Prima guerra di 'ndrangheta

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Qui non c’è ‘ndrangheta di Mico Tripodo, non c’è ‘ndrangheta di ‘Toni Macrì, non c’è ‘ndrangheta di Peppe Nirta! Si dev’essere tutti uniti, chi vuole stare e chi non vuole se ne va!


(Giuseppe Zappia, capobastone di S. Martino di Taurianova, che presiedeva il Summit di Montalto)


Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta ha luogo in Calabria la prima guerra di ‘ndrangheta, ovvero scontri tra le cosche per ottenere il controllo del territorio e delle attività economiche. I sequestri di persona, gli appalti dell’edilizia e soprattutto il traffico di droga sono affari che garantiscono all’organizzazione un guadagno cospicuo e sicuro così personaggi importanti ma anche giovani ‘ndranghetisti desiderano ampliare il proprio potere territoriale.

Le principali cosche della Calabria sono situate nel basso tirreno, nella zona del reggino ma la struttura orizzontale permette nuove infiltrazioni anche nel resto della regione.


Storia

Il Summit di Montalto

Il 26 Ottobre del 1969 viene intercettato dalle forze dell’ordine il summit di Montalto, riunione alla quale partecipano le ‘ndrine del reggino. In questa occasione si pone fine alla ‘ndrangheta agropastorale, antica, di Antonio Macrì, Mico Tripodo, personaggi simbolo della vecchia organizzazione.

Il summit di Montalto è animato da divergenze d’opinione dovute alla voglia di espandere i domini territoriali ed investire nei nuovi mercati illegali con l’appoggio del potere politico. Sono gli anni degli investimenti nel Mezzogiorno, del contrabbando di sigarette, degli appalti, della costruzione del quinto centro siderurgico e dei lavori sul tratto Salerno-Reggio Calabria dell’autostrada del Sole.

La guerra

Iniziano una serie di omicidi eccellenti. Nel 1974 viene ucciso Giovanni De Stefano e ferito suo fratello Giorgio, nella guerra tra i De Stefano e don Mico Tripodo, vinta poi dai De Stefano.

Con la morte di Antonio Macrì, il 20 gennaio del 1975, in un agguato che vede gravemente ferito Francesco Commisso detto “u Quagghia” e braccio destro del boss di Siderno, finisce l’era della vecchia ‘ndrangheta, contraria ai sequestri di persona ed ai rapporti con la politica. A uccidere Macrì sono Pasquale Condello e Giovanni Saraceno con un auto rubata a Reggio Calabria e successivamente bruciata.

Sotto la pressione di don Mommo Piromalli, sostenuto dai Mammoliti di Castellace, dagli Strangio di San Luca, dai Barbaro di Platì e dagli Ietto di Natile di Careri, si fa largo la pratica dei sequestri di persona, il mercato della droga e l’avvicinamento allo Stato.

In soli due anni, tra il 1975 e il 1976 perdono la vita circa 194 persone, tra le quali personaggi importanti dell’organizzazione come Antonio Macrì, Mico Tripodo, Giuseppe Polimeni, Giuseppe Imerti, Martino Raso, Vincenzo Romeo, Giorgio De Stefano.

La guerra infiamma tutto il territorio calabrese, la ‘ndrangheta, infatti, in questo periodo è presente anche nella provincia di Catanzaro, nel crotonese, a Lamezia Terme, a Vibo Valentia, nei comuni di Soverato ma anche nello basso Jonio: a Crotone si fronteggiano i Feudale e i Vrenno; a Gioiosa Jonica la cosca degli Scali-Aquino si scontra con i Mazzaferro mentre a Cosenza viene ucciso Luigi Palermo, detto “u Zorru”. Numerosi sono gli attentati al presidente del summit di Montalto, Giuseppe Zappia fino al 5 agosto del 1993, anno della sua morte.

La prima guerra di ‘ndrangheta termina il 26 agosto del 1977 quando Raffaele Cutolo, futuro boss della Nuova Camorra Organizzata, fa uccidere da due suoi uomini, dentro il carcere di Poggioreale, don Mico Tripodo a seguito di una richiesta dei De Stefano che gli offrono anche un pagamento di cento o duecento milioni di lire. I De Stefano escono quindi vincitori dallo scontro insieme ai Cataldo e ai Mazzaferro nella locride, i Piromalli e i Mammoliti nella Piana di Gioia.

Il nuovo assetto si presenta fragile e il 7 novembre del 1977 Giorgio De Stefano, capo della sua famiglia, convocato a Santo Stefano in Aspromonte per un summit viene eliminato insieme all’idea di diventare capo supremo da Giuseppe Suraci per conto delle ‘ndrine di Gioia Tauro e San Luca. Questi sono anche gli anni della Santa e Mommo Piromalli è il primo fra tutti a ricoprire questo grado.

A Cosenza si affrontano i gruppi di Antonio De Sena e Franco pino, ai quali si alleano Giuseppe Cirillo di Sibari e Francesco Muto di Cetraro, contro Francesco Perna e i fratelli Mario e Pasqua Pranno aiutati da Mario Serpa di Paola.

A Limbadi aumenta il potere dei Mancuso, alleati con i Piromalli di Gioia Tauro e con i Pesce di Rosarno.

L’epilogo della prima guerra di ‘ndrangheta conta circa 233 morti.