Peppino Impastato

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La mafia è una montagna di merda.
(Peppino Impastato)

Giuseppe "Peppino" Impastato (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un giornalista, attivista politico e poeta italiano, noto per le sue denunce contro la mafia nel suo paese, per le quali fu ucciso da Cosa Nostra.

Peppino Impastato


Biografia

L'infanzia e l'omicidio Manzella

Figlio di Luigi e Felicia Bartolotta, Peppino Impastato nacque a Cinisi il 5 gennaio 1948, in una famiglia mafiosa. Il suo destino sembrava dunque essere già scritto, nel solco tracciato dal padre, inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti, tra i quali c'era anche il capomafia Cesare Manzella, cognato del padre e ucciso in un agguato il 26 aprile 1963 durante la Prima guerra di mafia, quando la sua Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo venne fatta esplodere con lui alla guida.

Fu proprio il brutale assassinio di Manzella a ispirare l'impegno antimafia di Peppino: rimasto traumatizzato da quell'esecuzione, a soli 15 anni ruppe con il padre, che lo cacciò di casa, e giurò: "E questa è la mafia? Se questa è la mafia allora io la combatterò per il resto della mia vita."[1]

L'attività politica

Peppino Impastato

Nel 1965 fondò il giornalino "L'Idea socialista" e aderì al PSIUP. Dal 1968 in poi, però, militò nei gruppi della Nuova Sinistra. Portò avanti una serie di lotte a favore dei contadini espropriati a causa della costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, oltre a partecipare a diverse manifestazioni a favore di edili e disoccupati. Il suo impegno politico si intrecciò stabilmente con quello culturale: nel 1975 costituì il gruppo "Musica e cultura", che portava avanti una serie di attività culturali come cineforum, musica dal vivo, teatro e dibattiti.

Radio Aut

Radio Aut
Il cartellone di Radio Aut presente nella sede di Terrasini (PA)

Nel 1977 fondò "Radio Aut", radio libera autofinanziata, con la quale portò avanti una vera e propria crociata contro gli interessi mafiosi a Cinisi e Terrasini. Il principale bersaglio della dura azione di denuncia era proprio lo zio e nuovo capomafia di Cinisi Gaetano Badalamenti, in prima fila nel traffico internazionale di droga, grazie al controllo che la famiglia aveva sull'aeroporto. Il programma più seguito della radio era infatti "Onda pazza", una trasmissione satirica durante la quale Peppino si destreggiava nello sbeffeggiare mafiosi e politici.

La candidatura con Democrazia Proletaria e l'omicidio

Nel 1978 Peppino si candidò nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, che si sarebbero tenute il 14 maggio. La sua intensa campagna elettorale e i duri attacchi contro Badalamenti ne decretarono l'esecuzione: nella notte tra l'8 e il 9 maggio fu rapito e fatto saltare in aria con una carica di tritolo dopo essere stato immobilizzato sui binari della ferrovia. Il suo omicidio, tuttavia, passò in secondo piano, poiché lo stesso giorno venne ritrovato il corpo del presidente della Democrazia Cristiana, l'on. Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse.

I funerali di Peppino Impastato

L'omicidio di Impastato fu da subito identificato come un attentato terroristico finito male, nel quale l'attentatore era rimasto vittima del suo tentativo di sabotare la ferrovia. In un fonogramma del 9 maggio, infatti, il procuratore Gaetano Martorana scriveva: "Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. Verso le ore 0,30-1 del 9.05.1978 persona allo stato ignota, ma presumibilmente identificata in tale Impastato Giuseppe si recava a bordo della propria autovettura all'altezza del km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore". La tesi fu avvalorata dal ritrovamento di una lettera, che riportava la data di molti mesi prima, in cui senza alcun dubbio si accertava che l'attentatore non era altro che un suicida.

Le indagini e il depistaggio

La prima mossa degli inquirenti fu l'interrogatorio dei compagni di Peppino, indicati come complici dell'attentatore: le loro case, come quella della madre Felicia e della zia, vennero perquisite, mentre nessun sopralluogo venne fatto nelle cave, benché una relazione di servizio dei carabinieri sostenesse che l'esplosivo usato nel presunto attentato fosse dello stesso tipo di quello impiegato nelle cave.

Sui muri di Cinisi comparve un manifesto che dichiarava la matrice mafiosa dell'operazione. A Palermo, invece, un altro manifesto recitava: "Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia". Al funerale parteciparono circa mille persone provenienti in gran parte da Palermo e dai paesi vicini.

L'11 maggio il Centro siciliano di documentazione di Palermo fondato da Umberto Santino e da sua moglie Anna Puglisi (dal 1980 intitolato a Impastato), presentò insieme ad altri un esposto alla Procura in cui si sosteneva la tesi dell'omicidio di mafia. La mattina dello stesso giorno in un'assemblea alla Facoltà di Architettura dell'Università di Palermo il docente di Medicina legale in pensione Ideale Del Carpio smontò la tesi dell'attentato e del suicidio. Nel pomeriggio, invece, si tenne a Cinisi il comizio di chiusura della campagna elettorale che doveva fare Peppino assieme a un dirigente nazionale di Democrazia proletaria: il suo posto venne preso, su invito dei compagni, proprio da Santino, che accusò Badalamenti come responsabile del delitto.

In quei giorni, i compagni di Peppino ritrovarono delle pietre macchiate di sangue nel casolare dove Peppino era stato portato e ucciso (o tramortito), che si sarebbero rivelate fondamentali nel prosieguo delle indagini per accertare la matrice mafiosa del delitto.

Il 16 maggio la madre di Peppino, Felicia, e suo fratello Giovanni inviarono un esposto alla Procura, indicando in Badalamenti il mandante dell'omicidio. Alle elezioni comunali del 14 maggio, Peppino venne eletto ugualmente in consiglio comunale a Cinisi. Grazie all'impegno della madre e del fratello, oltre a quello dei compagni e del centro siciliano di documentazione, si riuscirono a raccogliere le prove della matrice mafiosa, che portarono alla riapertura delle indagini.

Il 9 maggio 1979, nel primo anniversario del delitto, il Centro siciliano di documentazione organizzò, assieme a Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese.

L'iter giudiziario

Gaetano Badalamenti
Gaetano Badalamenti

Nel maggio 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, emise una sentenza, firmata dal suo successore Antonino Caponnetto, in cui si riconobbe la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Gaetano Badalamenti, nel frattempo, era stato condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo Pizza Connection.

Lo strano incidente stradale di Luigi Impastato

Nella sua biografia, scritta grazie all'aiuto di Santino e sua moglie, pubblicata nel 1986, Felicia Impastato rivelò un episodio che si sarebbe rivelato decisivo: dopo un incontro con Badalamenti in seguito a un volantino molto duro di Peppino, il marito Luigi, in viaggio negli USA, avrebbe detto a un parente: "Prima di uccidere Peppino devono uccidere me". Nel settembre 1977 Luigi rimase vittima di un incidente stradale, che con il senno di poi avanzò il dubbio se si fosse trattato o meno di omicidio.

La prima archiviazione

Benché nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo avesse inviato una comunicazione giudiziaria a Badalamenti, nel maggio 1992 il Tribunale di Palermo dispose l'archiviazione del "caso Impastato", ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei "Corleonesi". Due anni dopo, nel maggio 1994 il Centro Impastato presentò un'istanza di riapertura dell'inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo l'interrogatorio del recente collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla famiglia di Badalamenti.

La riapertura dell'inchiesta e il processo

Nel giugno 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che aveva indicato Badalamenti come il mandante dell'omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l'inchiesta venne formalmente riaperta. Nel novembre 1997 venne emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto.

Il 10 marzo 1999 si svolse l'udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti venne stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l'Ordine dei giornalisti chiesero di costituirsi parte civile nel processo.

Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinunciò all'udienza preliminare, chiedendo il giudizio immediato. Nell'udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiese il rito abbreviato, mentre il processo a carico di Badalamenti venne celebrato con il rito ordinario e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vennero respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell'Ordine dei giornalisti.

La relazione della Commissione parlamentare antimafia

Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si costituì un Comitato sul caso Impastato, che il 6 dicembre 2000 approvò una relazione sulle responsabilità dei rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini, pubblicata successivamente in un libro[2].

La condanna di Palazzolo e Badalamenti

Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise condannò Vito Palazzolo a 30 anni di reclusione. L'11 aprile dell'anno successivo Gaetano Badalamenti fu condannato all'ergastolo.

Le nuove indagini sul depistaggio

Nel 2011 la Procura di Palermo ha riaperto le indagini sul depistaggio, che sono tutt'ora in corso.

Su Peppino Impastato

Libri

  • Bartolotta Impastato F. - Puglisi A. - Santino U., La mafia in casa mia, Palermo, La Luna, 1986
  • Impastato G. - Santino U. (a cura di), Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro Impastato, Palermo 2002-2008
  • Impastato Giovanni, con Vassia F., Resistere a Mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009
  • Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Relazione della Commissione parlamentare antimafia, Roma, Editori Riuniti, 2001
  • Santino U. (a cura di), L'assassinio e il depistaggio. Atti relativi all'omicidio di Giuseppe Impastato, Centro Impastato, Palermo 1998
  • Santino U. (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna dei mandanti del delitto, Centro Impastato, Palermo 2008
  • Vitale S., Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato, una vita contro la mafia, Rubbettino, 1995

Cinema

Musica

  • I Cento Passi dei Modena City Ramblers

Note

  1. Condividevo ma non ho avuto lo stesso coraggio... Interview with Giovanni Impastato, Girodivita, March 2004
  2. Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Relazione della Commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006, Editori Riuniti University Press, Roma 2012

Bibliografia

  • Bartolotta Impastato Felicia, Puglisi Anna, Santino Umberto (1986). La mafia in casa mia, Palermo, La Luna.
  • Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Relazione della Commissione parlamentare antimafia, Editori Riuniti, Roma, 2001.