Documentazione Antimafia

Da WikiMafia.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La documentazione antimafia consiste in un insieme di provvedimenti amministrativi di natura prefettizia volti a stroncare sul nascere o recidere in maniera tempestiva i tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici e nell'economia legale. Disciplinata nella legislazione italiana dal libro II del Codice Antimafia, agli articoli 82-99bis, permette alla pubblica amministrazione di venire a conoscenza in via preliminare dell'esistenza o meno di impedimenti e/o situazioni indici di mafiosità a carico di soggetti che entrano in relazione con essa.

La normativa

In estrema sintesi, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico, e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici, sono obbligati ad acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, oppure prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67 del Codice Antimafia.

I provvedimenti emessi dal prefetto, a contenuto in parte meramente dichiarativo e in parte valutativo, sono la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia: entrambi possono avere un contenuto interdittivo o liberatorio a seconda che il prefetto riscontri o meno la presenza di una delle cause ostative normativamente previste.

La comunicazione antimafia

Attraverso la comunicazione antimafia, il prefetto attesta la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall'art. 67 del Codice Antimafia. Deve essere richiesta per il rilascio di[1]:

  • licenze, autorizzazioni di polizia di competenza del Comune e autorizzazioni al commercio;
  • concessioni di acque pubbliche e diritti a esse inerenti, nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali;
  • concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici di valore superiore a 150.000,00 € e inferiore alla soglia comunitaria;
  • iscrizioni in albi di appaltatori, fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della Camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri dei commissari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso;
  • attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;
  • altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;
  • contributi, finanziamenti o mutui agevolati e altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione europea, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
  • licenze per detenzione o porti d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.

Ai sensi dell’art. 83, comma 3, non è richiesto il rilascio della comunicazione antimafia nei seguenti casi:

  • per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui al comma 1 della medesima disposizione;
  • per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui alla lettera a) e altri soggetti, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo sono sottoposti, per disposizione di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di sospensione, di decadenza o di divieto di cui all’art. 67;
  • per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni o delle licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza;
  • per la stipulazione o l’approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale;
  • per i provvedimenti, gli atti e i contratti il cui valore complessivo non sia superiore a 150.000 euro.

L'informazione antimafia

L’emissione dell’informazione antimafia, invece, è strumentale alla stipulazione, all’approvazione o all’autorizzazione di contratti e subcontratti, oppure al rilascio dei provvedimenti di cui all’art. 67 del Codice Antimafia.

In estrema sintesi, consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste all’art. 67 e/o nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa[2], finalizzati a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate all’adozione di un provvedimento in loro favore da parte della Pubblica Amministrazione.

Ai sensi dell’art. 91 comma 1 del Codice antimafia, l’informazione antimafia è necessaria «prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 67, il cui valore sia:

  • pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;
  • superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
  • superiore a 150.000 euro per l’autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche».

Inoltre, ai sensi del successivo comma 1-bis, l’informazione antimafia è necessaria in tutte le «ipotesi di concessione di terreni agricoli demaniali che ricadono nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei per un importo superiore a 25.000 euro».

Sovrapposizoni e differenze tra i due provvedimenti

Com’è immediatamente evidente, comunicazione antimafia e informazione antimafia presentano una parziale sovrapposizione con riferimento ai presupposti per la loro adozione. Entrambi i provvedimenti prefettizi, infatti, possono poggiare sul positivo riscontro di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del Codice antimafia, le quali, ai sensi dei commi 1 e 8 della medesima disposizione, operano in presenza:

  • di un provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza;
  • di una condanna con sentenza definitiva o confermata in appello per taluno dei delitti consumati o tentati di cui all’art. 51 comma 3-bis del Codice di Procedura Penale[6].

I divieti e le decadenze previsti all’art. 67 non sono una diretta conseguenza del rilascio della comunicazione o dell’informazione interdittiva, costituendo in ogni caso un effetto dell’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza o della condanna per uno dei delitti previsti all’art. 51 comma 3-bis. La documentazione antimafia si limita ad attestare e a portare a conoscenza della PA la notizia.

Effetti giuridici della documentazione antimafia

Mentre alla comunicazione antimafia non sono ricollegati dei veri e propri effetti (si limita ad attestare la sussistenza o meno delle interdizioni previste all'art.67), nel caso di emissione di informazione antimafia interdittiva si producono gli effetti previsti all’art. 94, che prevede che le pubbliche amministrazioni:

  • «non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni» (comma 1);
  • «revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite», nei casi in cui l’informazione antimafia sia emessa tardivamente nonché nei casi in cui le cause ostative al rilascio del provvedimento liberatorio siano accertate successivamente alla stipula del contratto (comma 2).

L'articolo 89bis del Codice Antimafia

La rigida bipartizione e alternatività che tradizionalmente caratterizza i due istituti è stata in parte superata con l'introduzione dell’art. 89-bis, avvenuta ad opera del decreto legislativo n. 153/2014. Secondo questo nuovo articolo, nel caso in cui il prefetto, sollecitato a emettere una comunicazione antimafia, riscontri un tentativo di infiltrazione mafiosa, è tenuto ad adottare l’informazione antimafia interdittiva, la quale «tiene luogo della comunicazione antimafia richiesta».

Sull’art. 89-bis cod. antimafia, ritenuto costituzionalmente conforme già in due occasioni[3], si è espresso anche il Consiglio di Stato, che ha affermato che l’informazione antimafia interdittiva, emessa in luogo della comunicazione in ragione della ritenuta sussistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa in atto, dà luogo anche alle interdizioni di cui all’art. 67 cod. antimafia, pur in assenza di una misura di prevenzione personale in corso di esecuzione o di una condanna in secondo grado per uno dei delitti di cui all’art. 51 comma 3-bis del codice di procedura penale[4].

Secondo il Consiglio di Stato l’art. 89-bis «costituisce una deroga al principio d’alternatività» tra gli istituti della comunicazione e dell’informazione, «poiché prevede l’informazione antimafia laddove è richiesta la comunicazione antimafia, e al tempo stesso opera l’assorbimento»[5].

Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada, peraltro, non osterebbe a una tale lettura quanto previsto dall’art. 94 del codice antimafia. Se è vero, infatti, che la norma disciplina gli effetti propri dell’informazione antimafia interdittiva, «nulla prevedendo circa eventuali effetti su licenze o autorizzazioni», è altrettanto vero che essa regola «la comune efficacia dell’atto, senza interferire con l’estensione stabilita dall’art. 89-bis, che individua – alle condizioni previste – nell’informazione antimafia una fattispecie equivalente alla comunicazione antimafia».

In conclusione, il Consiglio di Stato, ha affermato che la disposizione di cui all’art. 89-bis cod. antimafia deve interpretarsi «nel senso che l’informazione antimafia produce i medesimi effetti della comunicazione antimafia anche nelle ipotesi in cui manchi un rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione»[6].

A seguito di questa pronuncia, la giurisprudenza amministrativa è arrivata addirittura a sostenere che il principio formulato in quell’occasione «è applicabile a fortiori anche quando sia stata direttamente chiesta l’informativa antimafia»[7].

In altri termini, secondo questo filone interpretativo, l’informazione antimafia interdittiva, emanata sulla base del riscontro di un tentativo di infiltrazione mafiosa, produrrebbe in ogni caso (e quindi non solo nella particolare ipotesi disciplinata dall’art. 89-bis) gli effetti interdittivi previsti all’art. 67, anche se il soggetto destinatario del provvedimento non è stato attinto dalla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza né risulta condannato almeno in secondo grado per uno dei delitti di cui all’art. 51 co. 3-bis del codice di procedura penale.

Le riforme "a tutela delle imprese"

Anche a seguito delle decisioni della giurisprudenza amministrativa e per effetto del dibattito politico-accademico che hanno scatenato, il Parlamento italiano, prendendo atto della loro estrema incisività per l'attività di impresa, ha introdotto negli ultimi anni alcune misure di mitigazione delle c.d. "interdittive antimafia".

La prima riforma è intervenuta con la legge n. 161/2017, che introduce all'art. 34-bis comma 6 del Codice Antimafia la possibilità per il privato colpito da un’informazione antimafia interdittiva di inibire gli effetti della misura attraverso l’impugnazione della stessa in sede amministrativa e la contestuale richiesta di applicazione della misura di prevenzione del controllo giudiziario, grazie alla quale è possibile proseguire l’attività economica d’impresa sotto costante monitoraggio del giudice della prevenzione e dell’amministratore giudiziario.

La riforma 2021: il contraddittorio e la prevenzione collaborativa

La seconda riforma, più discussa e contestata[8], è stata inserita all’art. 94-bis dal decreto legge n. 152/2021 (convertito con modificazioni nella legge n. 233/2021). La nuova normativa, in caso di «situazioni di agevolazione occasionale», attribuisce al prefetto il potere di applicare, al posto dell’informazione antimafia interdittiva, una o più misure a carattere prescrittivo. Ufficialmente, questa misura è stata pensata per non paralizzare del tutto l’attività economica a rischio di infiltrazione mafiosa, consentendo la prosecuzione della stessa sotto la vigilanza dell’autorità di pubblica sicurezza.

All'art. 92 vengono quindi inseriti due nuovi comma, il 2-bis, che disciplina una forma di contraddittorio tra il prefetto e il soggetto privato prima dell’emissione dell’informazione antimafia, e il 2-ter, che prevede, quali possibili esiti dell’anzidetto contraddittorio, l’applicazione dell’informazione antimafia (interdittiva o liberatoria) o delle misure di cui all’art. 94-bis.

La prevenzione collaborativa può essere decisa dal prefetto quando accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale. In questo caso l’informativa antimafia non verrebbe emessa, essendo invece previsto un serrato scambio di richieste e di documentazione grazie al quale la prefettura monitorerà l’azienda per minimo sei mesi e massimo un anno, al termine del quale dovrebbe venire presa una decisione definitiva in merito all'emissione dell'interdittiva antimafia.

Il contraddittorio, invece, si applica quando si ritengano sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva oppure per procedere all’applicazione della nuova prevenzione collaborativa e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento. Il punto è che se prima della riforma la prefettura avrebbe emesso l’interdittiva e basta, ora deve dare tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa. A questo punto verranno assegnati venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione. Potranno passare fino a 60 giorni per la conclusione del contraddittorio. Termine, peraltro, non perentorio. C'è il rischio quindi che in certi casi possa essere rimandato il provvedimento interdittivo per più di un anno[9].

Note

  1. Si vedano gli artt. 67, 83 comma 3, 89, 91 comma 1 e 1-bis del codice antimafia
  2. I tentativi vengono desunti dagli indici previsti agli artt. 84 comma 4 e 91 comma 6 del codice antimafia, nonché da tutte le altre situazioni di fatto ritenute rilevanti dal prefetto
  3. Con la sentenza n.4 del 21 novembre 2017-18 gennaio 2018, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondati i dubbi di costituzionalità dell’art. 89-bis, in rapporto agli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione; con la sentenza 57 del 29 gennaio-26 marzo 2020, ha dichiarato invece infondate le questioni di legittimità sollevate in relazione agli artt. 3 e 41.
  4. Si veda la sentenza n. 3088 del 14 ottobre 2015
  5. Ibidem
  6. Ibidem
  7. Si veda la sentenza n.1638 del 30 marzo 2017, emessa dalla III sezione del Consiglio di Stato
  8. Si veda Ilaria Ramoni, David Gentili, "La proposta della Dia di riformare le interdittive antimafia non ci convince", LaViaLibera.it[1]
  9. Si veda al riguardo Ilaria Ramoni, David Gentili, In epoca di “ripresa e resilienza” l’interdittiva antimafia è stata mitigata. Perché?, Altreconomia[2]

Bibliografia

  • Amarelli, Giuseppe, Damiani Sticchi, Saverio (2019). Le interdittive antimafia e le altre misure di contrasto all’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, Torino, Giappichelli.
  • Cimmino, Umberto (1995). La nuova certificazione e le altre cautele antimafia, Palermo, Quattrosoli, p. 4.
  • Filieri, Lavinia (2021). "Note sul principio del giusto procedimento nella materia della documentazione antimafia", in Nuove autonomie n. 2, p. 485 ss.
  • Zuffada, Edoardo (2022). Informazione antimafia: la Consulta dichiara inammissibile una questione relativa alla mancata previsione in capo al prefetto di un potere di modulazione degli effetti dell’informativa interdittiva, SistemaPenale.it, 6 settembre.