Pino Puglisi: differenze tra le versioni

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=== L’omicidio ===
=== L’omicidio ===
Don Pino Puglisi viene assassinato la sera del 15 settembre 1993, sotto la sua abitazione, a Palermo. Ucciso in piazza Anita Garibaldi con colpo di pistola alla nuca.
Don Pino Puglisi viene assassinato la sera del 15 settembre 1993, sotto la sua abitazione, a Palermo. Ucciso in piazza Anita Garibaldi con colpo di pistola alla nuca.
Salvatore Grigoli, il killer del parroco ucciso racconta così quella sera: «l’avvistammo in una cabina telefonica mentre eravamo in macchina. Andammo a prendere l’arma. Toccava a me. Ero io quello che sparava. Spatuzza gli tolse il borsello, e gli disse: padre, questa è una rapina. Lui rispose: “me l’aspettavo”. Lo disse con un sorriso. Un sorriso che mi è rimasto impresso. C’era una specie di luce in quel sorriso…».  Le prime notizie dopo l’omicidio, sono confuse e poco chiare. Mandanti ed esecutori del delitto provano a dare un’immagine diversa di quanto avvenuto. Sapevano che le reazioni successive all’omicidio del sacerdote, soprattutto dalla stessa società, non sarebbero state positive. Nonostante ciò, hanno rischiato di perdere la loro “credibilità sociale” e la loro legittimazione. Per cui, cercano di far passare il fatto come un omicidio occasionale, seguito ad una rapina non andata a buon fine, e non solo. Vincenzo Ceruso «ha avuto l’occasione di sentire da un personaggio vicino agli ambienti mafiosi della zona, e forse mafioso egli stesso, che il sacerdote sarebbe stato ucciso a causa di vicende legate alla sua omosessualità, accennando velatamente anche a episodi di pedofilia. Un tentativo infamante, destinato al fallimento, ma che cominciò la sera stessa della morte».  In quella fredda sera di settembre, raccontano i cronisti dell’epoca, che nelle redazioni arrivavano notizie confuse, poco chiare. Si diceva che sarebbe stato ucciso con un coltello.
Salvatore Grigoli, il killer del parroco ucciso racconta così quella sera: «l’avvistammo in una cabina telefonica mentre eravamo in macchina. Andammo a prendere l’arma. Toccava a me. Ero io quello che sparava. Spatuzza gli tolse il borsello, e gli disse: padre, questa è una rapina. Lui rispose: “me l’aspettavo”. Lo disse con un sorriso. Un sorriso che mi è rimasto impresso. C’era una specie di luce in quel sorriso…».  Le prime notizie dopo l’omicidio, sono confuse e poco chiare. Mandanti ed esecutori del delitto provano a dare un’immagine diversa di quanto avvenuto. Sapevano che le reazioni successive all’omicidio del sacerdote, soprattutto dalla stessa società, non sarebbero state positive. Nonostante ciò, hanno rischiato di perdere la loro “credibilità sociale” e la loro legittimazione. Per cui, cercano di far passare il fatto come un omicidio occasionale, seguito ad una rapina non andata a buon fine, e non solo. Vincenzo Ceruso «ha avuto l’occasione di sentire da un personaggio vicino agli ambienti mafiosi della zona, e forse mafioso egli stesso, che il sacerdote sarebbe stato ucciso a causa di vicende legate alla sua omosessualità, accennando velatamente anche a episodi di pedofilia. Un tentativo infamante, destinato al fallimento, ma che cominciò la sera stessa della morte».<ref>V. Ceruso, Le sagrestie di cosa nostra, Newton compton, Roma, 2007, p. 108</ref> In quella fredda sera di settembre, raccontano i cronisti dell’epoca, che nelle redazioni arrivavano notizie confuse, poco chiare. Si diceva che sarebbe stato ucciso con un coltello.
Racconta Attilio Bolzoni il giorno dopo l’omicidio: «improvvisamente qualcuno l’ha chiamato, lui s’è voltato, qualcun altro gli è scivolato alle spalle e gli ha esploso uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa.
Racconta Attilio Bolzoni il giorno dopo l’omicidio: «improvvisamente qualcuno l’ha chiamato, lui s’è voltato, qualcun altro gli è scivolato alle spalle e gli ha esploso uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa.
Un avvertimento a tutti i sacerdoti delle borgate, la vera “anima” della Chiesa palermitana dopo le prudenze del cardinale Salvatore Pappalardo».  
Un avvertimento a tutti i sacerdoti delle borgate, la vera “anima” della Chiesa palermitana dopo le prudenze del cardinale Salvatore Pappalardo».<ref>A. Bolzoni, Palermo, ucciso prete antimafia, la Repubblica, 16 settembre 1993</ref>
Una giusta lettura dei fatti. Anche a distanza di vent’anni.
Una giusta lettura dei fatti. Anche a distanza di vent’anni.
Rosaria Cascio, Presidente dell’Associazione “Padre Puglisi. Sì, ma verso dove?”, ricorda ai funerali «il pianto, non soltanto di noi amici ma di tantissime persone che per motivi di impegno sociale e politico a Palermo avevo conosciuto ed erano persone atee ed erano venute a piangere ai funerali di Puglisi e oggi sono persone che mi raccontano della conversione non al Cristianesimo ma al senso di una vita autentica radicata nei veri valori dell uomo che sono quelli della testimonianza, della coerenza, di una scelta di vita che si rinnova ogni giorno attraverso la scelta di stare tra la gente  testimoniando che si può essere diversi. Si può essere attori della propria vita».  
Rosaria Cascio, Presidente dell’Associazione “Padre Puglisi. Sì, ma verso dove?”, ricorda ai funerali «il pianto, non soltanto di noi amici ma di tantissime persone che per motivi di impegno sociale e politico a Palermo avevo conosciuto ed erano persone atee ed erano venute a piangere ai funerali di Puglisi e oggi sono persone che mi raccontano della conversione non al Cristianesimo ma al senso di una vita autentica radicata nei veri valori dell uomo che sono quelli della testimonianza, della coerenza, di una scelta di vita che si rinnova ogni giorno attraverso la scelta di stare tra la gente  testimoniando che si può essere diversi. Si può essere attori della propria vita».<ref>Rosaria Cascio, Chiesa e mafia, una coabitazione troppo pacifica?, Reggio Emilia, Aula Manodori, Venerdì 17 maggio 2013</ref> 
La reazione della società civile, palermitana e siciliana, non si è fatta attendere, mentre «la Curia e la parrocchia non si sono costituite parte civile al processo contro i mafiosi incriminati dell’assassinio, con una giustificazione inquietante: alla Chiesa interessa la conversione dei peccatori e quindi la giustizia terrena non ha molta importanza, una valutazione che rischia di somigliare al non riconoscimento del monopolio statale della forza e della giustizia teorizzato e praticato dai mafiosi». Un’assenza in quei processi che è pesata, perché  la comunità ecclesiastica ritenne di non costituirsi parte civile. Una Chiesa che in passato è stata troppe volte colpevolmente disattenta, quando non per paura o per squallida convenienza, collusa con la mafia. A Brancaccio, subito dopo, venne mandato «don Mario Golesano, grande amico di Cuffaro».  
La reazione della società civile, palermitana e siciliana, non si è fatta attendere, mentre «la Curia e la parrocchia non si sono costituite parte civile al processo contro i mafiosi incriminati dell’assassinio, con una giustificazione inquietante: alla Chiesa interessa la conversione dei peccatori e quindi la giustizia terrena non ha molta importanza, una valutazione che rischia di somigliare al non riconoscimento del monopolio statale della forza e della giustizia teorizzato e praticato dai mafiosi».<ref>U. Santino, La mafia è male, però..., Narcomafie, luglio-agosto 2001, pp. 48-53</ref> Un’assenza in quei processi che è pesata, perché  la comunità ecclesiastica ritenne di non costituirsi parte civile. Una Chiesa che in passato è stata troppe volte colpevolmente disattenta, quando non per paura o per squallida convenienza, collusa con la mafia. A Brancaccio, subito dopo, venne mandato «don Mario Golesano, grande amico di Cuffaro».<ref>U. Santino, La beatificazione di don Puglisi: una definitiva presa di distanza?, www.centroimpastato.it/publ/online/beatificazione.php3</ref>


'''Il centro “Padre Nostro”'''
'''Il centro “Padre Nostro”'''
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Un punto di riferimento per le famiglie e i giovani del quartiere.
Un punto di riferimento per le famiglie e i giovani del quartiere.
Il Centro di Accoglienza Padre Nostro  è un’associazione fondata da don Pino Puglisi e che nasce nel 1991, poi  inaugurata il 29 gennaio del 1993. Da allora sarà tutto un susseguirsi di minacce, ruote tagliate, porte bruciate.
Il Centro di Accoglienza Padre Nostro  è un’associazione fondata da don Pino Puglisi e che nasce nel 1991, poi  inaugurata il 29 gennaio del 1993. Da allora sarà tutto un susseguirsi di minacce, ruote tagliate, porte bruciate.
Ma don Pino va avanti, con tutte le sue consapevolezze. Durante un’omelia domenicale, in seguito all’ennesimo atto intimidatorio, gridò dal pulpito: «mi rivolgo ai protagonisti delle intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci! Vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile».  
Ma don Pino va avanti, con tutte le sue consapevolezze. Durante un’omelia domenicale, in seguito all’ennesimo atto intimidatorio, gridò dal pulpito: «mi rivolgo ai protagonisti delle intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci! Vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile».<ref>G. Porcato, Il mio amico 3P, Casablanca n°30, 2013, p. 33</ref> 
Un educatore che cercava di non fare entrare nel vortice di cosa nostra i bambini che vivevano per strada. Attraverso attività e giochi fa capire loro che si può ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per le proprie idee e i propri valori. Prete, educatore ma anche professore. Insegnò prima matematica, poi religione. Un prete semplice che ha fatto della propria vocazione un gesto concreto.
Un educatore che cercava di non fare entrare nel vortice di cosa nostra i bambini che vivevano per strada. Attraverso attività e giochi fa capire loro che si può ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per le proprie idee e i propri valori. Prete, educatore ma anche professore. Insegnò prima matematica, poi religione. Un prete semplice che ha fatto della propria vocazione un gesto concreto.



Versione delle 11:35, 15 dic 2014

«Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un’illusione che non possiamo permetterci. È soltanto un segno per fornirci altri modelli, soprattutto ai giovani. lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto...».[1]
(Don Pino Puglisi)


Giuseppe Puglisi (Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993), meglio conosciuto come Don Pino Puglisi e soprannominato “3P”, è stato un sacerdote ucciso da Cosa Nostra nel giorno del suo 56° compleanno.

Biografia

Figlio di un calzolaio e di una sarta, entrò in seminario nel 1953 e venne ordinato sacerdote nel 1960 dal cardinale Ernesto Ruffini. Dopo diverse esperienze pastorali viene nominato parroco in un piccolo paesino della provincia di Palermo situato ai piedi di Rocca Busambra, Godrano.

Nel 1970 il parroco diventa spettatore, non passivo, di una faida tra due famiglie mafiose. L’ironia e la sua forza d’animo le ricordano ancora a Godrano dove si definiva “il prete più altolocato della diocesi”, data la consistente altezza dal livello del mare di quel paesino.

Il 19 settembre 1990 torna a Brancaccio per volontà del cardinale Pappalardo, nella parrocchia di San Gaetano. Viene nominato parroco in quel quartiere posto sotto il dominio mafioso, il “regno” dei fratelli Graviano. Un quartiere difficile, dove vive anche “il papa”, Michele Greco. Lo sa anche don Pino che come sempre ci scherzava su: “sono l’unico sacerdote ad avere due papi. Uno a Roma, l’altro a Brancaccio”. Sia a Godrano sia a Palermo abbatte le mura della Chiesa che diventa il territorio dove si concretizza la parola di Dio, una parola vissuta in prima persona, al fianco della gente. Condannava la mafia ma cercava di recuperare i mafiosi.

Un prete che faceva il proprio lavoro in una Chiesa che è sempre stata dura con il peccato e tollerante con il peccatore. Cercava di educare i ragazzi al rispetto delle regole. È riuscito a mettere in discussione persino le tradizioni, prima fra tutte la processione di San Gaetano, che si era sempre fermata davanti al balcone del boss, per omaggiarlo. Rifiutava i soldi dei boss. Era un prete “povero” e “libero”.

Due anni dopo, nel 1992, verrà nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo e il 29 gennaio 1993 inaugurerà il centro “Padre Nostro”. È stato assassinato il giorno del suo 56° compleanno, da cosa nostra, il 15 settembre 1993.

Nello scorso ottobre è stata posata la prima pietra, per la costruzione di un centro parrocchiale e di una Chiesa dedicata a don Pino Puglisi su un terreno appartenuto ad un costruttore vicino ai boss di Brancaccio

L’omicidio

Don Pino Puglisi viene assassinato la sera del 15 settembre 1993, sotto la sua abitazione, a Palermo. Ucciso in piazza Anita Garibaldi con colpo di pistola alla nuca. Salvatore Grigoli, il killer del parroco ucciso racconta così quella sera: «l’avvistammo in una cabina telefonica mentre eravamo in macchina. Andammo a prendere l’arma. Toccava a me. Ero io quello che sparava. Spatuzza gli tolse il borsello, e gli disse: padre, questa è una rapina. Lui rispose: “me l’aspettavo”. Lo disse con un sorriso. Un sorriso che mi è rimasto impresso. C’era una specie di luce in quel sorriso…». Le prime notizie dopo l’omicidio, sono confuse e poco chiare. Mandanti ed esecutori del delitto provano a dare un’immagine diversa di quanto avvenuto. Sapevano che le reazioni successive all’omicidio del sacerdote, soprattutto dalla stessa società, non sarebbero state positive. Nonostante ciò, hanno rischiato di perdere la loro “credibilità sociale” e la loro legittimazione. Per cui, cercano di far passare il fatto come un omicidio occasionale, seguito ad una rapina non andata a buon fine, e non solo. Vincenzo Ceruso «ha avuto l’occasione di sentire da un personaggio vicino agli ambienti mafiosi della zona, e forse mafioso egli stesso, che il sacerdote sarebbe stato ucciso a causa di vicende legate alla sua omosessualità, accennando velatamente anche a episodi di pedofilia. Un tentativo infamante, destinato al fallimento, ma che cominciò la sera stessa della morte».[2] In quella fredda sera di settembre, raccontano i cronisti dell’epoca, che nelle redazioni arrivavano notizie confuse, poco chiare. Si diceva che sarebbe stato ucciso con un coltello. Racconta Attilio Bolzoni il giorno dopo l’omicidio: «improvvisamente qualcuno l’ha chiamato, lui s’è voltato, qualcun altro gli è scivolato alle spalle e gli ha esploso uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa. Un avvertimento a tutti i sacerdoti delle borgate, la vera “anima” della Chiesa palermitana dopo le prudenze del cardinale Salvatore Pappalardo».[3] Una giusta lettura dei fatti. Anche a distanza di vent’anni. Rosaria Cascio, Presidente dell’Associazione “Padre Puglisi. Sì, ma verso dove?”, ricorda ai funerali «il pianto, non soltanto di noi amici ma di tantissime persone che per motivi di impegno sociale e politico a Palermo avevo conosciuto ed erano persone atee ed erano venute a piangere ai funerali di Puglisi e oggi sono persone che mi raccontano della conversione non al Cristianesimo ma al senso di una vita autentica radicata nei veri valori dell uomo che sono quelli della testimonianza, della coerenza, di una scelta di vita che si rinnova ogni giorno attraverso la scelta di stare tra la gente testimoniando che si può essere diversi. Si può essere attori della propria vita».[4] La reazione della società civile, palermitana e siciliana, non si è fatta attendere, mentre «la Curia e la parrocchia non si sono costituite parte civile al processo contro i mafiosi incriminati dell’assassinio, con una giustificazione inquietante: alla Chiesa interessa la conversione dei peccatori e quindi la giustizia terrena non ha molta importanza, una valutazione che rischia di somigliare al non riconoscimento del monopolio statale della forza e della giustizia teorizzato e praticato dai mafiosi».[5] Un’assenza in quei processi che è pesata, perché la comunità ecclesiastica ritenne di non costituirsi parte civile. Una Chiesa che in passato è stata troppe volte colpevolmente disattenta, quando non per paura o per squallida convenienza, collusa con la mafia. A Brancaccio, subito dopo, venne mandato «don Mario Golesano, grande amico di Cuffaro».[6]

Il centro “Padre Nostro”

Un punto di riferimento per le famiglie e i giovani del quartiere. Il Centro di Accoglienza Padre Nostro è un’associazione fondata da don Pino Puglisi e che nasce nel 1991, poi inaugurata il 29 gennaio del 1993. Da allora sarà tutto un susseguirsi di minacce, ruote tagliate, porte bruciate. Ma don Pino va avanti, con tutte le sue consapevolezze. Durante un’omelia domenicale, in seguito all’ennesimo atto intimidatorio, gridò dal pulpito: «mi rivolgo ai protagonisti delle intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci! Vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile».[7] Un educatore che cercava di non fare entrare nel vortice di cosa nostra i bambini che vivevano per strada. Attraverso attività e giochi fa capire loro che si può ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per le proprie idee e i propri valori. Prete, educatore ma anche professore. Insegnò prima matematica, poi religione. Un prete semplice che ha fatto della propria vocazione un gesto concreto.

Il processo

Per l’assassinio del prete palermitano «sono stati istruiti a Palermo due processi già arrivati alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione. Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss di Brancaccio dell’epoca, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Come esecutori il carcere a vita è stato inflitto a Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro, Luigi Giacalone, tutti detenuti». Condanna a 16 anni invece, per il killer pentito Salvatore Grigoli. Scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Palermo: «Emerge la figura di un prete che infaticabilmente operava sul territorio, fuori dall’ombra del campanile... L’opera di don Puglisi aveva finito per rappresentare una insidia e una spina nel fianco del gruppo criminale emergente che dominava il territorio, perché costituiva un elemento di sovversione nel contesto dell’ordine mafioso, conservatore, opprimente che era stato imposto nella zona, contro cui il prete mostrava di essere uno dei più tenaci e indomiti oppositori. Don Pino Puglisi aveva scelto non solo di “ricostruire” il sentimento religioso e spirituale dei suoi fedeli, ma anche di schierarsi, concretamente, senza veli di ambiguità e complici silenzi, dalla parte di deboli ed emarginati, di appoggiare senza riserve i progetti di riscatto provenienti da cittadini onesti, che coglievano alla radice l’ingiustizia della propria emarginazione e intendevano cambiare il volto del quartiere, desiderosi di renderlo più accettabile, accogliente e vivibile».

Il killer di 3P

In sagrestia aveva un orologio con le lancette a terra e la scritta “per Cristo a tempo pieno”. Racconta Salvatore Grigoli, il killer di 3P : «la Chiesa di don Puglisi era diversa da quella che eravamo abituati a conoscere. Per cosa nostra la Chiesa era quella che, se c’era un latitante, lo nascondeva. Non perchè era collusa, ma perchè aiutava chi aveva bisogno. Un territorio neutro, ma tutto ciò è venuto a mancare negli ultimi anni». Grigoli oggi è un collaboratore di giustizia. Dal 2009 lo è anche Spatuzza: «è stato mosso da una profonda revisione interiore del suo vissuto ispirata, a suo dire, da un’evidente spinta religiosa […] ogni volta che Spatuzza parlava della sua partecipazione all’omicidio di don Puglisi sembrava pervaso da una crisi di pianto irrefrenabile».

La beatificazione

«Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio. Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza. Ricordate S. Paolo: “Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo”. Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita».

È stato beatificato il 25 maggio 2013, durante una cerimonia liturgica al Foro Italico Umberto I, di Palermo. Davanti a 100.000 persone. La beatificazione di don Pino Puglisi pone fuori dal Cattolicesimo e dal Cristianesimo, i mafiosi e la loro atea religione. Non è il primo prete martire ma è il primo tra quelli uccisi dalle mafie: «l’uccisione di don Pino Puglisi non è soltanto un efferato delitto di mafia: è anche la sua testimonianza di fede, amore, speranza». Il martire «potrebbe definirsi il santo per eccellenza, colui nel quale la sequela Christi attinge l’apogeo nell’effusione del sangue, e, unito intimamente ed inscindibilmente al Verbo incarnato, offre la testimonianza più alta e credibile immolando la propria vita». Dopo la grande festa per la sua beatificazione, Papa Bergoglio, durante l’Angelus, dice di don Pino: «è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto».

Il processo di beatificazione

Il processo di beatificazione deve seguire un percorso obbligato che inizia all’interno della diocesi. Alla fine del processo, i cardinali accettano il martirio cristiano proponendo il giudizio al Papa, che decide. Dal processo devono emergere l’amor fidei e l’odium fidei.

In questa causa «di beatificazione, ha acutamente appuntato il postulatore Vincenzo Bertolone, la verità del martirio è strettamente intrecciata con “quella giudiziaria, vergata con inchiostro indelebile dalla Cassazione” e cadenzata dai molteplici atti e documenti dei processi penali davanti ai giudici italiani». 

Il processo per la beatificazione di Puglisi si è svolto in due fasi: la prima all’interno della diocesi palermitana, la seconda in Vaticano, a cura della Congregazione delle Cause dei Santi. Il 22 febbraio 1999 è stata istituita la Commissione diocesana per la beatificazione di Puglisi ed il 23 maggio successivo, la CESI concedeva il nulla osta per l’inizio della causa del processo. Ad avviare la pratica è stato mons. Domenico Mogavero che ha presentato la proposta di iniziare il processo. Si è insediato così, nella Cattedrale di Palermo, il 15 settembre 1999, sei anni dopo (il termine minimo è di cinque) l’omicidio del religioso, il Tribunale diocesano, aprendo di fatto, il processo “super vita et martyrio del SdD presibitero don Giuseppe Puglisi, in odium fidei, uti fertur, interfecti”. Tre anni più tardi, il 16 gennaio 2004, viene emanato, dalla Congregazione delle Cause dei Santi, il decreto di validità del processo assegnando la causa al relatore padre Daniel Ols che l’8 novembre successivo nomina don Mario Torcivia, come collaboratore esterno per la stesura della Positio . Esaminata nel maggio del 2006, non viene accolta dal Congresso dei Consultori teologico che richiede materiale aggiuntivo da prendere in cura. Viene realizzata una Positio suppletiva e il 10 ottobre 2006, i Consultori, all’unanimità manifestano voto favorevole sul martirio di don Pino Puglisi. Il 12 dicembre dello stesso anno, «nella sessione ordinaria dei Cardinali e dei vescovi dopo la relazione di monsignor Giovanni Paolo Benotto, gli undici Padri presenti così si esprimono riguardo all’asserito martirio: tre dicono di sì, mentre otto sospendono il giudizio. Due Padri assenti inviano i voti: uno è sospensivo, l’altro è negativo». Emergono sei punti critici a cui il postulatore Mogavero deve dare risposta e per superare l’impasse occorrono diversi anni. Le risposte vengono presentate ma l’iter della causa si blocca e ancora oggi non è risultato chiaro il motivo anche se è presumibile immaginare che il motivo principale sia stato quello della figura di Puglisi come prete sociale, antimafia. Nell’agosto del 2010 Postulatore diventa mons. Vincenzo Bertolone. Chiede specifici pareri a diversi studiosi e raccoglie diverse dichiarazioni extragiudiziali come quelle di don Cosimo Scordato, padre Michele Stabile, don Maurizio Francoforte e del giornalista Francesco Deliziosi. Il 24 maggio 2011 consegna la Responsio al Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi. Pochi giorni dopo la Causa viene riesaminata e approvata e successivamente autorizzata da Benedetto XVI: «il riconoscimento del martirio, che il Papa ha decretato il 28 giugno 2012, nell’udienza al prefetto per le Cause dei santi card. Angelo Amato, indica che la causa di beatificazione si è conclusa positivamente e che presto don Puglisi sarà elevato all’onore degli altari». Giunti da tutta Italia, sono stati circa centomila i presenti alla celebrazione, avvenuta il 25 maggio 2013, al Foro Italico Umberto I, di Palermo. La beatificazione del parroco palermitano è un atto positivo, un «incommensurabile dono di grazia per tutta la Chiesa, così come l’esempio luminoso di Rosario Livatino e di altri testimoni, sanciscono la radicale inconciliabilità tra l’impegno per il Vangelo di Cristo ed ogni forma di potere mafioso».

Zio Pino Puglisi (Ficarra e Picone)

P: Dalle nostre parti, quando si vuole bene ad una persona, ma bene veramente, la si chiama Zio, Don F: Quando gli vuoi bene in maniera particolare e gli porti un rispetto enorme, Padrino, in siciliano Parrì P: A noi è capitato di voler molto bene ad un persona e, anche se non era un parente, per noi era lo Zio Pino F: Zio Pino era una persona normale: né alto né basso, né bello né brutto, aveva delle mani enormi, dei piedi enormi, però aveva un sorriso, ma un sorriso! P: Rideva sempre, sempre! Anche quando non c’era niente da ridere, lui rideva! Tant’è che noi glielo dicevamo: Zio Pino, ma che min***a ci ridi! F: Zio Pino non beveva, non fumava, non bestemmiava, non diceva parolacce, però aveva un difetto enorme: AMAVA, amava troppo, Zio Pino era un professionista dell’amore P: Non aveva mogli, ma amava quelle degli altri F: Non aveva figli, ma tutti sapevano che ce n’erano un sacco sparsi per la città P: Insomma Zio Pino era malato d’amore e col tempo si era aggravato, più amava e più voleva amare F: Da questo punto di vista era diventato inaffidabile! P: Ma la cosa incredibile è che più era inaffidabile e più veniva amato da tutti! F: Da tutti! Da tutti! Pensate che addirittura i mariti andavano da Zio Pino e gli dicevano: Per cortesia Zio Pino, io devo partire, a casa mia non c’è nessuno, potrebbe venire ad amare un poco mia moglie… e lui entrava, con la scusa della moglie e piano piano, sorridendo, amava tutta la famiglia P: Noi glielo dicevamo, Zio Pino si dia una calmata con tutto questo amore, perchè sennò a lei finisce male, ma lui niente, era cocciuto! F: Zio Pino era un amatore cronico! P: Era amante dell’amore! F: Era un amante amatore innamorato dell’amore! P: Insomma amava a tutti i livelli, a tutti, tutti! F: Zio Pino quando noi gli dicevamo di amare meno lui ci rispondeva: Picciotti, ci sono così tanti tipi di amore al mondo, che non sapendo quale scegliere li ho presi tutti! L’amore per i padri, per le madri, per i figli, per i fratelli, per le sorelle, per se stessi! P: L’amore per se stessi, picciotti, è il peggiore di tutti, non c’è peggio di un uomo che ama se stesso F: Vero, vero, vero, c’era un amico mio P: Fatto vero F: Che stava tutto il santo giorno davanti allo specchio, si guardava e si diceva: ma quanto sono bello, ma quanto sono bravo….che io gliel’ho detto: Silvio, tu così t’ammali! P: Zio Pino invece era di tutt’altra pasta, Zio Pino era amante, ma amato da tutti! F: E ne abbiamo avuto la conferma al suo funerale! P: Min***a quanta gente! F: Min***a funerale! P: Min***a pianti! F: Meraviglioso! P: Bellissimo! Funerale Eccezionale! A parte qualcuno che era lì solo per il piacere di farsi vedere: io c’ero F: No, no, no, non dire così, diciamolo sinceramente, c’era un sacco di gente perché Zio Pino era amato da tutti P: Per carità, pure per quello, però secondo me c’era un sacco di gente anche per il modo, come se n’è andato F: Ah si, quello si P: Perché quando una persona muore di vecchiaia, piano piano ci si abitua all’idea, si elabora il famoso lutto, quando uno muore per un malattia, anche lì, purtroppo, piano piano ci si abitua all’idea e si elabora il famoso lutto, ma quando uno se ne va, come se n’è andato Zio Pino, non ti dai pace F: Eh si, sta rientrando a casa Zio Pino, è già davanti al suo portone, pensate, addirittura ha già infilato la chiave nel portone P: Un tizio, a volto scoperto e con una pistola, si avvicina e gli dice: parré, questa è una rapina! F: Zio Pino sorride, lo ama… e risponde: me l’aspettavo… e si gira di nuovo verso il portone! P: Il tizio con la pistola, punta alla nuca e preme il grilletto! F: Il grilletto provoca la combustione, il grilletto provoca la combustione delle polveri che generano l’espansione dei gas che consentono il lancio del proiettile! P: Il proiettile si muove nello spazio seguendo una linea parabolica! Il proiettile si muove nello spazio seguendo una linea parabolica, che comincia dalla bocca della pistola e termina al suolo, dopo centinaia, centinaia e centinaia di metri… ma se tu, tu o tu, hai il c**o, di trovarti nel mezzo F: A quel punto, Padre Pino Puglisi cade a terra, in un attimo la notizia fa il giro di Brancaccio P: Tutti i suoi fratelli, tutte le sue sorelle, tutti, accorrono increduli F: Non era mai successo, un prete ucciso perché predicando l’amore stava disturbando la mafia! P: Ma pure lui, ma pure lui! Sapendo che aveva tutta questa passione per l’amore, se ne andava in giro a nuca scoperta! F: E dire che noi gliel’avevamo detto, Zio Pino, con tutto questo amore si dia una calmata, perché altrimenti a lei finisce male, ma lui era cocciuto! P: Molti dicono che lui sia morto e che noi dobbiamo elaborare il famoso lutto, ma noi che lo conoscevamo bene, sappiamo che non di tratta di morte, no, ma di parto F: Si, di parto, perché si può nascere in tanti modi: c’è un parto naturale, un parto cesareo, un parto in acqua…e poi c’è il parto per uccisione P: E noi che in vita non avevamo mai capito fino in fondo che cosa provasse Zio Pino quando amava, adesso ci ritroviamo contagiati ad amare persino quel tizio con la pistola, che poveretto, poveretto! Senza saperlo, lo ha fatto nascere… perché c’è un parto cesareo F: Quello in acqua P: Poi c’è quello naturale F: E poi ce n’è uno per uccisione P: C’è un parto cesareo! F: In acqua! P: Naturale! F: Per uccisione! P: C’è un parto cesareo! F: In acqua! P: Naturale! F: Per uccisione.

Film

Alla luce del sole è un film del 2005 sulla vita del parroco palermitano e diretto da Roberto Faenza. È stato trasmesso dalla Rai dopo averne acquisito i diritti televisivi.

Mille giorni a Brancaccio andato in onda su Rai Uno il 11 e il 12 aprile del 2007.

Note G. Puglisi, Se ognuno fa qualcosa, centropadrenostro.it/articoli.asp?ID=22 V. Vecellio, Pino Puglisi: il prete di borgata che insegnava i valori della legalità, Articolo 21, 15 settembre 2013, www.articolo21.org/2013/09/ucciso-dalla-mafia-il-15-settembre-di-venti-anni-fa-don-pino-puglisi-il-prete-di-borgata-che-insegnava-i-valori-della-legalita V. Ceruso, Le sagrestie di cosa nostra, Newton compton, Roma, 2007, p. 108 A. Bolzoni, Palermo, ucciso prete antimafia, la Repubblica, 16 settembre 1993 Rosaria Cascio, Chiesa e mafia, una coabitazione troppo pacifica?, Reggio Emilia, Aula Manodori, Venerdì 17 maggio 2013 U. Santino, La mafia è male, però..., Narcomafie, luglio-agosto 2001, pp. 48-53 U. Santino, La beatificazione di don Puglisi: una definitiva presa di distanza?, www.centroimpastato.it/publ/online/beatificazione.php3 Qui per saperne di più www.centropadrenostro.it/articoli.asp?ID=142 G. Porcato, Il mio amico 3P, Casablanca n°30, 2013, p. 33 Atti dei processi, Sito ufficiale su padre Pino Puglisi dell’arcidiocesi di Palermo, www.padrepinopuglisi.diocesipa.it/index.php?option=com_content&view=article&id=100&Itemid=98 Ibidem Padre Pino Puglisi Ventisette anni di Pontificato che hanno cambiato la storia. E avvicinato la Chiesa ai fedeli, www.sampognaro.it/IL_PAPA_GIOVANNI_PAOLO_II_E_LA_MAFIA.htm N. Di Matteo, Pino Puglisi, “Cittadino” e Beato, Palermo, Palazzo delle Aquile, 20 maggio 2013 G. Puglisi, La testimonianza che diventa martirio, centropadrenostro.it/articoli.asp?ID=22 M. Naro, durante l’incontro, Don Pino Puglisi per il Vangelo, Palermo, 30 aprile 2013 G. Boni, Martirio e diritto canonico. Riflessioni sul caso di don Puglisi, Archivio Giuridico, vol. CCXXXIII, fasc. 4-2013, p. 427 Papa Francesco ricorda Pino Puglisi durante l’Angelus del 26 maggio 2013 Boni G. Specificità del martirio di don Giuseppe Puglisi: considerazioni canonistiche, Diritto e religioni, 2013 È la dimostrazione rilevata delle virtù attraverso l’impiego dei Documenti e delle Testimonianze ripresi nell’Inchiesta Diocesana. V. Bertolone, Padre Pino Puglisi, beato, San Paolo 2013, Alba, p. 132 Don Pino Puglisi sarà beato:il suo assassinio fu un martirio, Avvenire, 28 giugno 2012, www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/don-pino-puglisi-beato.aspx “Amate la giustizia, voi che governate sulla terra”, Conferenza episcopale siciliana, 9 ottobre 2012

  1. G. Puglisi, Se ognuno fa qualcosa, centropadrenostro.it/articoli.asp?ID=22
  2. V. Ceruso, Le sagrestie di cosa nostra, Newton compton, Roma, 2007, p. 108
  3. A. Bolzoni, Palermo, ucciso prete antimafia, la Repubblica, 16 settembre 1993
  4. Rosaria Cascio, Chiesa e mafia, una coabitazione troppo pacifica?, Reggio Emilia, Aula Manodori, Venerdì 17 maggio 2013
  5. U. Santino, La mafia è male, però..., Narcomafie, luglio-agosto 2001, pp. 48-53
  6. U. Santino, La beatificazione di don Puglisi: una definitiva presa di distanza?, www.centroimpastato.it/publ/online/beatificazione.php3
  7. G. Porcato, Il mio amico 3P, Casablanca n°30, 2013, p. 33