Processo per la Trattativa Stato-mafia

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Senza Stato la mafia sarebbe già morta[1]


Il Processo per la Trattativa Stato-mafia è il processo che punta ad approfondire ed accertare le eventuali responsabilità penali di uomini dello Stato e membri di Cosa nostra nella cosidetta Trattativa Stato-mafia.

Antefatti

Il processo

Gli imputati del processo sono: Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza, Massimo Ciancimino, accusato di concorso esterno, il generale Antonio Subranni, il generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno, accusati di violenza a un corpo istituzionale dello Stato insieme a Marcello Dell'Utri. In più i boss mafiosi: Totò Riina, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Antonino Cinà.

Primo grado

Il processo di primo grado si apre il 27 maggio 2013 davanti alla Corte d'Assise di Palermo, nell'aula bunker del carcere Pagliarelli.

I testi citati dalla Procura sono 178. Tra questi compaiono anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e il Presidente del Senato Pietro Grasso.

Il 31 maggio 2013 la Corte d'Assise rifiuta gran parte delle richieste di costituzione di parte civile, tra queste: Salvatore Borsellino, il movimento Agende Rosse, il comune e la provincia di Firenze, Addiopizzo, la regione Toscana, Rifondazione comunista e i familiari di Salvo Lima. Vengono invece ammesse la Presidenza del Consiglio, l'Associazione familiari delle vittime dei Georgofili, Libera e Gianni De Gennaro.

Lo stesso giorno il procuratore aggiunto Vittorio Teresi formalizza la contestazione dell'aggravante al reato di falsa testimonianza nei confronti di Nicola Mancino: "aver agito non solo per assicurare l'impunità ma anche al fine di occultare il reato di attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato"

Sentenza

Secondo grado

Sentenza

Cassazione

Sentenza

Note

  1. Memoria dei Pm di Palermo per la Trattativa Stato-mafia, 5 novembre 2012