Elda Pucci

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Elda Pucci (Trapani, 21 febbraio 1928 – Palermo, 14 ottobre 2005) è stata una donna politica e pediatra italiana. Fu la prima e unica donna nella storia di Palermo a ricoprire la carica di Sindaco dal 19 aprile 1983 al 13 aprile 1984, costituendo per la prima volta il Comune parte civile in un processo di mafia.

Elda Pucci
Elda Pucci

Biografia

Primi anni e adolescenza

Elda nacque in una famiglia benestante della buona borghesia trapanese. Il padre, Stefano, svolgeva la professione di avvocato ed era stato decorato al valore al termine della Prima Guerra Mondiale, dove aveva prestato servizio come ufficiale e pilota. Negli anni del Ventennio era stato un esponente del Partito Nazionale Fascista di Trapani, di cui era stato anche il segretario federale dal 1932 al 1933. La madre, Sara Laudicina, era una casalinga, mentre sua sorella Evelina sarebbe divenuta in seguito una nota scrittrice, esperta di ikebana, col nome Evi Zamperini Pucci.

La carriera di pediatra

Diplomatasi al liceo Ximenes di Trapani, si iscrisse subito dopo alla Facoltà di Medicina dell'Università di Palermo, dove si laureò nel 1951. Tre anni più tardi si specializzò in pediatria. Docente e primario presso l'Ospedale dei Bambini "Di Cristina" del capoluogo siciliano, divenne la prima donna ad assumere la presidenza dell'Ordine provinciale dei medici di Palermo, la prima in Italia a ricoprire un ruolo del genere. Fuori dall'ospedale andava a visitare gratuitamente a domicilio i bambini dei quartieri più poveri della città, cosa che l'aveva resa molto popolare a Palermo.

La carriera politica

Iscritta alla Democrazia Cristiana, Elda Pucci era stata candidata alle elezioni regionali del 1975, non risultando tuttavia eletta. Cinque anni dopo fece il suo ingresso a Palazzo delle Aquile come consigliera comunale, dopo un ottimo risultato alle urne delle elezioni amministrative dell'8 e del 9 giugno 1980. Politicamente vicina ad Amintore Fanfani, Pucci era legata anche all'ex-ministro Giovanni Gioia, convinta che quel ministro, accusato di aver traghettato la mafia nella DC, fosse stato vittima in realtà di una persecuzione e fosse una persona perbene[1].

Lo spartiacque: la Strage di Via Carini

L'omicidio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il 3 settembre 1982, fu uno spartiacque nella vita politica della città. Cinque giorni dopo la Strage di Via Carini, sul quotidiano la Repubblica venne pubblicata un'intervista di Giorgio Bocca al figlio del Generale, Nando dalla Chiesa:

«Che cosa penso dell’omicidio di mio padre? Penso che sia stato un delitto politico deciso e commesso a Palermo. Né a me né ad altri della mia famiglia interessa sapere chi sono stati i killer, se venuti da Catania o da Bagheria o da New York. Interessa che siano individuati e puniti i mandanti che, a mio avviso, vanno ricercati e puniti nella Democrazia Cristiana siciliana»[2].

Il figlio del Generale ricordò anche che tutti i suoi nemici il padre li aveva indicati pochi giorni prima di morire al settimanale L’Europeo. Si trattava di Salvo Lima, Vito Ciancimino, il presidente della Regione Mario D’Acquisto, il sindaco di Palermo Nello Martellucci, il segretario regionale della Dc Rosario Nicoletti.

La reazione della classe dirigente politica palermitana fu rabbiosa. Tutti si scatenarono contro il figlio del Prefetto ucciso. «Sociologo politicizzato» era l'accusa, strumentalizzava il lutto perché «è comunista»[3]. Salvo Lima dichiarò: «Palermo è una città pulita, una città che non si fa chiacchierare addosso [...] Sono tutti galantuomini, sono tutti galantuomini»[4].

Il sindaco di Palermo Nello Martellucci in privato si spinse senza vergogna a sostenere addirittura che il Generale «si è suicidato»[5].

In quel clima rovente, dove le polemiche contro i vertici della Democrazia Cristiana siciliana non accennavano a finire, i vecchi notabili democristiani credettero di trovare una soluzione nell'elezione a Sindaco di Elda Pucci. Donna, stimata professionista, venne indicata come via d'uscita per far dimenticare in fretta e furia alla città quella stagione di polemiche. Ma avevano fatto male i conti. Invece di una donna ingenua si trovarono presto a dover fronteggiare una "lady di ferro", come si sarebbe spinto a definirla un quotidiano locale, paragonandola alla premier britannica conservatrice Margaret Thatcher.

Sindaca di Palermo

Un'elezione contrastata

Elda Pucci venne eletta dal Consiglio Comunale Sindaca di Palermo il 19 aprile 1983, con soli 44 voti contro i 61 attesi. I 17 "franchi tiratori", riportarono le cronache dell'epoca, erano da ricercare non solo negli avversari di corrente della nuova Sindaca, ma anche nei suoi colleghi di corrente, i fanfaniani, scontenti di come stava andando la partita politica alla Provincia di Palermo[6]. In quei giorni, infatti, si stava votando anche il nuovo Presidente della Provincia di Palermo, ma l'accordo politico tra i partiti di maggioranza non era stato raggiunto.

La guerra agli appalti pilotati

Elda Pucci si dimostrò tutt'altro che ingenua e controllabile. Tra le sue prime mosse politiche vi fu quella di denunciare alla Procura della Repubblica, senza dire nulla ai suoi compagni di partito, lo scandalo di una scuola privata che aveva "saccheggiato" le casse comunali[7].

Gli scontri più duri, cui seguirono le quotidiane minacce di morte e le telefonate minatorie a casa, li ebbe però sugli appalti pubblici. La nuova Sindaca dichiarò, infatti, che bisognava applicare la legge per rinnovare i grandi appalti e bandire gare pubbliche, in particolare quelli legati all'illuminazione stradale e, soprattutto, alla manutenzione di strade e fogne. Solo queste due voci valevano metà del bilancio comunale.

L'appalto dell'illuminazione stradale era scaduto nel giugno 1980, quello di strade e fogne sarebbe scaduto nel dicembre 1983. Anziché prevedere gare pubbliche per il rinnovo delle concessioni, il Comune fino a quel momento si limitava a prorogare i concessionari esistenti, le società Lesca e Icem, che in 14 anni avevano incassato 1.070 miliardi di lire, secondo i calcoli del sostituto procuratore della Repubblica Paolo Giudici[8].

I meccanismi di revisione prezzi escogitati da Vito Ciancimino nella sua breve stagione da sindaco avevano regalato agli appaltatori profitti record; non solo, il Comune procedeva a trattativa privata, assegnando direttamente a Lesca e Icem gli appalti, in violazione della legge[9]. Elda Pucci lottò con tutte le sue forze per far passare un principio sacrosanto: per migliorare i servizi pubblici, bisognava scegliere l'offerta migliore dopo una regolare gara pubblica.

Avrebbe detto in seguito, dopo essere stata silurata dal suo partito:

«La corretta amministrazione è una vera e propria forma di lotta alla mafia, non solo quella organizzata a livello internazionale, ma anche quella minore che gestisce interessi locali. Le amministrazioni sono come grandi maglie, gangli vitali del crimine; se ad esse vengono ammesse solo persone di specchiata fama si ostruiscono automaticamente le arterie attraverso le quali il potere mafioso fa scorrere i suoi traffici illeciti[10]».

La decisione di costituire il Comune di Palermo parte civile contro la mafia

Il mandato di Elda Pucci non fu contrassegnato solo dagli scontri interni ai partiti della maggioranza che la sostenevano. Continuava infatti a imperversare la Seconda Guerra di Mafia, che il 29 luglio 1983 uccise con un'autobomba il giudice istruttore Rocco Chinnici, che la Pucci conosceva bene. Di fronte ai cronisti, in uno scenario da "Beirut", la prima donna a ricoprire la carica di Sindaco del capoluogo siciliano dichiarò ai cronisti che il Comune si sarebbe costituito parte civile nel processo per quella orrenda strage. Cosa che fece, nell'ottobre successivo.

Questa decisione, unita all'intransigenza nel condurre gli appalti, portarono alla fine dell'esperienza da Sindaco di Elda Pucci. Il 13 aprile 1984, dopo 359 giorni di mandato, il Consiglio Comunale di Palermo la sfiduciò, eleggendo al suo posto Giuseppe Insalaco.

La battaglia politica dentro e fuori il partito

Appena dopo essere stata fatta cadere, Elda Pucci rilasciò un'intervista al vetriolo alla Domenica del Corriere: «Ho avvertito intorno a me un silenzio, una mancanza di contatti, che a poco a poco si è trasformata in una sorda ostilità. Sono rimasta totalmente sola». E sulla crisi, teoricamente provocata sulla carta dai socialdemocratici, rivelò: «La crisi era in realtà manovrata dalla DC ed era proprio il gruppo consiliare dei mio partito ad osteggiarmi. A Palermo la democrazia nel partito è stata molto carente o addirittura non c'è stata e la mancanza di discussione ha dato spazio a forze oscure»[11].

In un'intervista a Panorama, invece, dichiarò:

«Sono stata vittima di una esecuzione sommaria. Parlerei di mafiosità, mafìosità è la mentalità di Palermo: ci si muove sempre in base ad amicizie personali, protezioni, piccoli e grandi privilegi. Il Comune risente di un certo modo generale di fare politica. Ed io ne sono rimasta vittima perché sonosempre stata una persona onesta, libera, estranea al clientelismo e alle raccomandazioni. [...] Per alcuni dirigenti DC Palermo si può parlare di mafiosità»[12].

La distruzione della sua casa di campagna a Piana degli Albanesi

Dopo l'annuncio ai primi di aprile del 1985 che sarebbe stata candidata in posizione n.2 alle elezioni comunali di Palermo del 12 e del 13 maggio 1985, Elda Pucci subì un plateale attentato il 20 aprile: una bomba scoppiata poco prima della mezzanotte distrusse quasi completamente la sua casa di campagna a Piana degli Albanesi.

Il segretario provinciale della Dc, Sergio Mattarella, deputato incaricato dal segretario nazionale Ciriaco De Mita di rimettere ordine in un partito diviso e dilaniato da profonde polemiche, dichiarò: «È più che un avvertimento. È un gravissimo gesto di intimidazione politica. Di fronte a questi tentativi la Dc conferma la sua determinazione di lotta alla mafia [...] Noi vogliamo dare il nostro contributo in tutte le sedi, non intendiamo cioè subire nè prevaricazioni nè intimidazioni»[13].

In una dichiarazione alla stampa, Pucci dichiarò:

«L'hanno distrutta ma la rifarò uguale come prima. [...] Un attentato stupido, ma con una logica spietata. Ha il sapore di un avvertimento generale. È come se ci sia gente pronta a rientrare dalla porta principale, dopo essere stata emarginata, e che voglia dimostrare quanto diffuse e profonde siano le loro radici. Hanno colpito me non solo per dire "stia attenta a non ritornare a Palazzo delle Aquile in posti di rilievo", ma anche per lanciare messaggi a chi è impegnato a cambiare le cose dentro e fuori il partito. Io comunque non mi lascio intimidire, il comitato di affari ha colpito ancora, informandomi che rappresento un serio ostacolo ai loro giochi poco puliti. Non mi vogliono più a Palazzo delle Aquile, ma non sanno che questi fatti terrificanti non servono nè ad isolare nè a disgregare. Anzi, hanno l'effetto contrario e dimostrano che in Sicilia c'è chi nonostante tutto sta combattendo una nuova battaglia di resistenza per liberare l'isola da presenze condizionanti ed eversive»[14].

Della villetta rimasero a stento in piedi mura perimetrali e coperture. Gli esperti arrivati sul posto assieme al sostituto procuratore Giuseppe Ayala accertarono il probabile uso dello stesso tipo di esplosivo ad alto potenziale usato per la Strage di Pizzolungo contro il giudice Carlo Palermo[15].

Qualche giorno dopo, nonostante l'attentato, il commissario del Comune, Vito Colonna, rispose alla richiesta di maggiore protezione per l'ex-Sindaca dichiarando che «a Palermo ci sono molti in pericolo e non possiamo proteggere tutti. Ho anzi proposto di sospendere la scorta agli ex sindaci: non sono loro gli unici a essere minacciati»[16].

Anni dopo alcuni collaboratori di giustizia rivelarono che a mettere i 25 kg di tritolo era stato Balduccio Di Maggio, con Vito Brusca e Vincenzo Milazzo, su ordine di Bernardo Brusca e Totò Riina. L'unico motivo per cui non venne uccisa come Giuseppe Insalaco e altri politici fu per via della sua popolarità nei quartieri poveri di Palermo, dove la Pucci continuava ad andare a visitare gratuitamente i bambini le cui famiglie non potevano permettersi le cure.

Il successo alle elezioni 1985 e l'isolamento della Dc

Nonostante l'attentato e le intimidazioni, Elda Pucci risultò la più votata alle comunali del 1985, con ben 21.149 voti di preferenza, 1.400 in più del capolista, il deputato e segretario provinciale Sergio Mattarella[17].

Nonostante questo, il pentapartito (l'alleanza politica tra Dc, Psi, Psdi, Pli e Pri) le preferì Leoluca Orlando, giovane docente di diritto di 38 anni, legato politicamente a Piersanti Mattarella, eletto il 16 luglio successivo con 52 voti (due in meno di quelli su cui poteva contare la maggioranza)[18].

L'ex-Sindaca, che fino alla settimana prima era in corsa per diventare nuovamente prima cittadina, era stata "bocciata" da Roma, durante una riunione di tutti i consiglieri Dc delle grandi città. Il commissario provinciale dello scudo crociato, Sergio Mattarella, alla presenza del segretario Ciriaco De Mita, dopo avere consultato gli alleati del pentapartito, indicò Orlando quale candidato ufficiale per la stanza rossa di Palazzo delle Aquile[19].

Elda Pucci, che avrebbe dovuto presiedere il Consiglio Comunale in quanto più votata alle amministrative, quel giorno non si presentò per "motivi familiari". Subito dopo, però, dichiarò pubblicamente:

«Considero molto grave quanto è avvenuto con la mia esclusione, al di là della figura di Leoluca Orlando su cui non intendo esprimere giudizi [...] La mia decapitazione politica è stata un messaggio esplicito agli elettori: votatela quanto volete ma comandiamo noi. Elda Pucci, a Palermo, non conta. [...] Quando un partito presenta una persona alla città come il vero capolista, una persona che ha corso per due anni grossi rischi personali per il rinnovamento della Dc, e viene raggiunta da un incredibile consenso elettorale, non in forza di giochi di correnti nè di struttura di partito, ma in forza dei cattolici di radice sturziana, dei Dc autentici, del Movimento popolare, dei giovani, questa scelta allora è un atto di arroganza che offende il sistema democratico»[20].

Pucci sostenne di essere stata «ancora una volta brutalmente emarginata» dal suo partito. «Politica, in Italia», sostenne l'ex-Sindaca, «una volta per tutte dovrebbe significare l'ascolto attento dei bisogni della gente. Della mia azione politica porto, nel profondo della coscienza, la consapevolezza di avere potuto dimostrare che a Palermo esiste, ed è molto forte, un nucleo centrale di persone oneste, capaci come è accaduto con me, di dare il voto non in cambio di privilegi, ma per raggiungere in concreto valori reali»[21].

L'esperienza da parlamentare europea

Abbandonata la Democrazia Cristiana in aperta polemica per il suo isolamento politico, nel 1989 si candidò alle Elezioni Europee con la lista del PLI-PRI-FED, risultando tuttavia non eletta. Entrò in carica il 24 marzo 1992, rimanendo in carica fino a fine legislatura, nel 1994. Durante il suo mandato da europarlamentare fu la prima a proporre «un sistema legislativo comunitario che porti alla nascita di un corpo di polizia sovranazionale specializzato nella lotta al crimine organizzato»[22].

La candidatura a Sindaco nel 1993

Alle elezioni comunali del 21 novembre 1993, le prime col nuovo sistema di elezione diretta del Sindaco, Elda Pucci si candidò sostenuta dalla lista della Democrazia Cristiana e da una lista elettorale, Forum, frutto dell'accordo politico tra il Patto per la Rinascita Nazionale di Segni, il PRI, il PSI e il nuovo partito Alleanza Democratica. Tuttavia, raccolse solo 63.277 voti, pari al 16,29% dei consensi, contro i 291.976 di Leoluca Orlando, che risultò eletto col 75,18% dei voti.

Gli ultimi anni

Dopo la sconfitta, passò gli ultimi anni della sua vita ai margini della vita politica, finché il 14 ottobre 2005 morì all'età di 77 anni per un tumore scoperto qualche mese prima.

Memoria

La sua figura è stata a quel punto dimenticata, soprattutto nell'immaginario collettivo del movimento antimafia, fagocitata dalla figura di Leoluca Orlando, che è passato alla storia, erroneamente, come unico sindaco antimafia del capoluogo siciliano, con la c.d. "Primavera di Palermo".

Nel 2021 lo scrittore e drammaturgo Stefano Massini ha scritto lo spettacolo teatrale "Cosa nostra spiegata ai bambini", in cui viene ripercorsa la vita politica di Elda Pucci, interpretata dall'attrice Ottavia Piccolo.

Note

  1. Citato in Bianca Stancanelli (2016). La città marcia, Padova, Marsilio editore.
  2. Citato in Bolzoni, Uomini Soli, p. 102.
  3. Ivi, p. 103.
  4. Ibidem.
  5. Ibidem.
  6. Vincenzo Vasile, Palermo, 17 «franchi tiratori» contro la candidata di De Mita. DC «lacerata» saltati gli accordi di corrente su Comune e Provincia, l'Unità, 20 aprile 1983.
  7. Citato in Bianca Stancanelli, La città marcia.
  8. Ibidem
  9. Ibidem
  10. Citato in Sergio Segi, "Pucci: «Ciancimino m'accusa? Un onore. Insalaco: «Non c'era più spazio per la sua immagine»", l'Unità, 15 aprile 1984.
  11. Ibidem.
  12. Saverio Lodato, Pucci: «Quei mafiosi della DC», l'Unità, 7 aprile 1984
  13. Citato in Giuseppe Cerasa, È stato un avvertimento alla Sicilia degli onesti, la Repubblica, 23 aprile 1985
  14. Ibidem
  15. Ibidem
  16. la Repubblica, Verrà sospesa la scorta all'ex-sindaco Pucci?, 26 aprile 1985
  17. Alberto Stabile, La rivincita di Elda Pucci: "Abbiamo potato la Quercia DC", la Repubblica, 16 maggio 1985
  18. Attilio Bolzoni, "Orlando Cascio Sindaco Record. A Palermo ha vinto la nuova CD", la Repubblica, 17 luglio 1985
  19. Ibidem
  20. Ibidem
  21. Ibidem
  22. Citato in Carla Mazzuca, Elda Pucci, Sito web 150anni.it

Bibliografia

  • Archivio Storico de l'Unità
  • Archivio Storico de la Repubblica
  • Bolzoni, Attilio (2012). Uomini soli, Milano, Melampo editore.
  • Stancanelli, Bianca (2016). La città marcia, Padova, Marsilio editore.