliografia

  • BEDETTI Martina, La 'ndrangheta in Germania. Un modello di espansione, Tesi di Laurea, Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Milano, a.a. 2011/2012
  • DALLA CHIESA Nando (a cura di), Mafia Globale. Le organizzazioni criminali nel mondo, Laurana Editore, Milano, 2017
  • DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA, Relazione Semestrale, 1° e 2° semestre 2007, 2015, 2016, 2018, Roma, Ministero dell'Interno.
  • FORGIONE Francesco, Mafia Export. Come 'ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra hanno colonizzato il mondo, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2009
  • FORGIONE Francesco, "German Connection", in Il circuito delle mafie, LIMES Rivista italiana di Geopolitica, Volume 10, 2013.
  • LAVIOLA Simone, Le organizzazioni mafiose italiane nella Germania Nord-Occidentale: Modello di insediamento, Tesi di Laurea, Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Università degli Studi di Milano, a.a. 2016/2017