Antonio Macrì: differenze tra le versioni

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Antonio Macrì è stato uno dei capi più rappresentativi della ‘ndrangheta, il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro dichiarò ai magistrati ''‘’Quest’uomo era il '''Capo-Crimine e rappresentava, secondo me, non ‘indegnamente’ quella che si riteneva fosse l’onorata società''', egli, se si può dire, era il capo dei capi…il vero rappresentante, con tutti i titoli in Cosa nostra e aveva le ‘chiavi’ per entrare negli Usa, in Canada e in Australia’’''.  
Antonio Macrì è stato uno dei capi più rappresentativi della ‘ndrangheta, il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro dichiarò ai magistrati ''‘’Quest’uomo era il '''Capo-Crimine e rappresentava, secondo me, non ‘indegnamente’ quella che si riteneva fosse l’onorata società''', egli, se si può dire, era il capo dei capi…il vero rappresentante, con tutti i titoli in Cosa nostra e aveva le ‘chiavi’ per entrare negli Usa, in Canada e in Australia’’''.  
La biografia criminale di Zzi ‘Ntoni fu costellata di assoluzioni e vicende non ancora chiarite. I primi riscontri della vicinanza ad ambienti criminali si ritrovano nel 1929. Fu proprio nel periodo del dominio fascista che Macrì consolidò il potere a Siderno e all’interno della ‘ndrangheta. Secondo la testimonianza di Antonio Delfino (figlio di Massaru Peppi, il carabiniere che fu incaricato di catturare i latitanti in Aspromonte nel periodo fascista) ci fu un accordo tra suo padre e Antonio Macrì per le celebrazioni nel corso processione della Madonna di Polsi (San Luca) ‘’ Nel 1940 mio padre andò a chiamare Antonio Macrì e ci fu una specie di patto che durante i festeggiamenti non dovesse accadere niente. E per tutti gli anni che mio padre diresse il servizio non accadde niente’’. Nel 1944 i giudici lo indicarono come capo di un’organizzazione a delinquere. A guerra finita, il boss venne indicato come mente direttiva di un’associazione che incuteva terrore a Siderno. Ai tempi dell’Operazione Marzano del 1955 fu denunciato perché aveva presieduto una riunione mafiosa in Aspromonte. Sempre nello stesso periodo, nel libro ‘Ndrangheta dall’Unità a oggi, Ciconte riporta che l’avvocato difensore di Antonio Macrì era Domenico Catalano, definito da diverse posizioni come ‘’ l’avvocato difensore dei più noti capi mafia della provincia […] l’amico degli amici’’, all’interno del medesimo libro Ciconte riporta ‘’ riguardo la possibilità di confino di Antonio Macrì, il Catalano chiedeva di fare delle dichiarazioni alle quali era interessato il Vaticano, infatti il vescovo di Locri Perantoni avrebbe chiesto protezione e difesa ad Antonio Macrì[…] nonostante ciò, fu spedito al confino’’. Nel 1967 Zzi Ntoni organizzò una truffa ai danni del Banco di Napoli a Siderno, il giudice del Tribunale di Locri Vincenzo Marino sostenne ‘’ non ha esitato ad esprimersi in forma mafiosa’’, fu prosciolto dalle accuse perpetrate nei suoi confronti.
La biografia criminale di Zzi ‘Ntoni fu costellata di assoluzioni e vicende non ancora chiarite. I primi riscontri della vicinanza ad ambienti criminali si ritrovano nel 1929. Fu proprio nel periodo del dominio fascista che Macrì consolidò il potere a Siderno e all’interno della ‘ndrangheta. Secondo la testimonianza di Antonio Delfino (figlio di Massaru Peppi, il carabiniere che fu incaricato di catturare i latitanti in Aspromonte nel periodo fascista) ci fu un accordo tra suo padre e Antonio Macrì per le celebrazioni nel corso processione della Madonna di Polsi (San Luca) ''‘’ Nel 1940 mio padre andò a chiamare Antonio Macrì e ci fu una specie di patto che durante i festeggiamenti non dovesse accadere niente. E per tutti gli anni che mio padre diresse il servizio non accadde niente’’''. Nel 1944 i giudici lo indicarono come capo di un’organizzazione a delinquere. A guerra finita, il boss venne indicato come mente direttiva di un’associazione che incuteva terrore a Siderno. Ai tempi dell’Operazione Marzano del 1955 fu denunciato perché aveva presieduto una riunione mafiosa in Aspromonte. Sempre nello stesso periodo, nel libro ‘Ndrangheta dall’Unità a oggi, Ciconte riporta che l’avvocato difensore di Antonio Macrì era Domenico Catalano, definito da diverse posizioni come ‘’ l’avvocato difensore dei più noti capi mafia della provincia […] l’amico degli amici’’, all’interno del medesimo libro Ciconte riporta ‘’ riguardo la possibilità di confino di Antonio Macrì, il Catalano chiedeva di fare delle dichiarazioni alle quali era interessato il Vaticano, infatti il vescovo di Locri Perantoni avrebbe chiesto protezione e difesa ad Antonio Macrì[…] nonostante ciò, fu spedito al confino’’. Nel 1967 Zzi Ntoni organizzò una truffa ai danni del Banco di Napoli a Siderno, il giudice del Tribunale di Locri Vincenzo Marino sostenne ‘’ non ha esitato ad esprimersi in forma mafiosa’’, fu prosciolto dalle accuse perpetrate nei suoi confronti.
Le continue assoluzioni, le vicinanze con boss prestigiosi di Cosa Nostra siciliana e americana, i fatti della Strage di Locri del 1967, il Summit di Montalto del 1969 e l’esecuzione del 1975 dimostrarono come il boss dei due mondi sia stato uno dei capi più importanti della storia della ‘ndrangheta.
Le continue assoluzioni, le vicinanze con boss prestigiosi di Cosa Nostra siciliana e americana, i fatti della Strage di Locri del 1967, il Summit di Montalto del 1969 e l’esecuzione del 1975 dimostrarono come il boss dei due mondi sia stato uno dei capi più importanti della storia della ‘ndrangheta.


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