Strage di Via Carini

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La Strage di Via Carini fu un attentato mafioso ad opera di Cosa Nostra in cui persero la vita il Generale dei Carabinieri e Prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, la sua seconda moglie Emmanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo.

Scritta affissa il giorno seguente in prossimità del luogo dell'attentato


La strage

La sera del 3 settembre 1982 il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa decise di cenare con la moglie Emanuela Setti Carraro a villa Pajno, residenza privata del prefetto di Palermo. Per precauzione però prenotò un tavolo in un ristorante lontano dalla città a Mondello, nota località turistica palermitana. Salirono sulla macchina della moglie, una Autobianchi A112 alla cui guida si mise lei, seguita a breve distanza dall'Alfetta di scorta su cui viaggiava Domenico Russo.

Appena usciti dalla prefettura partì l'azione militare. E' improbabile che i sicari li aspettassero davanti alla prefettura in quanto sempre presidiata, probabilmente furono avvisati da qualcuno all'interno della prefettura. Che ci fossero infiltrati all'interno della prefettura era cosa nota. Già appena nominato, il Generale scoprì delle parentele in ambienti mafiosi di due dipendenti, che prontamente fece trasferire, ma evidentemente non ebbe il tempo di ripulire l'intera prefettura.[1]

Intorno alle 21.10 l'Alfetta di Domenico Russo venne affiancata da una motocicletta su cui viaggiavano un killer e il mafioso Pino Greco, il quale aprì il fuoco con un Kalashnikov AK-47 sull'agente di scorta, che nonostante i colpi uscì dall'auto per tentare, invano, di difendere il Generale e la consorte. Domenico Russo morì dopo 8 giorni di coma.

La A112 crivellata dai colpi di AK-47 con i corpi del Generale e della moglie

Nello stesso momento Antonino Madonia e Calogero Ganci, guidando una BMW 518, raggiunsero l'auto su cui viaggiava il Generale dalla Chiesa uccidendo la coppia con 30 colpi di AK-47. L'auto su cui viaggiavano andò a sbattere contro una Fiat parcheggiata. Il sicario scese dall'auto e sparò l'ultimo colpo, quello definitivo, al volto del Generale. Oltre agli esecutori materiali, il commando di fuoco poté contare su altri sicari che seguirono l'azione, pronti ad intervenire nel caso che Russo o dalla Chiesa avessero reagito contro i killer, ma non ebbero il tempo per poterlo fare.

Le indagini

Medaglia d'oro al valor civile

Il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa e l'agente di scorta Domenico Russo vennero insigniti postumi della medaglia d'oro al valor civile della Repubblica Italiana.

Il primo poichè: "Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l'incarico, come Prefetto della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato Democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell'odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere. - Palermo, 3 settembre 1982."[2]

Il secondo con la seguente motivazione: "Di scorta automontata per il servizio di sicurezza ad eminente personalítà, assolveva al proprio compito con sprezzo del pericolo e profonda abnegazione. Proditoriamente fatto segno a numerosi colpi d'arma da fuoco esplosi a distanza ravvicinata da parte di alcuni appartenenti a cosche mafiose, tentava di reagire al fuoco degli aggressori nell'estremo eroico tentativo di fronteggiare i criminali, immolando così la vita nell'adempimento del dovere. - Palermo, 3 settembre 1982.".[3]

Bibliografia

Note

  1. Delitto imperfetto, Nando dalla Chiesa, pag. 120
  2. Presidenza della Repubblica, Dalla Chiesa Carlo Alberto, in http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=3444
  3. Presidenza della Repubblica, Russo Domenico, in http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=3755