Strage di Piazza Mercato: differenze tra le versioni

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<center>"Banditi mascherati falciano a raffiche di mitra tre uomini in mezzo al mercato gremito di gente"</center>
La '''strage di piazza mercato''' segna la città di Locri (RC), il '''23 giugno''' del '''1967''', e prende forma durante la disputa tra le cosche locali per il controllo del territorio e degli affari leciti ed illeciti su questo esercitati.
La sparatoria causa la morte di un uomo innocente oltre a quella di altri due uomini vicini alle 'ndrine locali; successivamente, dalle indagini, si ipotizza che l'obiettivo della sparatoria fosse, in realtà, solo Domenico Cordì che paga con la vita un affronto fatto ad Antonio Macrì, ovvero, l'aver prelevato, qualche tempo prima, 1700 di 2000 casse di sigarette destinate al boss di Siderno.
Sono questi i presupposti che danno inizio ad una lunga e sanguinosa guerra di 'ndrangheta, nella provincia di Reggio Calabria, che vede contrapporsi le 'ndrine Cataldo - Cordì.
==La strage==
A Locri (RC) sono le 7.30 circa del mattino quando al mercato locale fa capolinea una Fiat Giulia bianca, targata RC, con quattro persone a bordo. Gli uomini, armati di mitra, pistola e fucile scendono dal mezzo fermatosi vicino al banco della frutta da loro individuato.
Uno degli uomini armati, vestito con tuta blu e fazzoletto a scacchi usato per coprirsi il viso, prima di sparare grida una sola parola: "Guardatevi!". Poi esplode due raffiche. Saracino, colpito alle spalle, lancia un urlo e s'abbatte fra le ceste del suo banco; Siciliano e Cordì sono feriti gravemente. La folla, terrorizzata, fugge da ogni parte: donne svenute, bimbi che piangono, gente che tenta di ripararsi in qualche modo urtandosi e gettandosi a terra <ref> Feroce sparatoria di banditi in Calabria fra la folla al mercato; tre uomini uccisi, La Stampa, 24 giugno 1967</ref>
Nell'agguato, i corpi caduti sono quelli di Domenico Cordì guardiano di agrumi; Vincenzo Saracino, ortofrutticolo e Carmelo Siciliano arrivato in paese per fare compere di frutta.
Nonostante, in pochi minuti, siano stati sparati circa 40 bossoli di arma da fuoco e abbiano perso la vita tre persone, i malviventi continuano a creare panico tra la folla destinando altri colpi di pistola a dei passanti intenti a rallentare la loro folle corsa. E' così che restano feriti Recupero Giovanni, pensionato di 75 anni, e Surace Salvatore, postino di 65 anni.
Inoltre, ad essere ferito è anche Naccarato Giuseppe, brigadiere dei carabinieri, che allertato dalle urla e dagli spari si precipita in strada e cerca, come i due passanti, di opporsi alla fuga della Giulia bianca rubata utilizzando la sua pistola di servizio così da mandare in pezzi il vetro posteriore dell'autovettura che riesce, nonostante tutto, a dileguarsi.
===Le vittime della strage===
Le vittime della strage di piazza mercato sono complessivamente tre:
#'''Cordì Domenico''', anni 42 di Locri (RC), esponente di spicco della 'ndrina Cordì;
#'''Saracino Vincenzo''', anni 37, nativo di Siderno (RC), appartenente alla famiglia Saracino;
#'''Siciliano Carmelo''', anni 39, commerciante ortofrutticolo, nativo di Antonimina (RC), vittima innocente di mafia.
==Le indagini==
Dalle testimonianze raccolte tra la folla presente sul posto, l'auto - una Giulia targata RC successivamente scoperta rubata ad un medico di Melito Porto Salvo - sarebbe giunta a Locri  intorno alle 7:00 della mattina percorrendo dapprima la statale 111 e successivamente alcune strade di paese prima di fermarsi proprio nella piazza adibita ad area mercatale.
Una volta terminata la sparatoria, il conducente dell'auto bianca decide di percorrere nuovamente le stesse strade del paese per poi far perdere le proprie tracce sulla statale 111. Sarà stata, forse, una casualità ma per questo motivo, da subito gli investigatori prendono in considerazione l'ipotesi che i sicari non siano del posto e conoscessero una sola strada - la stessa percorsa per arrivare e per fuggire da Locri.
L'auto bianca, infine, viene ritrovata dai vigili del fuoco in contrada Zomaro, a 24 km dal luogo della strage: molto probabilmente, i banditi hanno deciso di proseguire a piedi o con l'aiuto di qualche altro abbandonando l'auto in una stradina solitaria, in mezzo al nulla, dopo averla incendiata. I vigili del fuoco, inoltre, riescono ad intravedere delle macchie di sangue sul sedile della vettura, segno  che uno degli uomini a bordo sia stato raggiunto dai colpi di arma da fuoco sparati durante la colluttazione.
Dalle prime indagini, per gli investigatori, la strage avvenuta in piazza mercato si presenta come una grade incognita. Risulta complicato individuare i sicari ma anche i mandanti dell'omicidio. 
Le possibili cause che vedono morire, nella stessa giornata, Cordì e Saracino possono essere ricondotte ad un regolamento di conti finito male organizzato da uno dei due uomini, raggiunto anche lui dalla pioggia di proiettili. Questa ipotesi viene avanzata dagli inquirenti perché tra il Cordì ed il Saracino, in realtà, non vi erano affatto dei buoni rapporti: il primo, infatti, era stato accusato insieme ad altri, nel 1958, per la morte di Antonio Saracino, studente di 19 anni e fratello di Vincenzo, per poi essere assolto per insufficienza di prove.
Successivamente, la causa della strage di piazza mercato viene collegata a nuovi accordi, alleanze e interessi per gli affari  del mondo dell'edilizia e degli appalti stradali, in particolar modo, i lavori di ampliamento della statale 106. <ref>"La vecchia o la nuova mafia sta dietro l'eccidio di Locri", l'Unità, 24 giugno 1967</ref> Ancora, secondo gli inquirenti, Cordì, all'epoca luogotenente di Macrì, avrebbe pagato con la vita per la sua pretesa di primeggiare nel settore dell'ortofrutta, dei trasporti e degli appalti stradali. <ref>"La mafia ha cambiato aria prima della strategia di Locri", l'Unità, 25 giugno 1967</ref>
Terminate le indagini, vengono fatti i nomi di Antonio Nirta, potente boss di San Luca, ed Antonio Macrì come mandanti della strage mentre Tommaso Scaduto insieme ad Antonio Di Cristina, entrambi palermitani, ne sono considerati gli esecutori. Successivamente, vengono tutti assolti per insufficienza di prove.
==Note==
<references></references>
==Fonti==
*Fratelli di sangue, di N. Gratteri e A. Nicaso
*'Ndrangheta, di E. Ciconte
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Versione delle 15:52, 12 lug 2016

"Banditi mascherati falciano a raffiche di mitra tre uomini in mezzo al mercato gremito di gente"


La strage di piazza mercato segna la città di Locri (RC), il 23 giugno del 1967, e prende forma durante la disputa tra le cosche locali per il controllo del territorio e degli affari leciti ed illeciti su questo esercitati.

La sparatoria causa la morte di un uomo innocente oltre a quella di altri due uomini vicini alle 'ndrine locali; successivamente, dalle indagini, si ipotizza che l'obiettivo della sparatoria fosse, in realtà, solo Domenico Cordì che paga con la vita un affronto fatto ad Antonio Macrì, ovvero, l'aver prelevato, qualche tempo prima, 1700 di 2000 casse di sigarette destinate al boss di Siderno.

Sono questi i presupposti che danno inizio ad una lunga e sanguinosa guerra di 'ndrangheta, nella provincia di Reggio Calabria, che vede contrapporsi le 'ndrine Cataldo - Cordì.


La strage

A Locri (RC) sono le 7.30 circa del mattino quando al mercato locale fa capolinea una Fiat Giulia bianca, targata RC, con quattro persone a bordo. Gli uomini, armati di mitra, pistola e fucile scendono dal mezzo fermatosi vicino al banco della frutta da loro individuato. Uno degli uomini armati, vestito con tuta blu e fazzoletto a scacchi usato per coprirsi il viso, prima di sparare grida una sola parola: "Guardatevi!". Poi esplode due raffiche. Saracino, colpito alle spalle, lancia un urlo e s'abbatte fra le ceste del suo banco; Siciliano e Cordì sono feriti gravemente. La folla, terrorizzata, fugge da ogni parte: donne svenute, bimbi che piangono, gente che tenta di ripararsi in qualche modo urtandosi e gettandosi a terra [1]

Nell'agguato, i corpi caduti sono quelli di Domenico Cordì guardiano di agrumi; Vincenzo Saracino, ortofrutticolo e Carmelo Siciliano arrivato in paese per fare compere di frutta.

Nonostante, in pochi minuti, siano stati sparati circa 40 bossoli di arma da fuoco e abbiano perso la vita tre persone, i malviventi continuano a creare panico tra la folla destinando altri colpi di pistola a dei passanti intenti a rallentare la loro folle corsa. E' così che restano feriti Recupero Giovanni, pensionato di 75 anni, e Surace Salvatore, postino di 65 anni.

Inoltre, ad essere ferito è anche Naccarato Giuseppe, brigadiere dei carabinieri, che allertato dalle urla e dagli spari si precipita in strada e cerca, come i due passanti, di opporsi alla fuga della Giulia bianca rubata utilizzando la sua pistola di servizio così da mandare in pezzi il vetro posteriore dell'autovettura che riesce, nonostante tutto, a dileguarsi.

Le vittime della strage

Le vittime della strage di piazza mercato sono complessivamente tre:

  1. Cordì Domenico, anni 42 di Locri (RC), esponente di spicco della 'ndrina Cordì;
  2. Saracino Vincenzo, anni 37, nativo di Siderno (RC), appartenente alla famiglia Saracino;
  3. Siciliano Carmelo, anni 39, commerciante ortofrutticolo, nativo di Antonimina (RC), vittima innocente di mafia.

Le indagini

Dalle testimonianze raccolte tra la folla presente sul posto, l'auto - una Giulia targata RC successivamente scoperta rubata ad un medico di Melito Porto Salvo - sarebbe giunta a Locri intorno alle 7:00 della mattina percorrendo dapprima la statale 111 e successivamente alcune strade di paese prima di fermarsi proprio nella piazza adibita ad area mercatale.

Una volta terminata la sparatoria, il conducente dell'auto bianca decide di percorrere nuovamente le stesse strade del paese per poi far perdere le proprie tracce sulla statale 111. Sarà stata, forse, una casualità ma per questo motivo, da subito gli investigatori prendono in considerazione l'ipotesi che i sicari non siano del posto e conoscessero una sola strada - la stessa percorsa per arrivare e per fuggire da Locri.

L'auto bianca, infine, viene ritrovata dai vigili del fuoco in contrada Zomaro, a 24 km dal luogo della strage: molto probabilmente, i banditi hanno deciso di proseguire a piedi o con l'aiuto di qualche altro abbandonando l'auto in una stradina solitaria, in mezzo al nulla, dopo averla incendiata. I vigili del fuoco, inoltre, riescono ad intravedere delle macchie di sangue sul sedile della vettura, segno che uno degli uomini a bordo sia stato raggiunto dai colpi di arma da fuoco sparati durante la colluttazione. Dalle prime indagini, per gli investigatori, la strage avvenuta in piazza mercato si presenta come una grade incognita. Risulta complicato individuare i sicari ma anche i mandanti dell'omicidio.

Le possibili cause che vedono morire, nella stessa giornata, Cordì e Saracino possono essere ricondotte ad un regolamento di conti finito male organizzato da uno dei due uomini, raggiunto anche lui dalla pioggia di proiettili. Questa ipotesi viene avanzata dagli inquirenti perché tra il Cordì ed il Saracino, in realtà, non vi erano affatto dei buoni rapporti: il primo, infatti, era stato accusato insieme ad altri, nel 1958, per la morte di Antonio Saracino, studente di 19 anni e fratello di Vincenzo, per poi essere assolto per insufficienza di prove. Successivamente, la causa della strage di piazza mercato viene collegata a nuovi accordi, alleanze e interessi per gli affari del mondo dell'edilizia e degli appalti stradali, in particolar modo, i lavori di ampliamento della statale 106. [2] Ancora, secondo gli inquirenti, Cordì, all'epoca luogotenente di Macrì, avrebbe pagato con la vita per la sua pretesa di primeggiare nel settore dell'ortofrutta, dei trasporti e degli appalti stradali. [3]

Terminate le indagini, vengono fatti i nomi di Antonio Nirta, potente boss di San Luca, ed Antonio Macrì come mandanti della strage mentre Tommaso Scaduto insieme ad Antonio Di Cristina, entrambi palermitani, ne sono considerati gli esecutori. Successivamente, vengono tutti assolti per insufficienza di prove.

Note

  1. Feroce sparatoria di banditi in Calabria fra la folla al mercato; tre uomini uccisi, La Stampa, 24 giugno 1967
  2. "La vecchia o la nuova mafia sta dietro l'eccidio di Locri", l'Unità, 24 giugno 1967
  3. "La mafia ha cambiato aria prima della strategia di Locri", l'Unità, 25 giugno 1967

Fonti

  • Fratelli di sangue, di N. Gratteri e A. Nicaso
  • 'Ndrangheta, di E. Ciconte