Maxiprocesso di Palermo: differenze tra le versioni

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L'unico confronto fu quello tra [[Tommaso Buscetta]] e [[Pippo Calò]]. Calò era il capofamiglia di Porta Nuova, la famiglia a cui era appartenuto Buscetta, e i due erano stati grandi amici. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra di mafia però, Calò passò allo schieramento corleonese. Durante il confronto, che sarebbe dovuto servire per dimostrare la falsità delle accuse, le cose andarono in maniera del tutto diversa. Alla fine infatti il vincitore si rivelò Buscetta stesso, mentre Calò non riuscì a replicare alle dure accuse del collaboratore di giustizia.
L'unico confronto fu quello tra [[Tommaso Buscetta]] e [[Pippo Calò]]. Calò era il capofamiglia di Porta Nuova, la famiglia a cui era appartenuto Buscetta, e i due erano stati grandi amici. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra di mafia però, Calò passò allo schieramento corleonese. Durante il confronto, che sarebbe dovuto servire per dimostrare la falsità delle accuse, le cose andarono in maniera del tutto diversa. Alla fine infatti il vincitore si rivelò Buscetta stesso, mentre Calò non riuscì a replicare alle dure accuse del collaboratore di giustizia.


Il 9 aprile 1986 Luciano Leggio chiese il confronto con Tommaso Buscetta. Chiesero il confronto anche Giuseppe Bona e Tommaso Spadaro che dichiarò di essere in possesso di documenti che dimostravano la falsità delle dichiarazioni del pentito. I confronti non furono poi eseguiti.
Alla fine gli avvocati degli imputati che avevano chiesto a loro volta il confronto, ritirarono la loro richiesta, comprendendo che sarebbe stato controproducente. Tra gli altri, avevano chiesto il confronto Luciano Leggio il 9 aprile 1986, Giuseppe Bona e Tommaso Spadaro che avevano dichiarato di essere in possesso di documenti che potevano provare la falsità delle accuse rivolte. Anche queste richieste di confronto furono ritirate.  
 
Leggio dichiarò di essersi avvalso della facoltà di non rispondere, in fase istruttoria, perchè temeva che le sue dichiarazioni sarebbero divenute pubbliche. Leggio affermò infatti di non credere nell'efficacia del segreto istruttorio e che, essendo in carcere dal 1974, e per di più detenuto in regime carcerario di isolamento, era di fatto impossibile che comunicasse con i membri dell'organizzazione ancora liberi e dunque che ordinasse quei reati di cui era imputato.
Leggio dichiarò di essersi avvalso della facoltà di non rispondere, in fase istruttoria, perchè temeva che le sue dichiarazioni sarebbero divenute pubbliche. Leggio affermò infatti di non credere nell'efficacia del segreto istruttorio e che, essendo in carcere dal 1974, e per di più detenuto in regime carcerario di isolamento, era di fatto impossibile che comunicasse con i membri dell'organizzazione ancora liberi e dunque che ordinasse quei reati di cui era imputato.


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