Lea Garofalo: differenze tra le versioni

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''voce a cura di '''[[Utente:Federica Beretta|Federica Beretta]]'''''
Tra il 24 e il 25 novembre del 2009 scompare '''Lea Garofalo''', originaria di Petilia Policastro in provincia di Crotone e compagna di [[Carlo Cosco.]]
Nel 2002 '''Lea Garofalo''' era diventata una collaboratrice di giustizia ed era stata ammessa, insieme alla figlia '''Denise''', nel programma di protezione.
Nel 2006, poiché l’apporto da lei fornito non era stato considerato significativo, esce dal programma, per poi venir riammessa per sua esplicita richiesta nel dicembre del 2007.
Pochi mesi prima della sua scomparsa Lea Garofalo aveva rinunciato, per sua iniziativa, ad ogni tutela, tornando a Petilia Policastro, per poi trasferirsi a Campobasso in una casa trovatale dall'ex compagno '''Carlo Cosco'''.
Già nel maggio del 2009 l’uomo aveva cercato di farla rapire. Il 5 maggio 2009, Lea Garofalo si trova a Campobasso con la figlia Denise.
A causa di un guasto alla lavatrice, la donna decide di chiamare l'ex compagno Carlo Cosco, residente a Milano per metterlo a corrente della situazione e l'uomo, dal suo canto, le invia nell'abitazione [[Massimo Sabatino]].
Si tratta però non di un idraulico ma di un trentasettenne recatosi sul posto per rapire e uccidere Lea Garofalo.
La donna riesce a sfuggire all'agguato grazie al tempestivo intervento della figlia Denise e informa i carabinieri dell'accaduto ipotizzando il coinvolgimento dell'ex compagno.
Lea Garofalo conosceva, infatti, molti segreti della faida fra le famiglie Garofalo e Mirabelli di Petilia Policastro e si sarebbe dovuta recare, nel mese di novembre del 2009, a Firenze per depositare la sua testimonianza in un processo.
In quella occasione avrebbe potuto svelare situazioni nelle quali il suo ex compagno era direttamente coinvolto.
A pochi giorni dalla scomparsa è il giudice per le indagini preliminari di Campobasso, Teresina Pepe, a dichiarare immediatamente i sospetti a carico di Cosco disponendone, insieme a Massimo Sabatino, l’ordine di custodia cautelare:
''È possibile affermare che Cosco avesse un interesse concreto sia a vendicarsi di quanto la Garofalo aveva già detto, sia ad evitare che potesse riferire altro''.
Nel novembre del 2009 Cosco aveva attirato la donna a Milano con la scusa di dover parlare degli studi della figlia Denise.
Alcune telecamere inquadrarono madre e figlia nelle ore del pomeriggio lungo i viali che costeggiano il cimitero Monumentale: sono gli ultimi fotogrammi prima della scomparsa definitiva di Lea Garofalo.
Il piano per il rapimento era stato organizzato quattro giorni prima: il noleggio del furgone da un cinese di via Paolo Sarpi, i cinquanta litri di acido, l'arma del delitto, il magazzino dove svolgere l'interrogatorio e l'appezzamento dove la donna è stata successivamente sciolta nell'acido.
Il corpo venne portato in un terreno nel Comune di San Fruttuoso (Monza) ed in quel luogo venne sciolto nell'acido.
Secondo l’accusa in questa circostanza Lea viene prelevata con la forza, condotta in un magazzino, interrogata e torturata per ora, quindi uccisa con un colpo di pistola e sciolta in cinquanta litri di acido.ai spedita al Presidente della Repubblica, mostra di essere tragicamente consapevole del suo inevitabile destino:
La storia di Lea Garofalo è una storia straziante. La donna, in una lettera mai spedita al Presidente della Repubblica scrive:
«''La cosa peggiore è che conosco già il destino che mi aspetta, dopo essere stata colpita negli interessi materiali e affettivi arriverà la morte! Inaspettata indegna e inesorabile e soprattutto senza alcuna soddisfazione […]. Ho bisogno di aiuto. Qualcuno ci aiuti''»<ref>Lettera di Lea Garofalo, pubblicata ne Il quotidiano della Calabria 03.12.2010</ref>
Desta ancora più sgomento il sapere che «''oggi una donna, Lea Garofalo, può essere rapita in pieno centro e sciolta nell’acido, senza che la città si scuota''»<ref>Gianni Barbacetto,  Davide Milosa, Le mani sulla città. I boss della ‘ndrangheta vivono tra noi e controllano Milano, Chiarelettere, 2011, p.10</ref> 
'''<big>Note</big>'''
<references>Lettera di Lea Garofalo, pubblicata ne Il quotidiano della Calabria 03.12.2010</references>
<references>Gianni Barbacetto,  Davide Milosa, Le mani sulla città. I boss della ‘ndrangheta vivono tra noi e controllano Milano, Chiarelettere, 2011, p.10</references>

Versione delle 10:51, 25 nov 2012


voce a cura di Federica Beretta