Pentitismo: differenze tra le versioni

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La staglOne dei grandi «pentiti» è aperta da Tommaso Buscetta che nel 1984 accetta di tornare in Italia, dal Brasile, per collaborare con il giudice Giovanni Falcone già impegnato nella rnastodontica istruttoria del maxiprocesso. Questa collaborazione si rivelerà di grande importanza sia per il valore delle dichiarazioni rese, sia per aver dato avvio a un vero o e proprIO processo emulativo che negli anni a venire porterà altri importantl UOffillll d’onore a seguire la scelta di Buscetta. Proprio il numero elevato di collaborazioni degli anni successivi, trasformerà la singola esperienza di Buscetta in fenomeno di massa: dopo la sua offerta di ~ollaborazione, a Giovanni Falcone giungeranno le richieste di Salvatore Contorno, di Antonino Calderone, di Francesco Marino Mannoia e di umerosi altri.
E pensare che undici anni prima le istituzioni avevano perso l’irripetibile occasione offerta dal pentimento di Leonardo Vitale, un giovane uomo d’onore palermitano della borgata detta Siccheria, che, motivato da una forte sopravvenuta avversione nei confronti dello zio-padrone, capomandamento, aveva consegnato agli investigatori un memoriale in cui per la prima volta era disegnata una dettagliata mappa delle famiglie mafiose palermitane. Giungeva talmente inaspettata la collaborazione di Vitale, da cogliere impreparata la magistratura, che non riuscì a dar seguito a quelle preziosi indicazioni. Anzi, vittima di un colpevole ritardo culturale, fu proprio la magistratura a scegliere di procedere penalmente contro il pentito, dichiarato addirittura infermo di mente e chiuso in manicomio criminale.





Versione delle 16:59, 28 nov 2013


Il pentitismo come fenomeno rilevante ai fini della lotta alla mafia ha cominciato a svilupparsi a partire dalla prima metà degli anni Ottanta, in particolare con l'avvio del primo Maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra.

La stagione dei grandi «pentiti», come vennero impropriamente definiti i collaboratori di giustizia, fu inaugurata da Tommaso Buscetta, che il 18 luglio 1984, tre giorni dopo la sua estradizione in Italia, decise di collaborare con Giovanni Falcone, già impegnato nella mastodontica istruttoria del Maxiprocesso. Per 45 giorni il "boss dei due mondi", come lo aveva soprannominato la stampa, mise nero su bianco tutto quello che sapeva su Cosa Nostra. Fu talmente importante la testimonianza di Buscetta, che Falcone ebbe a dire, anni dopo:

Prima di lui, non avevo - non avevamo - che un'idea superficiale del fenomeno mafioso. Con lui abbiamo cominciato a guardarvi dentro. Ci ha fornito numerosissime conferme sulla struttura, sulle tecniche di reclutamento, sulle funzioni di Cosa Nostra. Ma soprattutto ci ha dato una visione globale, ampia, a largo raggio del fenomeno. Ci ha dato una chiave di lettura essenziale, un linguaggio, un codice. È stato per noi come un professore di lingue che ti permette di andare dai turchi senza parlare coi gesti.[1]



Note

  1. Cose di Cosa Nostra|Falcone G., Cose di Cosa Nostra, Milano, BUR, 1991, pag.41