Seconda guerra di 'ndrangheta


Quando si concluse nell’estate del 1991, si contarono quasi settecento morti, più delle vittime che finora hanno insanguinato la striscia di Gaza
(Nicola Gratteri, Antonio Nicaso – Fratelli di sangue )


La seconda guerra di ‘ndrangheta iniziò nel 1985 con un tentato omicidio al quale seguirono centinaia di morti. Terminò nel 1991 con l’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti. Teatro principale di questo conflitto fu la città di Reggio Calabria, circa 700 le vittime. Non ci furono né vincitori né vinti. Al termine di questo conflitto e in seguito alla stagione stragista del 1992/1993 attuata da Cosa nostra, la mafia calabrese divenne l’organizzazione mafiosa più potente d’Italia.

Tra le due guerre

I rapporti della 'ndrangheta con le altre mafie

Nel periodo che intercorse tra le due guerre di ‘ndrangheta (1977-1985) i principali clan calabresi acquisirono potere e ricchezza. Si avvalsero di strette alleanze con i clan di Cosa nostra e della camorra per i business legati ai grandi traffici di stupefacenti. Per sottolineare l’influenza che emanava già da allora, il potente boss di Rosarno Umberto Bellocco e Giuseppe Rogoli di Mesagne, la sera di Natale del 1981 presso il carcere di Trani fondarono la Sacra Corona Unita, la mafia pugliese.

'ndrangheta e politica

Per avere un controllo diretto sulla “cosa pubblica” le ‘ndrine puntarono da sempre all’infiltrazione nelle giunte comunali. Nel 1980 l’avvocato Giorgio De Stefano, cugino del boss Paolo De Stefano fu eletto Consigliere Comunale presso la città di Reggio Calabria. Nel 1983 presso il comune di Limbadi (Vibo Valentia) si candidò sindaco il latitante Francesco Mancuso e vinse le elezioni. Per non dare seguito a questo illecito intervenne l’allora Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini sciogliendo l’amministrazione comunale. Ci sarebbero voluti altri otto anni prima dell’introduzione della legge che consente lo scioglimento degli enti locali per infiltrazione mafiosa (1991).

Omicidi ai danni di membri del Pci

In seguito alla prima guerra di ‘ndrangheta, i clan mantennero le loro caratteristiche violente. I clan di Roccella Jonica nel 1977 uccisero Rocco Gatto, onesto lavoratore iscritto al Pci di Gioiosa Jonica. Ancora una volta l’intervento di Sandro Pertini che tre anni dopo l’omicidio gli conferì la Medaglia d’oro al valor civile, sottolineando la gravità del fatto. Nel 1980 a Nicotera i clan di Rosarno ammazzarono Giuseppe Valarioti, mentre stava festeggiando la vittoria delle elezioni comunali di Rosarno del PCI, partito in cui militava.

Origini e cause

Scenario calabrese negli anni '80

Lo scoppio della guerra

Il conflitto nacque perché i De Stefano volevano estendere il potere su Villa San Giovanni. La posizione strategica sullo stretto di Messina è sempre stato di grande interesse per i gruppi mafiosi. Fu così che nel 1985 Il boss reggino Paolo De Stefano tentò di uccidere con un’auto bomba Antonio Imerti il boss che deteneva il potere del territorio di Villa SG. Imerti riuscì a salvarsi e due giorni dopo il capo bastone dei De Stefano venne ucciso nel “suo” quartiere Archi di Reggio Calabria. Da questo fatto una lunga scia di sangue colpì Reggio Calabria.

I clan protagonisti

Gran parte dei clan impegnati nella guerra erano originari della città di Reggio Calabria, le cruenti rivalità portarono le cosche ad affidarsi addirittura a ragazzi minorenni per gli omicidi. Questo fu una anomalia nelle norme comportamentali che fino ad allora e dopo questo conflitto la ‘ndrangheta mai adottò.

In seguito all’omicidio di Paolo De Stefano si crearono due blocchi contrapposti all’interno della città: i De Stefano, Libri, Latella, Barreca, Paviglianiti e Zito contro gli Imerti, Condello, Saraceno, Fontana, Rosmini e Lo Giudice.

Cartello De Stefano

I De Stefano di Reggio Calabria sono ancora oggi una ‘ndrina molto potente. Il territorio d’influenza in cui si estende il loro potere è il quartiere Archi di Reggio Calabria. Godono delle alleanze con il “gotha” della ‘ndrangheta. Attraverso i moti di Reggio del 1970-1971 furono tra i precursori dell’ingresso della mafia calabrese nella massoneria deviata. Successivamente alla vittoria della I° guerra di ‘ndrangheta (1974-1977), nella città di Reggio Calabria presero il posto dei Tripodo fino ad allora egemoni. Nel 1977 fu ucciso Giorgio De Stefano perché ambiva a diventare il Capo dei capi della ‘ndrangheta, il suo ‘successore’ fu il fratello Paolo De Stefano. Il collaboratore di giustizia Paolo Iannò spiega il potere che disponeva il boss di Archi: ‘’era il vertice del "locale", aveva influenza non solo su Reggio, ma anche al Nord. Aveva amicizia con i Cataldo sulla jonica e con i Piromalli sulla tirrenica. Ma anche al Nord o con la famiglia Cutolo, e infatti don Mico Tripodo fu ucciso nel carcere di Napoli da un cutoliano’’. Attraverso il matrimonio tra Carmine (figlio di Paolo De Stefano) e la figlia di Franco Coco Trovato, Giuseppina, il clan De Stefano estese il suo potere anche in Lombardia. Sui risvolti della II° guerra di ‘ndrangheta nel milanese è di rilievo quanto scritto nel libro “Buccinasco” da Nando dalla Chiesa e Martina Panzarasa sull’alleanza dei clan Sergi-Papalia di Platì e De Stefano-Libri di Reggio Calabria ‘’ Il legame con la coalizione dei De Stefano-Libri durante la guerra era così stretto che influenzò gli equilibri fra i gruppi a livello locale’’.

Cartello Imerti

Gli Imerti sono una ‘ndrina originaria di Fiumara Muro, limitrofa alla città di Reggio Calabria. Il clan fu capeggiato da Antonio Imerti, detto ‘Nano Feroce’. Altro clan di rilievo che partecipò ai conflitti di Reggio Calabria fu la cosca dei Condello, il personaggio più rilevante fu Pasquale Condello detto ‘Il Supremo’, venne arrestato il 18 febbraio 2008 dopo 18 anni di latitanza. Inizialmente i Condello erano alleati con i De Stefano ma in seguito al matrimonio tra la cugina del ‘Supremo’ Giuseppina Condello e Antonio Imerti, i due gruppi si allearono.

Il blocco contrapposto ai De Stefano sembra che si avvalesse anche dell’alleanza con i Serraino. Per questo Francesco Serraino detto ‘Il re della Montagna’ e suo figlio Alessandro furono uccisi nel 1986 in un ospedale di Reggio Calabria. Secondo il collaboratore di giustizia

Roberto Moio, l’omicidio dei due Serraino fu ‘’ un errore, a causa del quale il cartello Tegano-De Stefano ha guadagnato degli acerrimi nemici e ben armati’’. All’interno del libro ‘Confessioni di un padre’ scritto da Ombretta Ingrascì si spiega come un trafficante di armi svizzero che forniva il cartello De Stefano passò a fornire indirettamente il cartello Imerti grazie ad Emilio Di Giovine operante a Milano, legato attraverso vincoli di parentela ai Serraino-Rosmini.