Trattativa Stato-mafia: differenze tra le versioni

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Il 13 luglio 1992 Ciancimino mostrò il suddetto papello ai carabinieri, i quali giudicarono le richieste irricevibili. Alle proposte di Riina Vito Ciancimino contrappose un altro elenco con richieste considerate più ragionevoli:  
Il 13 luglio 1992 Ciancimino mostrò il suddetto papello ai carabinieri, i quali giudicarono le richieste irricevibili. Alle proposte di Riina Vito Ciancimino contrappose un altro elenco con richieste considerate più ragionevoli:  


''allegati per mittente
* allegati per mittente
Mancino Rognoni
* Mancino Rognoni
Ministro Guardasigilli Giustizia
* Ministro Guardasigilli Giustizia
Abolizione 416 bis
* Abolizione 416 bis
Strasburgo Maxi processo
* Strasburgo Maxi processo
Sud Partito
* Sud Partito
Riforma Giustizia alla americana
* Riforma Giustizia alla americana
Sistema elettivo con persone superiori ai 50 anni indipendentemente dal titolo di studio: (es. Leonardo Sciascia)
* Sistema elettivo con persone superiori ai 50 anni indipendentemente dal titolo di studio: (es. Leonardo Sciascia)
Abolizione carcere preventivo se non in flagranza di reato (in questo caso rito direttissimo)
* Abolizione carcere preventivo se non in flagranza di reato (in questo caso rito direttissimo)
Abolizione monopolio tabacchi (controllo stupefacenti non…)''
* Abolizione monopolio tabacchi (controllo stupefacenti non…)


Il secondo documento, come si evince, ha un carattere più politico e le richieste sembrano rivolte ad un soggetto più largo, cioè un nuovo soggetto politico in grado di gestire meglio la trattativa con Cosa Nostra.
Il secondo documento, come si evince, ha un carattere più politico e le richieste sembrano rivolte ad un soggetto più largo, cioè un nuovo soggetto politico in grado di gestire meglio la trattativa con Cosa Nostra.
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Il [[19 luglio]] alle 16:58 ci fu una violentissima esplosione in via Mariano D’Amelio a Palermo che provocò la morte del giudice [[Paolo Borsellino]] e degli agenti di scorta [[Claudio Traina]], [[Emanuela Loi]], [[Agostino Catalano]], [[Vincenzo Li Muli]] e [[Eddie Walter Cosina]]. La bomba, 90 kg di tritolo, era collocata nel vano di un'auto (una Fiat 126 rossa rubata il 10 luglio 1992) utilizzata come autobomba.  
Il [[19 luglio]] alle 16:58 ci fu una violentissima esplosione in via Mariano D’Amelio a Palermo che provocò la morte del giudice [[Paolo Borsellino]] e degli agenti di scorta [[Claudio Traina]], [[Emanuela Loi]], [[Agostino Catalano]], [[Vincenzo Li Muli]] e [[Eddie Walter Cosina]]. La bomba, 90 kg di tritolo, era collocata nel vano di un'auto (una Fiat 126 rossa rubata il 10 luglio 1992) utilizzata come autobomba.  


4.1 L’arresto di Vincenzo Scarantino  
=== L’arresto di Vincenzo Scarantino ===
Il 26 settembre 1992 venne arrestato Vincenzo Scarantino accusato di strage e furto aggravato. Tra il giugno e l’agosto del 1993 le dichiarazioni rese da Francesco Andriotta, compagno di cella di Scarantino, confermarono che Scarantino aveva rubato la Fiat 126 per ordine di Giuseppe Orfino, titolare di una carrozzeria in cui un’altra Fiat 126 intestata ad una donna, era stata lasciata per riparazioni. Sulla base di questi elementi e sulle dichiarazioni di Scarantino stesso che il 24 giugno 1994 iniziò a collaborare, vennero rinviati a giudizio Scarantino, Giuseppe Orfino, Salvatore Profeta e Pietro Scotto.  
Il 26 settembre 1992 venne arrestato Vincenzo Scarantino accusato di strage e furto aggravato. Tra il giugno e l’agosto del 1993 le dichiarazioni rese da Francesco Andriotta, compagno di cella di Scarantino, confermarono che Scarantino aveva rubato la Fiat 126 per ordine di Giuseppe Orfino, titolare di una carrozzeria in cui un’altra Fiat 126 intestata ad una donna, era stata lasciata per riparazioni. Sulla base di questi elementi e sulle dichiarazioni di Scarantino stesso che il 24 giugno 1994 iniziò a collaborare, vennero rinviati a giudizio Scarantino, Giuseppe Orfino, Salvatore Profeta e Pietro Scotto.  
Il 26 gennaio 1996 la Corte d’assise condannò all’ergastolo Salvatore Profeta, Giuseppe Orfino e Pietro Scotto e a 18 anni di reclusione Vincenzo Scarantino.  
Il 26 gennaio 1996 la Corte d’assise condannò all’ergastolo Salvatore Profeta, Giuseppe Orfino e Pietro Scotto e a 18 anni di reclusione Vincenzo Scarantino.  
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Il 1 febbraio 2002 nel corso del processo di appello detto Borsellino-bis Scarantino cambiò nuovamente versione, affermando di ritrattare perché lo avevano minacciato e che la verità era quella raccontata nel primo processo.  
Il 1 febbraio 2002 nel corso del processo di appello detto Borsellino-bis Scarantino cambiò nuovamente versione, affermando di ritrattare perché lo avevano minacciato e che la verità era quella raccontata nel primo processo.  


4.2 La testimonianza di Gaspare Spatuzza  
=== Il pentimento di Gaspare Spatuzza ===
Il 26 giugno 2008 Gaspare Spatuzza raccontò di essere stato proprio lui stesso a rubare la Fiat 126 usata come autobomba, sottolineando come i freni di quest’ultima fossero consumati e che aveva provveduto egli stesso a farli sistemare. Questo dettaglio, apparentemente irrilevante, ebbe grande importanza poiché i freni dell’autobomba di via d’Amelio erano nuovi e provarono quindi la versione del pentito.  
Il 26 giugno 2008 Gaspare Spatuzza raccontò di essere stato proprio lui stesso a rubare la Fiat 126 usata come autobomba, sottolineando come i freni di quest’ultima fossero consumati e che aveva provveduto egli stesso a farli sistemare. Questo dettaglio, apparentemente irrilevante, ebbe grande importanza poiché i freni dell’autobomba di via d’Amelio erano nuovi e provarono quindi la versione del pentito.  
Venne dunque organizzato un confronto tra Gaspare Spatuzza e Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura (autoaccusatosi del furto della macchina). Quest’ultimo ammise di essersi inventato tutto su pressione di poliziotti e scoppiò a piangere e anche Scarantino chiese di interrompere il confronto.  
Venne dunque organizzato un confronto tra Gaspare Spatuzza e Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura (autoaccusatosi del furto della macchina). Quest’ultimo ammise di essersi inventato tutto su pressione di poliziotti e scoppiò a piangere e anche Scarantino chiese di interrompere il confronto.  
La versione raccontata da Spatuzza risultò quindi attendibile.  
La versione raccontata da Spatuzza risultò quindi attendibile.  


5. La seconda fase della trattativa
== La seconda fase della trattativa ==
Dalla consegna del papello iniziò la seconda fase della trattativa, il cui obiettivo era mutato: dalla cattura dei superlatitanti a quella di Totò Riina.  
Dalla consegna del papello iniziò la seconda fase della trattativa, il cui obiettivo era mutato: dalla cattura dei superlatitanti a quella di Totò Riina.  
Alla fine di agosto ci fu un ulteriore incontro tra Vito Ciancimino e i carabinieri del Ros durante il quale vennero consegnate delle mappe della zona di Palermo-Monreale fino all’area di Passo di Rignano da parte dei Carabinieri a Ciancimino affinchè indicasse dove fosse il covo di Riina. Tali cartine topografiche vennero a loro volta consegnate a Bernardo Provenzano, intorno a novembre del 1992, il quale fece dei segni in corrispondenza della residenza di Riina.  
Alla fine di agosto ci fu un ulteriore incontro tra Vito Ciancimino e i carabinieri del Ros durante il quale vennero consegnate delle mappe della zona di Palermo-Monreale fino all’area di Passo di Rignano da parte dei Carabinieri a Ciancimino affinchè indicasse dove fosse il covo di Riina. Tali cartine topografiche vennero a loro volta consegnate a Bernardo Provenzano, intorno a novembre del 1992, il quale fece dei segni in corrispondenza della residenza di Riina.  
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Quando Vito Ciancimino fu arrestato, egli ebbe la consapevolezza di essere stato tradito e di essere stato soltanto uno strumento per giungere alla cattura di Riina. La trattativa avrebbe continuato con Bernardo Provenzano senza di lui.  
Quando Vito Ciancimino fu arrestato, egli ebbe la consapevolezza di essere stato tradito e di essere stato soltanto uno strumento per giungere alla cattura di Riina. La trattativa avrebbe continuato con Bernardo Provenzano senza di lui.  


5.1 L’arresto di Riina e la mancata perquisizione del covo
=== L’arresto di Riina e la mancata perquisizione del covo ===
L’8 gennaio 1993 venne arrestato Baldassare Di Maggio, autista di Totò Riina, il quale diede importanti  
L’8 gennaio 1993 venne arrestato Baldassare Di Maggio, autista di Totò Riina, il quale diede importanti  
informazioni al generale dei carabinieri Francesco Delfino, utili alla cattura di Riina. Grazie alle rivelazioni dell’autista Riina venne catturato il 15 gennaio 1993 dal Capitano Ultimo. Il covo di Riina non venne perquisito immediatamente dopo l’arresto, e le riprese furono interrotte dal Ros alle 16 dello stesso giorno. Soltanto il 30 gennaio 1993 venne comunicato ai magistrati che l’attività di controllo fu interrotta poche ore dopo l’arresto.  
informazioni al generale dei carabinieri Francesco Delfino, utili alla cattura di Riina. Grazie alle rivelazioni dell’autista Riina venne catturato il 15 gennaio 1993 dal Capitano Ultimo. Il covo di Riina non venne perquisito immediatamente dopo l’arresto, e le riprese furono interrotte dal Ros alle 16 dello stesso giorno. Soltanto il 30 gennaio 1993 venne comunicato ai magistrati che l’attività di controllo fu interrotta poche ore dopo l’arresto.  
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Il 10 febbraio 1993 il Ministro Martelli si dimise dall’incarico di Ministro della Giustizia e venne sostituito da Giovanni Conso, scelto personalmente da Luigi Scalfaro.  
Il 10 febbraio 1993 il Ministro Martelli si dimise dall’incarico di Ministro della Giustizia e venne sostituito da Giovanni Conso, scelto personalmente da Luigi Scalfaro.  


6. Le indagini sui movimenti leghisti meridionali  
== Le indagini sui movimenti leghisti meridionali ==
Il 4 dicembre 1992 la Commissione antimafia, presieduta da Luciano Violante, interrogò Leonardo Messina in una località segreta. Leonardo Messina, detto Narduzzo, uomo d’onore nel 1980 e capodecina del mandamento in un paese vicino a Caltanissetta, San Cataldo, iniziò a collaborare con la giustizia nel giugno del 1992.  
Il 4 dicembre 1992 la Commissione antimafia, presieduta da Luciano Violante, interrogò Leonardo Messina in una località segreta. Leonardo Messina, detto Narduzzo, uomo d’onore nel 1980 e capodecina del mandamento in un paese vicino a Caltanissetta, San Cataldo, iniziò a collaborare con la giustizia nel giugno del 1992.  
Secondo il racconto del pentito, Cosa Nostra aveva come scopo quello di ottenere uno Stato proprio, attraverso un progetto separatista della Sicilia. Le spinte separatiste erano sostenute oltre che dalla massoneria, anche da settori delle istituzioni, dell’imprenditoria e della politica. (“forze esterne” o ancora “formazioni nuove”) La Sicilia indipendente, staccata dal resto d’Italia sarebbe diventata lo Stato di Cosa Nostra. In particolare queste ultime parole di Messina sono inquietanti: “Oggi possono arrivare al potere (Cosa Nostra) senza fare un colpo di stato”, e ancora “Cosa Nostra appoggerà una forza politica siciliana con un nome nuovo”.  
Secondo il racconto del pentito, Cosa Nostra aveva come scopo quello di ottenere uno Stato proprio, attraverso un progetto separatista della Sicilia. Le spinte separatiste erano sostenute oltre che dalla massoneria, anche da settori delle istituzioni, dell’imprenditoria e della politica. (“forze esterne” o ancora “formazioni nuove”) La Sicilia indipendente, staccata dal resto d’Italia sarebbe diventata lo Stato di Cosa Nostra. In particolare queste ultime parole di Messina sono inquietanti: “Oggi possono arrivare al potere (Cosa Nostra) senza fare un colpo di stato”, e ancora “Cosa Nostra appoggerà una forza politica siciliana con un nome nuovo”.  
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Pizza affermò inoltre il coinvolgimento non solo di Licio Gelli ma anche del Senatore Andreotti, che in un primo tempo aveva appoggiato il progetto e successivamente si era tirato indietro. Da ciò si potrebbe ipotizzare anche una nuova lettura dell’omicidio Lima, e cioè quella di una pressione su Andreotti attraverso l’omicidio, per aver ancora una volta tradito il sistema criminale.  
Pizza affermò inoltre il coinvolgimento non solo di Licio Gelli ma anche del Senatore Andreotti, che in un primo tempo aveva appoggiato il progetto e successivamente si era tirato indietro. Da ciò si potrebbe ipotizzare anche una nuova lettura dell’omicidio Lima, e cioè quella di una pressione su Andreotti attraverso l’omicidio, per aver ancora una volta tradito il sistema criminale.  


7. La stagione stragista
== La nuova ondata di stragi ==
7.1 La tentata strage di Via Fauro
=== La tentata strage di Via Fauro ===
Il 14 maggio 1993 alle 21,35 a Roma avvenne una potente esplosione tra Via Fauro e Via Boccioni. L’esplosione provocò il danneggiamento degli edifici, alcuni feriti ma nessuna vittima. L’obiettivo dell’attentato era Maurizio Costanzo a causa del suo impegno giornalistico contro la mafia.  
Il 14 maggio 1993 alle 21,35 a Roma avvenne una potente esplosione tra Via Fauro e Via Boccioni. L’esplosione provocò il danneggiamento degli edifici, alcuni feriti ma nessuna vittima. L’obiettivo dell’attentato era Maurizio Costanzo a causa del suo impegno giornalistico contro la mafia.  
Un’altra interpretazione avvallata fu che l’obiettivo non era il giornalista ma piuttosto un funzionario dei servizi civili, Lorenzo Narracci, che abitava in via Fauro e il cui nome fu rinvenuto nel luogo dell’attentato di Capaci.
Un’altra interpretazione avvallata fu che l’obiettivo non era il giornalista ma piuttosto un funzionario dei servizi civili, Lorenzo Narracci, che abitava in via Fauro e il cui nome fu rinvenuto nel luogo dell’attentato di Capaci.
7.2 La strage di via dei Georgofili a Firenze
 
=== La strage di via dei Georgofili a Firenze ===
Il 27 maggio 1993 qualche minuto dopo l’una di notte in via dei Georgofili a Firenze ci fu una violentissima esplosione che provocò la morte di cinque persone, il ferimento di circa trenta, il crollo della Torre dei Pulci, sede dell’accademia dei Georgofili e il danneggiamento della galleria degli Uffizi.  
Il 27 maggio 1993 qualche minuto dopo l’una di notte in via dei Georgofili a Firenze ci fu una violentissima esplosione che provocò la morte di cinque persone, il ferimento di circa trenta, il crollo della Torre dei Pulci, sede dell’accademia dei Georgofili e il danneggiamento della galleria degli Uffizi.  
L’ipotesi che l’obiettivo non fosse un monumento o la galleria degli Uffizi venne avvallata durante il dibattimento per la strage, il 28 novembre 1996, durante il quale si ipotizzò che l’obiettivo fosse la stessa Accademia dei Georgofili, luogo di ritrovo di uomini politici di rilievo. Nel consiglio accademico erano presenti nomi di personaggi illustri, tra cui il Presidente del Senato Giovanni Spadolini. Inoltre l’accademia poteva contare di un certo numero di membri autorevoli del Grande Oriente d’Italia, loggia massonica, segno di una connivenza tra ambienti piduisti e mafia.  
L’ipotesi che l’obiettivo non fosse un monumento o la galleria degli Uffizi venne avvallata durante il dibattimento per la strage, il 28 novembre 1996, durante il quale si ipotizzò che l’obiettivo fosse la stessa Accademia dei Georgofili, luogo di ritrovo di uomini politici di rilievo. Nel consiglio accademico erano presenti nomi di personaggi illustri, tra cui il Presidente del Senato Giovanni Spadolini. Inoltre l’accademia poteva contare di un certo numero di membri autorevoli del Grande Oriente d’Italia, loggia massonica, segno di una connivenza tra ambienti piduisti e mafia.  
Il 4 giugno 1993 Nicolò Amato venne dimesso dalla guida del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dimostratosi negli ultimi mesi particolarmente intransigente sull’applicazione del 41 bis. Al suo posto venne nominato, su pressione del presidente Oscar Luigi Scalfaro, Adalberto Capriotti, un anziano magistrato di Trento con nessuna competenza nel settore carcerario.  
Il 4 giugno 1993 Nicolò Amato venne dimesso dalla guida del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dimostratosi negli ultimi mesi particolarmente intransigente sull’applicazione del 41 bis. Al suo posto venne nominato, su pressione del presidente Oscar Luigi Scalfaro, Adalberto Capriotti, un anziano magistrato di Trento con nessuna competenza nel settore carcerario.  
Il 29 giugno 1993 nacque Forza Italia, i cui fondatori erano oltre a Silvio Berlusconi anche Marcello Dell’Utri e Cesare Previti.  
Il 29 giugno 1993 nacque Forza Italia, i cui fondatori erano oltre a Silvio Berlusconi anche Marcello Dell’Utri e Cesare Previti.  
7.3 La strage di Via Palestro a Milano
 
=== La strage di Via Palestro a Milano ===
Il 27 luglio 1993 verso le 23:00 esplose un’autobomba in Via Palestro a Milano, provando la morte di cinque persone e il ferimento di altre sei. L'onda d'urto dell'esplosione frantumò i vetri delle abitazioni circostanti, distrusse il muro del Padiglione d'Arte Contemporanea e danneggiò la vicina Galleria d'Arte Moderna. La deflagrazione provocò, nella notte, verso le 4 e mezzo del mattino, un'altra esplosione dovuta alla rottura di una tubatura sotterranea del gas, che provocò ulteriori danni al Padiglione, alle opere d'arte al suo interno e anche alla vicina Villa Reale.
Il 27 luglio 1993 verso le 23:00 esplose un’autobomba in Via Palestro a Milano, provando la morte di cinque persone e il ferimento di altre sei. L'onda d'urto dell'esplosione frantumò i vetri delle abitazioni circostanti, distrusse il muro del Padiglione d'Arte Contemporanea e danneggiò la vicina Galleria d'Arte Moderna. La deflagrazione provocò, nella notte, verso le 4 e mezzo del mattino, un'altra esplosione dovuta alla rottura di una tubatura sotterranea del gas, che provocò ulteriori danni al Padiglione, alle opere d'arte al suo interno e anche alla vicina Villa Reale.
Intorno alla strage di Milano le dichiarazioni di Gioacchino Pennino, uomo d’onore e uomo politico della Dc, misero in luce un particolare non irrilevante: al numero 6 di via Palestro si trovava il Centro europeo di comunicazione, una società di pubbliche relazioni collegata alla nuova obbedienza massonica fondata da Giuliano Di Bernardo. L’ipotesi che le bombe erano collocate in luoghi mirati e predefiniti e che avessero molteplici obiettivi risulta ancora più evidente.  
Intorno alla strage di Milano le dichiarazioni di Gioacchino Pennino, uomo d’onore e uomo politico della Dc, misero in luce un particolare non irrilevante: al numero 6 di via Palestro si trovava il Centro europeo di comunicazione, una società di pubbliche relazioni collegata alla nuova obbedienza massonica fondata da Giuliano Di Bernardo. L’ipotesi che le bombe erano collocate in luoghi mirati e predefiniti e che avessero molteplici obiettivi risulta ancora più evidente.  


7.4 La strage di piazza S.Giovanni in Laterano a Roma
=== La strage di piazza S.Giovanni in Laterano a Roma ===
Pochi minuti dopo la bomba di Milano, alle ore 0.03 del 28 luglio 1993 scoppiò un’altra bomba a Roma in piazza S.Giovanni in Laterano. L’esplosione provocò danni ai palazzi circostanti ma miracolosamente non fece vittime.  
Pochi minuti dopo la bomba di Milano, alle ore 0.03 del 28 luglio 1993 scoppiò un’altra bomba a Roma in piazza S.Giovanni in Laterano. L’esplosione provocò danni ai palazzi circostanti ma miracolosamente non fece vittime.  
L’autobomba esplose davanti alla Caritas, nella sede del Vicariato, luogo che ha coordinato le spedizioni di Solidarnosc, sindacato fondato in Polonia intorno agli anni Ottanta di matrice cattolica e anticomunista.  
L’autobomba esplose davanti alla Caritas, nella sede del Vicariato, luogo che ha coordinato le spedizioni di Solidarnosc, sindacato fondato in Polonia intorno agli anni Ottanta di matrice cattolica e anticomunista.  
Secondo le dichiarazioni rese da Tullio Cannella il 25 giugno 1997 davanti alla Corte d’assise di Firenze, l’ideazione delle stragi fu basata su un piano preventivamente stabilito tra uomini d’onore e ambienti economico, politico e massonico. “Bagarella mi disse: è molto facile caro Tullio, che tutta viene scaricata la responsabilità su Salvatore Riina o su di me. Mentre altri hanno questa responsabilità.” <ref> Maurizio Torrealta, La Trattativa, BUR, 2010 pag 556 </ref>
Secondo le dichiarazioni rese da Tullio Cannella il 25 giugno 1997 davanti alla Corte d’assise di Firenze, l’ideazione delle stragi fu basata su un piano preventivamente stabilito tra uomini d’onore e ambienti economico, politico e massonico. “Bagarella mi disse: è molto facile caro Tullio, che tutta viene scaricata la responsabilità su Salvatore Riina o su di me. Mentre altri hanno questa responsabilità.” <ref> Maurizio Torrealta, La Trattativa, BUR, 2010 pag 556 </ref>


7.5 L’autobomba alla chiesa di S.Giorgio al Velabro a Roma
=== L’autobomba alla chiesa di S.Giorgio al Velabro a Roma ===
Cinque minuti dopo la bomba di piazza S.Giovanni, ne scoppiò un’altra alle 0.08 in via Velabro a Roma. Fu la terza autobomba scoppiata durante quella notte. La deflagrazione provocò gravi danni alla chiesa di S.Velabro e alcuni feriti ma in maniera non grave.  
Cinque minuti dopo la bomba di piazza S.Giovanni, ne scoppiò un’altra alle 0.08 in via Velabro a Roma. Fu la terza autobomba scoppiata durante quella notte. La deflagrazione provocò gravi danni alla chiesa di S.Velabro e alcuni feriti ma in maniera non grave.  
Varie ipotesi furono fatte riguardo tale bomba, tra cui quella che sottolinea come in tale chiesa si riunissero usualmente gli aderenti al Sacro militare ordine costantiniano di San Giorgio, un ordine cavalleresco vicino alla Chiesa Cattolica e a cui aderivano numerosi personaggi nobiliari e con incarichi ufficiali.  
Varie ipotesi furono fatte riguardo tale bomba, tra cui quella che sottolinea come in tale chiesa si riunissero usualmente gli aderenti al Sacro militare ordine costantiniano di San Giorgio, un ordine cavalleresco vicino alla Chiesa Cattolica e a cui aderivano numerosi personaggi nobiliari e con incarichi ufficiali.  
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Mentre l’offensiva stragista di Cosa Nostra raggiungeva il culmine, la risposta dello Stato fu alquanto morbida. Nel novembre del 1993 non vennero rinnovati 343 provvedimenti di 41-bis a detenuti mafiosi per dare “un segnale positivo di distensione”. Una proposta che fu avanzata dal vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Di Maggio, nominato dal Ministro della Giustizia Giovanni Conso.  
Mentre l’offensiva stragista di Cosa Nostra raggiungeva il culmine, la risposta dello Stato fu alquanto morbida. Nel novembre del 1993 non vennero rinnovati 343 provvedimenti di 41-bis a detenuti mafiosi per dare “un segnale positivo di distensione”. Una proposta che fu avanzata dal vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Di Maggio, nominato dal Ministro della Giustizia Giovanni Conso.  


7.6 La strage dello stadio Olimpico
=== La fallita strage dello stadio Olimpico ===
All’inizio del 1994 durante il derby Roma-Lazio sarebbe dovuta esplodere un’altra autobomba accanto ad alcune corriere che trasportavano i carabinieri per il servizio d’ordine pubblico. Se la bomba fosse esplosa avrebbe provocato più di duecento morti tra le forze di polizia e numerosi civili.  Nel gennaio del 1994 una Lancia Thema venne attrezzata per esplodere e portata allo stadio Olimpico di Roma. L’ordigno era predisposto per esplodere con un telecomando. L’auto venne parcheggiata un’ora prima della fine della partita. L’esplosione però non avvenne a causa di un guasto del telecomando.   
All’inizio del 1994 durante il derby Roma-Lazio sarebbe dovuta esplodere un’altra autobomba accanto ad alcune corriere che trasportavano i carabinieri per il servizio d’ordine pubblico. Se la bomba fosse esplosa avrebbe provocato più di duecento morti tra le forze di polizia e numerosi civili.  Nel gennaio del 1994 una Lancia Thema venne attrezzata per esplodere e portata allo stadio Olimpico di Roma. L’ordigno era predisposto per esplodere con un telecomando. L’auto venne parcheggiata un’ora prima della fine della partita. L’esplosione però non avvenne a causa di un guasto del telecomando.   


7.7 Dalle bombe ai decreti-legge
=== Dalle bombe ai decreti-legge ===
 
Il 27 febbraio 1994 vennero arrestati i fratelli Graviano a Milano e un mese dopo, il 28 marzo 1994 Silvio Berlusconi vinse le elezioni politiche con il neo partito Forza Italia.  
Il 27 febbraio 1994 vennero arrestati i fratelli Graviano a Milano e un mese dopo, il 28 marzo 1994 Silvio Berlusconi vinse le elezioni politiche con il neo partito Forza Italia.  
Secondo le dichiarazioni di Antonino Giuffrè rese il 7 gennaio del 2003, ci fu un contatto tra Cosa Nostra e Berlusconi già intorno agli anni Settanta. Ma ciò che preme sottolineare è il fatto che con l’omicidio di Salvo Lima Cosa Nostra volle chiudere i rapporti con la politica democristiana e aprirne altri con un nuovo soggetto politico, vale a dire Forza Italia.  
Secondo le dichiarazioni di Antonino Giuffrè rese il 7 gennaio del 2003, ci fu un contatto tra Cosa Nostra e Berlusconi già intorno agli anni Settanta. Ma ciò che preme sottolineare è il fatto che con l’omicidio di Salvo Lima Cosa Nostra volle chiudere i rapporti con la politica democristiana e aprirne altri con un nuovo soggetto politico, vale a dire Forza Italia.  
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Il primo agosto 1996 venne presentato un progetto di legge dai senatori Melchiorre Cirami e Bruno Napoli, appartenenti al partito Centro Cristiano Democristiano, che prevedeva la c.d. dissociazione. Si prevedevano cioè una serie di benefici per quei mafiosi che avessero ripudiato Cosa Nostra senza accusare altri appartenenti all’organizzazione. È bene sottolineare come tale proposta di legge fosse una delle richieste avanzate da Cosa Nostra nel c.d. papello e che avrebbe significato un’apertura dello Stato nei confronti di tali soggetti.  
Il primo agosto 1996 venne presentato un progetto di legge dai senatori Melchiorre Cirami e Bruno Napoli, appartenenti al partito Centro Cristiano Democristiano, che prevedeva la c.d. dissociazione. Si prevedevano cioè una serie di benefici per quei mafiosi che avessero ripudiato Cosa Nostra senza accusare altri appartenenti all’organizzazione. È bene sottolineare come tale proposta di legge fosse una delle richieste avanzate da Cosa Nostra nel c.d. papello e che avrebbe significato un’apertura dello Stato nei confronti di tali soggetti.  


8. L’infiltrato Luigi Ilardo
== L’infiltrato Luigi Ilardo ==
Nel giugno del 1993 il detenuto Luigi Ilardo, cugino del boss Piddu Madonia, chiese un incontro con la Dia dichiarando di riconoscere alcuni artificieri delle stragi del 1992-1993. Il capo della Dia, Gianni De Gennaro affidò l’incarico di incontrare Ilardo al colonello Michele Riccio. Ilardo decise di iniziare un processo di collaborazione, essendo disposto ad essere un infiltrato in Cosa Nostra.  
Nel giugno del 1993 il detenuto Luigi Ilardo, cugino del boss Piddu Madonia, chiese un incontro con la Dia dichiarando di riconoscere alcuni artificieri delle stragi del 1992-1993. Il capo della Dia, Gianni De Gennaro affidò l’incarico di incontrare Ilardo al colonello Michele Riccio. Ilardo decise di iniziare un processo di collaborazione, essendo disposto ad essere un infiltrato in Cosa Nostra.  
Il 31 ottobre 1995 il collaboratore riuscì ad ottenere la fiducia di Bernardo Provenzano con il quale era da tempo in contatto e riuscì a fissare un incontro con il boss. Il colonello Riccio comunicò subito ai superiori, tra cui Mori, la possibilità di catturare Provenzano ma questi sembravano disinteressati alla notizia.  
Il 31 ottobre 1995 il collaboratore riuscì ad ottenere la fiducia di Bernardo Provenzano con il quale era da tempo in contatto e riuscì a fissare un incontro con il boss. Il colonello Riccio comunicò subito ai superiori, tra cui Mori, la possibilità di catturare Provenzano ma questi sembravano disinteressati alla notizia.  
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Il dottor Caselli chiese quindi a Riccio di registrare le dichiarazioni di Ilardo in vista dei successivi interrogatori, ma ciò non avvenne perché il 10 maggio 1996 Ilardo fu ucciso perché scoperto collaboratore di giustizia. Il giorno stesso dell’uccisione di Ilardo, Riccio venne raggiunto dal capitano Damiano della procura di Caltanissetta, il quale visibilmente preoccupato gli riferì che era trapelata la notizia della collaborazione e che aveva già diramato la notizia al colonello Mori e al maggiore Obinu. Nei mesi successivi il colonello Mori e Obinu insistettero per non redigere un rapporto conclusivo su quanto era avvenuto, e in particolare sulle vicende connesse al mancato arresto di Provenzano. La stessa Procura di Caltanissetta chiese a Riccio di non inserire nel rapporto alcun riferimento al colloquio avvenuto tra Ilardo e i magistrati.  
Il dottor Caselli chiese quindi a Riccio di registrare le dichiarazioni di Ilardo in vista dei successivi interrogatori, ma ciò non avvenne perché il 10 maggio 1996 Ilardo fu ucciso perché scoperto collaboratore di giustizia. Il giorno stesso dell’uccisione di Ilardo, Riccio venne raggiunto dal capitano Damiano della procura di Caltanissetta, il quale visibilmente preoccupato gli riferì che era trapelata la notizia della collaborazione e che aveva già diramato la notizia al colonello Mori e al maggiore Obinu. Nei mesi successivi il colonello Mori e Obinu insistettero per non redigere un rapporto conclusivo su quanto era avvenuto, e in particolare sulle vicende connesse al mancato arresto di Provenzano. La stessa Procura di Caltanissetta chiese a Riccio di non inserire nel rapporto alcun riferimento al colloquio avvenuto tra Ilardo e i magistrati.  


9. Il processo sulla trattativa
== Il processo sulla Trattativa Stato-Mafia ==
 
=== Le dichiarazioni di Massimo Ciancimino ===
9.1 Le dichiarazioni di Massimo Ciancimino
Il 19 dicembre 2007 il settimanale “Panorama” pubblicò un’intervista fatta a Massimo Ciancimino, figlio di Vito Ciancimino ex sindaco di Palermo, nella quale vennero toccati argomenti “scottanti” del periodo delle stragi del 1992-1993 e di una “trattativa” tra Stato e Cosa Nostra a cui Massimo aveva assistito.  
Il 19 dicembre 2007 il settimanale “Panorama” pubblicò un’intervista fatta a Massimo Ciancimino, figlio di Vito Ciancimino ex sindaco di Palermo, nella quale vennero toccati argomenti “scottanti” del periodo delle stragi del 1992-1993 e di una “trattativa” tra Stato e Cosa Nostra a cui Massimo aveva assistito.  
La risposta dell’autorità giudiziaria non tardò ad arrivare e pochi giorni dopo le procure di Caltanissetta e di Palermo vollero interrogare Massimo Ciancimino. Il 29 gennaio 2008 Ciancimino venne sentito dalla procura di Caltanissetta di fronte al procuratore Renato di Natale e al sostituto Rocco Liguori.  
La risposta dell’autorità giudiziaria non tardò ad arrivare e pochi giorni dopo le procure di Caltanissetta e di Palermo vollero interrogare Massimo Ciancimino. Il 29 gennaio 2008 Ciancimino venne sentito dalla procura di Caltanissetta di fronte al procuratore Renato di Natale e al sostituto Rocco Liguori.