Francesco Schiavone

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Francesco Schiavone (Casal di Principe, 3 marzo 1953), detto Sandokan per la sua somiglianza con l’attore Kabir Bedi[1], è un camorrista noto alle cronache come il boss più importante del Clan dei Casalesi. Ha sei figli, avuti con Giuseppina Nappa (in ordine di età: Nicola, Carmine, Ivanhoe, Walter, e due bambine nate durante la latitanza)[2].

Francesco Schiavone "Sandokan"

Attualmente il boss è detenuto nel carcere di Opera, dove sta scontando la pena dell’ergastolo sottoposto al regime del 41-bis. Nel 2016 il collaboratore di giustizia Massimiliano Caterino dichiarò agli inquirenti e ai giornali che il boss continuerebbe a comandare dal carcere[3].

Biografia

Primi anni e ascesa criminale

Figlio di un allevatore di bufale, fin da ragazzo Schiavone seguì la via del crimine, iniziando dalle truffe assicurative. Venne arrestato per la prima volta a soli 18 anni nel 1972 per detenzione illegale di armi e si arruolò nel clan di Antonio Bardellino. Per la sua fedeltà e il suo coraggio venne ingaggiato nella scorta del narcotrafficante Umberto Ammaturo.

Nel 1981 venne affiliato ufficialmente al clan e poco dopo maturò l'ambizione di sostituirsi a Bardellino ai suoi vertici. Per fare questo iniziò a seminare zizzania all'interno del clan, accusando Domenico Iovine, fratello del boss Mario, di essere confidente dei carabinieri causando la sua uccisione per ordine di Bardellino. Da qui scaturì la vendetta di Mario che, con la scusa di un incontro di affari, andò a casa del boss (in Brasile) e lo uccise sfondandogli il cranio con una cazzuola.

Appena venuto a conoscenza della morte di Bardellino, per completare il suo piano di ascesa, Francesco Schiavone strangolò Paride Salzillo, nipote ed erede del boss.

Fu così che Sandokan arrivò al vertice del clan insieme al fratello Walter, responsabile dell'ala militare, il cugino Carmine responsabile di quella economico-finanziaria, il cugino omonimo Francesco Schiavone sindaco di Casal di Principe ed il cugino Nicola Schiavone assessore alle finanze[4].

La faida con i De Falco e il blitz di Santa Lucia

Il 13 dicembre 1990 Schiavone convocò una riunione a Casal di Principe, presso l’abitazione dell’assessore Gaetano Corvino, per eliminare Vincenzo De Falco, il quale però non si presentò, avendo fiutato un'imboscata[5]

Al posto di De Falco irruppero invece i Carabinieri, che arrestarono sia il boss sia Bidognetti con l’accusa di detenzione illegale di armi e associazione criminale di stampo mafioso. Il blitz passò alla storia come "blitz di Santa Lucia".[6].

Nella stessa occasione vennero rinvenute armi ed in particolare 3 pistole calibro 9 ed una pistola cal. 7.65 con matricola abrasa, nonché diverse munizioni[7].

Tuttavia, la prima Sezione penale della Cassazione presieduta dal giudice Corrado Carnevale annullò nel marzo 1991 il provvedimento di carcerazione in ordine all’accusa di associazione camorristica e, nel gennaio 1992, la Corte d’Appello assolse entrambi i boss anche per le residue imputazioni.

Sospettato di aver fatto la soffiata ai carabinieri, Vincenzo De Falco venne crivellato di colpi il 2 febbraio 1991 e fu poi vendicato il 6 marzo successivo con l'uccisione di Mario Iovine a Cascais (Portogallo).

La latitanza e l’arresto

Schiavone venne colpito da ordinanza cautelare il 5 dicembre 1995 a seguito dell’inchiesta “Spartacus” e poi arrestato l’11 luglio 1998 nel bunker che si era costruito sotto la sua enorme villa al centro di Casal di Principe: un appartamento di cento metri quadrati senza porte e finestre, ma con cunicoli e grotte naturali come vie di fuga. Il bunker era illuminato da luci al neon e aveva pavimenti in maiolica bianca, un videocitofono e due accessi non identificabili dall’esterno (le porte si aprivano facendo scorrere pareti di cemento armato sui binari). In caso di perquisizioni, il boss, attraverso una botola nascosta in sala da pranzo, raggiungeva una serie di cunicoli collegati tra loro che conducevano all’ultimo rifugio, in cui erano montate delle tende da campo.

Il boss si consegnò al capo della Dia di Napoli Guido Longo, quando sentì sbriciolarsi il muro che divideva il suo rifugio dal resto della casa, e uscì fuori con le due figlie Chiara e Angelica in braccio per avvertire i poliziotti che non avrebbe reagito data la presenza delle due bambine[8]

Per arrestarlo la Dia ha effettuato appostamenti per un periodo di diciotto mesi.

Il processo Spartacus

Nel corso del processo furono sequestrati 199 fabbricati, 52 terreni, 14 società, 12 autovetture e 3 imbarcazioni. Nel 2008 Sandokan fu condannato all’ergastolo con isolamento diurno per due anni.

Tra i fatti accertati nel processo fece capo l’illecita aggiudicazione di appalti pubblici da parte di imprese del clan, perfino per la costruzione del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Durante il processo Schiavone si oppose alle riprese video e agli scatti dei fotoreporter presenti: «Non sono una fiera da gabbia: non voglio essere ripreso da TeleKabul» e, per questo, la Corte d’Assise di Napoli permise l'ingresso di cineoperatori e fotografi a patto che non riprendessero gli imputati[9]

Clan e famiglia dopo il suo arresto

Il 5 giugno 2008 era in corso il pranzo di nozze del figlio Carmine, quando fecero irruzione settanta poliziotti diretti dal capo della Squadra Mobile di Caserta per identificare gli ospiti, nell’eventualità che tra essi ci fosse qualche latitante e per aggiornare l’elenco degli alleati del clan.

Lo stesso giorno si svolse il funerale di Michele Orsi, dirigente della Eco4 S.p.a. e collaboratore di giustizia, ucciso quattro giorni prima a colpi di pistola in piazza Dante a Casal di Principe e che, proprio quel giovedì 5 giugno, avrebbe dovuto testimoniare nel processo sulle tangenti pagate al clan dei Casalesi e al clan La Torre di Mondragone dai soci privati della Eco4, che gestiva in appalto lo smaltimento dei rifiuti del basso Casertano.

Note

  1. Bruno De Stefano, La camorra dalla A alla Z, Roma, New Compton Editori, 2016, p. 242
  2. Catello Marano, Sentenza contro "Abbate + 129 ", Corte di Assise Santa Maria Capua Vetere, Sezione seconda, 15 settembre 2005, p. 11
  3. Il Mattino di Napoli, Casalesi, il pentito: «'Sandokan' Schiavone comanda ancora dal 41 bis», 6 maggio 2016
  4. Francesco Barbagallo, Storia della camorra, Bari, Editori Laterza, 2010, p. 167
  5. Catello Marano, Sentenza contro "Abbate + 129 ", Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere - II Sezione penale, 15 settembre 2005, p. 543
  6. Raffaele Cantone, Solo per giustizia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2008, p. 285
  7. Catello Marano, op. cit., p. 543
  8. Nanni Balestrini, Sandokan 1. La grande cattura, 13 Gennaio 2019
  9. Corriere del Mezzogiorno, «Non voglio essere ripreso da Telekabul»: Sandokan contro i filmati di Rai Tre, 16 giugno 2008

Bibliografia

  • Barbagallo, Francesco (2010). Storia della Camorra, Bari, Editori Laterza.
  • Cantone, Raffaele (2008). Solo per giustizia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore.
  • De Stefano, Bruno (2016). La camorra dalla A alla Z, Roma, New Compton Editori.
  • Marano, Catello (2015). Sentenza contro "Abbate + 129 ", Corte di Assise Santa Maria Capua Vetere - II Sezione penale, 15 settembre.