Mafia a Como: differenze tra le versioni

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== Città ==
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Per quanto riguarda la realtà comasca, essa ha sia subito una diffusione del fenomeno dal contesto milanese, lecchese, varesino e della Brianza in generale dove era forte la presenza della criminalità organizzata, sia si è sviluppata come realtà indipendente.  
Per quanto riguarda la realtà comasca, essa ha sia subito una diffusione del fenomeno dal contesto milanese, lecchese, varesino e della Brianza in generale dove era forte la presenza della criminalità organizzata, sia si è sviluppata come realtà indipendente.  
Uno dei fattori principali della colonizzazione mafiosa di Como è stata l’istituzione della legge sul soggiorno obbligato del 1956 per le “persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità” , estesa “agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose”  nel 1965, che ha portato 44 boss mafiosi tra il 1961 e il 1971 nel capoluogo lariano, come testimoniato dalla Commissione Antimafia.  
Uno dei fattori principali della colonizzazione mafiosa di Como è stata l’istituzione della legge sul soggiorno obbligato del 1956 per le ''“persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità”''<ref>Legge 27 dicembre 1956, n. 1423 </ref> , estesa ''“agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose”'' nel 1965, che ha portato 44 boss mafiosi tra il 1961 e il 1971 nel capoluogo lariano, come testimoniato dalla Commissione Antimafia.  


La presenza dei 163 comuni in cui è suddivisa la provincia ha permesso alle organizzazioni di stampo mafioso, ed in particolar modo alla ‘ndrangheta, di insediarsi e prendere il controllo di tali realtà, sia economicamente che territorialmente, come dimostra il fatto che dal 1983 è verificato il pagamento del cosiddetto “pizzo” da parte di alcuni esercizi pubblici e commerciali.
La presenza dei 163 comuni in cui è suddivisa la provincia ha permesso alle organizzazioni di stampo mafioso, ed in particolar modo alla ‘ndrangheta, di insediarsi e prendere il controllo di tali realtà, sia economicamente che territorialmente, come dimostra il fatto che dal 1983 è verificato il pagamento del cosiddetto “pizzo” da parte di alcuni esercizi pubblici e commerciali.
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