Cosa Nostra: differenze tra le versioni

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'''Cosa Nostra''' ha una struttura verticistica consolidatasi a partire dal [[Summit Grand Hotel et des Palmes|Summit al Grand Hotel et des Palmes]] di Palermo del [[12 ottobre]] [[1957]]. Nell'immediato dopoguerra come del resto nel periodo precedente al conflitto mondiale non vi era un organo di controllo della mafia siciliana. Vi erano alcune figure come [[Calogero Vizzini]], il boss di Villalba, seguito dopo la sua morte nel [[1954]] da [[Giuseppe Genco Russo]], boss di Mussomeli, che a lungo sono stati identificati come antesignani del Capo dei capi, anche se tale lettura è ovviamente semplicistica e fuorviante. Pur non negando infatti il carisma e la rilevanza che avevano all’interno dell’organizzazione, un personaggio come Giuseppe Genco Russo non era paragonabile ai boss americani e palermitani, quest'ultimi di gran lunga più importanti per via del potere che esercitavano in città.  
'''Cosa Nostra''' ha una struttura verticistica consolidatasi a partire dal [[Summit Grand Hotel et des Palmes|Summit al Grand Hotel et des Palmes]] di Palermo del [[12 ottobre]] [[1957]]. Nell'immediato dopoguerra come del resto nel periodo precedente al conflitto mondiale non vi era un organo di controllo della mafia siciliana. Vi erano alcune figure come [[Calogero Vizzini]], il boss di Villalba, seguito dopo la sua morte nel [[1954]] da [[Giuseppe Genco Russo]], boss di Mussomeli, che a lungo sono stati identificati come antesignani del Capo dei capi, anche se tale lettura è ovviamente semplicistica e fuorviante. Pur non negando infatti il carisma e la rilevanza che avevano all’interno dell’organizzazione, un personaggio come Giuseppe Genco Russo non era paragonabile ai boss americani e palermitani, quest'ultimi di gran lunga più importanti per via del potere che esercitavano in città.  
[[File:Struttura famiglia moiraghi.jpg|300px|thumb|right|Struttura della Famiglia di Cosa Nostra (Schema di Francesco Moiraghi)]]
[[File:Struttura-famiglia-cosa-nostra-siciliana.jpg|alt=struttura famiglia cosa nostra siciliana|miniatura|200x200px|Struttura della Famiglia di Cosa nostra siciliana]]
Durante il Summit, nell'appartamento al primo piano in cui Wagner aveva composto il terzo atto del “''Parsifal''”, i capi della mafia siciliana e di Cosa nostra americana si incontrarono per organizzare organizzare il traffico di eroina tra Sicilia e Stati Uniti. Fu in quella sede che cominciò a circolare l’idea di estendere il modello organizzativo della Commissione di New York anche sul territorio siciliano, o almeno nella provincia di Palermo, dove il grande numero di famiglie mafiose interessate al traffico di stupefacenti avrebbe potuto creare problemi e faide interne. [[Tommaso Buscetta|Buscetta]] affermò di essere stato incaricato di costituire la Commissione avviando le consultazioni tra i boss principali di Cosa nostra<ref>Saverio Lodato, La Mafia ha vinto, Milano, Mondadori, 1999, p. 60</ref>.
Durante il Summit, nell'appartamento al primo piano in cui Wagner aveva composto il terzo atto del “''Parsifal''”, i capi della mafia siciliana e di Cosa nostra americana si incontrarono per organizzare organizzare il traffico di eroina tra Sicilia e Stati Uniti. Fu in quella sede che cominciò a circolare l’idea di estendere il modello organizzativo della Commissione di New York anche sul territorio siciliano, o almeno nella provincia di Palermo, dove il grande numero di famiglie mafiose interessate al traffico di stupefacenti avrebbe potuto creare problemi e faide interne. [[Tommaso Buscetta|Buscetta]] affermò di essere stato incaricato di costituire la Commissione avviando le consultazioni tra i boss principali di Cosa nostra<ref>Saverio Lodato, La Mafia ha vinto, Milano, Mondadori, 1999, p. 60</ref>.


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* ''Per approfondire, vedi [[:Categoria:Famiglie di Cosa Nostra|Famiglie di Cosa Nostra]]''
* ''Per approfondire, vedi [[:Categoria:Famiglie di Cosa Nostra|Famiglie di Cosa Nostra]]''
 
[[File:Struttura-cosa-nostra-siciliana.jpg|alt=Commissione provinciale|miniatura|200x200px|Il ruolo della Commissione provinciale in Cosa Nostra]]
[[File:Commissione provinciale moiraghi.jpg|300px|thumb|Il ruolo della Commissione provinciale in Cosa Nostra (Schema di Francesco Moiraghi)|alt=Commissione provinciale]]
 
Il '''Mandamento''' è il raggruppamento di tre o più famiglie territorialmente limitrofe. I rappresentanti dei mandamenti palermitani e dei mandamenti provinciali, eletti dalle famiglie, costituiscono la [[Commissione provinciale]].
Il '''Mandamento''' è il raggruppamento di tre o più famiglie territorialmente limitrofe. I rappresentanti dei mandamenti palermitani e dei mandamenti provinciali, eletti dalle famiglie, costituiscono la [[Commissione provinciale]].


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Il rapporto con la [['Ndrangheta|'ndrangheta]] è sempre stato molto stretto e, inizialmente, era fondato sugli stessi presupposti e obiettivi del rapporto con la camorra. Come per l'organizzazione campana, anche in quella calabrese capibastone di spicco come [[Antonio Macrì]], [[Giuseppe Piromalli]], [[Domenico Tripodo|Mico Tripodo]] (compare d'anello di [[Totò Riina]]<ref>Citato in Gazzetta del Sud, ''"U curtu" e i legami con i clan calabresi'', 18 novembre 2017</ref>) vennero affiliati a Cosa Nostra.  
Il rapporto con la [['Ndrangheta|'ndrangheta]] è sempre stato molto stretto e, inizialmente, era fondato sugli stessi presupposti e obiettivi del rapporto con la camorra. Come per l'organizzazione campana, anche in quella calabrese capibastone di spicco come [[Antonio Macrì]], [[Giuseppe Piromalli]], [[Domenico Tripodo|Mico Tripodo]] (compare d'anello di [[Totò Riina]]<ref>Citato in Gazzetta del Sud, ''"U curtu" e i legami con i clan calabresi'', 18 novembre 2017</ref>) vennero affiliati a Cosa Nostra.  


La collaborazione tra le due organizzazioni era presente anche in Sicilia, in particolare nella [[Mafie a Messina|provincia di Messina]], tanto che mafiosi come il messinese Rosario Saporito divenne elemento di spicco dei [[Mazzaferro ('ndrina)|Mazzaferro]], mentre [[Calogero Marcenò]], originario di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, divenne capo-locale della [[Locale di Varese]], controllata dagli [[Zagari ('ndrina)|Zagari]]<ref>La circostanza è emersa durante il [[Processo Leopardo|processo Leopardo]] e a riferire la circostanza, nell'udienza del 24 marzo 1995, fu lo stesso Marcenò, divenuto collaboratore di giustizia</ref>.
La collaborazione tra le due organizzazioni era presente anche in Sicilia, in particolare nella [[Mafie a Messina|provincia di Messina]], tanto che mafiosi come il messinese Rosario Saporito divenne elemento di spicco dei [[Mazzaferro ('ndrina)|Mazzaferro]], mentre [[Calogero Marcenò]], originario di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, divenne capo-locale della [[Locale di Varese]], controllata dagli [[Zagari ('ndrina)|Zagari]]<ref>La circostanza è emersa durante il [[processo Leopardo]] e a riferire la circostanza, nell'udienza del 24 marzo 1995, fu lo stesso Marcenò, divenuto collaboratore di giustizia</ref>.


Tuttavia, la considerazione dei mafiosi siciliani nei confronti degli 'ndranghetisti non è mai stata molto alta. Il collaboratore di giustizia Antonino Calderone riferì ad esempio che:<blockquote>''«I calabresi parlavano, parlavano, parlavano. Parlavano tutto il tempo. Non agli altri intendiamoci, ma tra di loro. Facevano infinite conversazioni circa le loro regole, specialmente in presenza di noi uomini d'onore siciliani. Si sentivano a disagio perché in realtà sapevano di essere inferiori a [[Cosa Nostra]] [...] Abbiamo sempre considerato i calabresi inferiori, come spazzatura. Per non parlare dei campani, di cui non ci siamo mai fidati''»<ref>Citato in Pino Arlacchi, ''Gli uomini del Disonore'', p. 140.</ref>.</blockquote>Al riguardo anche [[Tommaso Buscetta]] usò parole sprezzanti nei confronti dei calabresi, accusati di "''scarsa serietà nel reclutamento''" e di "''segretezza molto bassa, quasi inesistente''":<blockquote>''Noi di Cosa Nostra avevamo avevamo sempre mantenuto le distanze, cercando di non avere a che fare con quelli della 'ndrangheta: non li consideravamo uomini d'onore, anche se loro si autodefinivano in questi termini, oppure "uomini di rispetto" o in altri modi simili. Li ritenevamo poco seri. Gente che era capace, dopo due bicchieri di vino, di attribuire la qualifica di 'ndranghetista al capo delle guardie del carcere, mentre noi prima di ammettere qualcuno in famiglia, svolgevamo indagini fino a due generazioni indietro su tutti i componenti, maschi e femmine, della parentela più stretta del candidato. E poi parlavano troppo. Gli 'ndranghetisti non erano capaci di mantenere il segreto su nulla. Anche se al loro interno non c'erano dei delatori che andavano a riferire i fatti loro alla polizia, questi diventano pubblici rapidamente, andavano sulla bocca di tutti. Per questo li snobbavamo, reputandoli pari ai napoletani sul piano della affidabilità e della "omertosità"''<ref>Citato in Pino Arlacchi, ''Addio Cosa Nostra'', p. 53.</ref>.</blockquote>Nonostante i giudizi sprezzanti, la collaborazione tra mafiosi siciliani e 'ndranghetisti avveniva anche nel Nord Italia, come dimostrano le vicende piemontesi e lombarde. Negli anni '80 a Torino, i Miano e i Finocchiaro di Catania si rifornivano di eroina da [[Angelo Epaminonda]], il Tebano, per poi rivenderla alle 'ndrine attive in città (i Belfiore, gli Ursino e i Macrì)<ref>Giuseppe Legato, ''Narcotraffico, quella storica alleanza tra ’ndrangheta e Cosa Nostra'', La Stampa, 11 febbraio 2014</ref>. In Lombardia, invece, in provincia di Milano i Carollo avevano stretti rapporti con le 'ndrine di Corsico e Buccinasco, come rivelò l'indagine [[Operazione Duomo Connection|Duomo Connection]].
Tuttavia, la considerazione dei mafiosi siciliani nei confronti degli 'ndranghetisti non è mai stata molto alta. Il collaboratore di giustizia Antonino Calderone riferì ad esempio che:<blockquote>''«I calabresi parlavano, parlavano, parlavano. Parlavano tutto il tempo. Non agli altri intendiamoci, ma tra di loro. Facevano infinite conversazioni circa le loro regole, specialmente in presenza di noi uomini d'onore siciliani. Si sentivano a disagio perché in realtà sapevano di essere inferiori a [[Cosa Nostra]] [...] Abbiamo sempre considerato i calabresi inferiori, come spazzatura. Per non parlare dei campani, di cui non ci siamo mai fidati''»<ref>Citato in Pino Arlacchi, ''Gli uomini del Disonore'', p. 140.</ref>.</blockquote>Al riguardo anche [[Tommaso Buscetta]] usò parole sprezzanti nei confronti dei calabresi, accusati di "''scarsa serietà nel reclutamento''" e di "''segretezza molto bassa, quasi inesistente''":<blockquote>''Noi di Cosa Nostra avevamo avevamo sempre mantenuto le distanze, cercando di non avere a che fare con quelli della 'ndrangheta: non li consideravamo uomini d'onore, anche se loro si autodefinivano in questi termini, oppure "uomini di rispetto" o in altri modi simili. Li ritenevamo poco seri. Gente che era capace, dopo due bicchieri di vino, di attribuire la qualifica di 'ndranghetista al capo delle guardie del carcere, mentre noi prima di ammettere qualcuno in famiglia, svolgevamo indagini fino a due generazioni indietro su tutti i componenti, maschi e femmine, della parentela più stretta del candidato. E poi parlavano troppo. Gli 'ndranghetisti non erano capaci di mantenere il segreto su nulla. Anche se al loro interno non c'erano dei delatori che andavano a riferire i fatti loro alla polizia, questi diventano pubblici rapidamente, andavano sulla bocca di tutti. Per questo li snobbavamo, reputandoli pari ai napoletani sul piano della affidabilità e della "omertosità"''<ref>Citato in Pino Arlacchi, ''Addio Cosa Nostra'', p. 53.</ref>.</blockquote>Nonostante i giudizi sprezzanti, la collaborazione tra mafiosi siciliani e 'ndranghetisti avveniva anche nel Nord Italia, come dimostrano le vicende piemontesi e lombarde. Negli anni '80 a Torino, i Miano e i Finocchiaro di Catania si rifornivano di eroina da [[Angelo Epaminonda]], il Tebano, per poi rivenderla alle 'ndrine attive in città (i Belfiore, gli Ursino e i Macrì)<ref>Giuseppe Legato, ''Narcotraffico, quella storica alleanza tra ’ndrangheta e Cosa Nostra'', La Stampa, 11 febbraio 2014</ref>. In Lombardia, invece, in provincia di Milano i Carollo avevano stretti rapporti con le 'ndrine di Corsico e Buccinasco, come rivelò l'indagine [[Operazione Duomo Connection|Duomo Connection]].