Locale di Ventimiglia

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La locale di Ventimiglia è una delle due locali di 'ndrangheta presenti nella provincia di Imperia. La sua presenza è stata confermata definitivamente in Cassazione al termine del processo "La Svolta" nel 2017.

Storia della locale

Primi insediamenti

Ventimiglia diventò interessante per le organizzazioni criminali in quanto zona di frontiera al confine con la Francia. La città tradizionalmente era luogo di passaggio per importanti canali di rifornimento di cocaina e hashish dalla Spagna (lo è tuttora), oltre a rappresentare una facile via di fuga per i latitanti.

La presenza 'ndranghetista si cominciò ad affermare durante gli anni del flusso di migranti dalla Calabria alla Liguria per questioni di lavoro, cui si aggiunse il fenomeno del soggiorno obbligato, con esponenti mafiosi interessati a gestire vari traffici illeciti nella zona di frontiera, in particolare a Ventimiglia, ultimo comune del Ponente ligure, al confine con la Francia.

Nel 1947 arrivarono a Ventimiglia sia Ernesto Morabito, trentasettenne proveniente da Molochio in provincia di Reggio Calabria, ritenuto vicino alla cosca dei Piromalli di Gioia Tauro, sia Antonio Palamara con i suoi fratelli[1]. I Palamara erano ritenuti affiliati per parentela alle 'ndrine degli Alvaro, dei Palamara e dei Pelle.

Morabito nel suo fascicolo giudiziario contava già condanne per espatrio clandestino, contraffazione di banconota e rissa[2].

La struttura criminale operante nel Ponente ligure, pur avendo preso origine dagli affiliati operanti in Calabria e adottandone in toto l’organizzazione, le tradizioni e i rituali, si è differenziata per connotati meno sanguinari e violenti. Nel corso degli anni, ha potuto così svilupparsi in maniera sotterranea, costruendo una ramificazione basata su complicità, legami parentali e cointeressenze.

Tale situazione ha consentito di ottenere vantaggi sia in termini di offerta di posti di lavoro, primo passo per il controllo del territorio, sia come benefici di tipo economico mediante l'acquisizione di licenze o autorizzazioni per attività di imprese in vari settori economici, che in breve tempo hanno portato molti calabresi residenti nel ponente ligure ad arricchirsi e a rivestire un ruolo di primo piano nel panorama dell'economia e della politica locale[3].

Questo atteggiamento strategico si affiancava comunque alle classiche attività criminali, tra le quali l'usura, le estorsioni e, nei casi più gravi, gli incendi ai danni di chi si opponeva alla signoria territoriale dei boss calabresi.

I gruppi calabresi presenti nell’estremo ponente estesero la loro influenza anche nella confinante Francia, interessando oltre la Costa Azzurra anche i territori di Tolone e Marsiglia[4].

I Marcianò, boss di Ventimiglia

Gli storici boss della locale di Ventimiglia furono i fratelli Francesco e Giuseppe Marcianò. Si ritiene però che al piano più alto ci fosse Antonio Palamara[5].

I due fratelli Marcianò sostituirono gradualmente negli aspetti operativi Ernesto Morabito, all’epoca ancora ai vertici dell’associazione criminale, ma che negli anni si era costruito un’immagine rispettabile, tanto da essere nominato Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana[6].

Francesco Marcianò detto “Ciccio”, morì il 19 novembre 1998 e venne sostituito dal fratello Giuseppe Marcianò. Si legò subito indissolubilmente con Antonio Palamara, nato a Sinopoli in provincia di Reggio Calabria, e residente nella frazione di Ventimiglia Alta. Antonio Palamara divenne un elemento importante e di rispetto anche in virtù delle sue relazioni parentali[7]. Infatti, i suoi fratelli erano affiliati con la cosca Alvaro-Palamara e la sorella Vincenza era coniugata con Giorgio Alvaro[8].

Il collaboratore di giustizia Cretarola nel 2014 sostenne che il vero boss della locale di Ventimiglia era Antonio Palamara, mentre Marcianò avrebbe goduto di rispetto all’interno della locale, ma come figura secondaria, in quanto mancante di pene detentive per reati importanti e di conseguenza senza i “requisiti” necessari per diventare capo della locale[9].

Il collaboratore di giustizia Gianni Cretarola sostenne anche che Palamara gestiva i traffici illeciti per conto della locale mentre Marcianò si occupava di politica e appalti[10].

Sebbene le generazioni si siano succedute, le famiglie che fanno capo alla locale di Ventimiglia mantengono un legame inscindibile con la potente cosca Piromalli dalla quale ricevono ordini e direttive.

Negli anni ’80 Giuseppe Marcianò venne coinvolto dall’indagine che riguardò il presidente della regione Liguria Alberto Teardo, politico del PSI iscritto alla loggia massonica P2. Dall’inchiesta risultò che Teardo e il suo “clan” chiesero voti per sé e per il PSI a Marcianò in cambio di soldi. Teardo fu condannato per associazione a delinquere, corruzione, concussione e voto di scambio a 12 anni e 9 mesi. Fu la prima conferma di intrecci tra la politica ligure e le famiglie di ‘ndrangheta[11].

Giuseppe Marcianò ammise di aver ricevuto già nel 1976 decine di milioni di lire da distribuire a chi decideva di votare per Teardo.

Presso il ristorante Le Volte a Ventimiglia Giuseppe Marcianò accoglieva una processione di personaggi di vario genere, non solo pregiudicati di origine calabrese, ma anche persone comuni e imprenditori tra i maggiori della zona, i quali con estremo rispetto e deferenza si rivolgevano a Marcianò per la risoluzione di qualsiasi problema[12].

Gli interessi economici erano portati avanti con una parvenza legale attraverso la società Cooperativa Marvon che si aggiudicò numerosi appalti pubblici dal comune di Ventimiglia, specialmente per quanto riguardava la realizzazione del porto di Ventimiglia e la raccolta rifiuti, beneficiando di un canale preferenziale con l’amministrazione comunale[13]. È stato appurato che i Marcianò fossero soci occulti della Marvon.

Per aumentare i progetti e i cantieri nel Ponente, Giuseppe Marcianò, intercettato il 29 agosto 2010 al ristorante Le Volte, affermò di aver mangiato con Paolo Berlusconi ad Arma di Taggia e di avergli chiesto di portare nuovi progetti nel territorio perché sennò “qua siamo un po’ scarsi”[14].

Prime inchieste antimafia a Ventimiglia

Le prime indagini nell’imperiese sulla ‘ndrangheta sfociarono nell’operazione denominata “Colpo della Strega”, che portò all’arresto di più di quaranta persone, ritenute affiliate o contigue alla ‘ndrangheta radicata nel ponente ligure e responsabili di gravi reati: traffico di droga, rapine, estorsioni, omicidi e condizionamenti politici[15]. Il GIP nell’ordinanza cautelare sottolineò il duplice livello di azione delle cosche: un livello illegale sottostante e uno legale di copertura, svolto con l’esercizio di attività economiche portate avanti spesso con la compiacente complicità delle amministrazioni locali, i cui rappresentanti elettivi chiedevano ed ottenevano l’appoggio esplicito delle organizzazioni criminali calabresi[16].

In questo procedimento, secondo l’inchiesta, il gruppo era costituito da Francesco Marcianò, Giuseppe Scarfone, Ernesto Morabito e Antonio Palamara. Alla fine, però, il tribunale di Imperia ritenne che il reato associativo fosse da escludere, perché presente solo in fase prodromica, senza prove di un vero e proprio vincolo associativo tra gli imputati. Si disse che gli imputati agivano come singoli e si proseguì con ingenti condanne per i singoli delitti perpetrati, ma non per il reato associativo e quindi senza applicazione dell’articolo 416bis[17].

Dalla sentenza si evince che “a Ventimiglia e nel Ponente ligure più in generale si è riscontrato un certo fenomeno aggregativo riconducibile in senso lato alla ‘ndrangheta calabrese (…). Si può bene affermare, a parere giudicante, che nel circondario di San Remo si sono create le condizioni per l’instaurazione di un potere diffuso della malavita organizzata calabrese”[18].

Mafia e politica a Ventimiglia

I condizionamenti del mondo politico da parte dell’organizzazione ‘ndranghetista si rivelarono molto estesi nel Ponente Ligure. Il caso passato più eclatante è stato il già citato coinvolgimento dell’ex presidente della Regione Liguria Alberto Teardo negli anni ’80, quando Giuseppe Marcianò raccolse per lui diversi voti tra i suoi corregionali sotto pagamento.

L’organizzazione però era in grado di influire persino sulla presentazione delle candidature e sulla composizione delle liste, oltre ad offrire supporto elettorale nella prospettiva di futuri vantaggi[19].

Il collaboratore di giustizia Gianni Cretarola in riferimento ai condizionamenti politici nel ponente ligure alla domanda: “Lei ha parlato di cene elettorali. (…) Era un’abitudine di uno ‘ndranghetista organizzare cene elettorali o era un’attività straordinaria?” rispose così:

“era un’abitudine che soprattutto qui nel ponente viene portata avanti con consuetudine. (…) La finalità è dare sostegno a un politico che un domani che verrà eletto darà aiuti e favori a chi l’ha portato avanti in campagna elettorale”[20].

Cretarola affermò poi che queste cene elettorali si tenevano presso il ristorante Le Volte di proprietà di Giuseppe Marcianò.

Come emerse nell’inchiesta Maglio 3 e in vari altri procedimenti, risultarono fortemente condizionate le elezioni regionali del 2010, le elezioni comunali di Vallecrosia del 2011 e i gruppi si stavano preparando per le elezioni comunali di Ventimiglia previste per il 2012.

Nel procedimento Maglio 3 si dimostrò come Giuseppe Marcianò rivestì un ruolo importante nell’individuazione del candidato da sostenere, convincendo Domenico Gangemi, capo della locale di Genova, ad appoggiare Fortunella Moio, candidata nella Lista Pensionati nella coalizione di Claudio Burlando e figlia di Vincenzo Moio, politico già in precedenza appoggiato da Marcianò. Anche Alessio Saso del PdL, già vicesindaco del Comune di Imperia e consigliere della Regione Liguria, venne indagato nel procedimento Maglio 3 per aver richiesto appoggi elettorali a Gangemi promettendo di “metterci tutto il partito”[21].

Il 3 febbraio del 2012 venne sciolto il comune di Ventimiglia sotto la giunta del sindaco Gaetano Scullino, dove si riscontrarono forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata. Anche questo provvedimento fu annullato qualche anno più tardi, nel 2016, per motivazioni però differenti. In questo caso si sostenne che il sindaco Scullino ignorasse di star rafforzando la criminalità organizzata con le sue azioni e decisioni. La decisione di scioglimento, quindi, difetterebbe del condizionamento della libertà di determinazione degli organi elettivi, che avrebbero agito in maniera libera e senza costrizioni, sebbene ciò portasse a favorire le consorterie malavitose. Il decreto di annullamento recita: «E’ indispensabile la prova, seppur nella ridotta modalità della raccolta di indizi gravi e concordanti, che la libertà decisoria degli organi elettivi del Comune, che risultano, infatti, colpiti, dalla misura del commissariamento, sia concretamente conculcata e limitata, se non annullata, dall’opera di condizionamento della criminalità organizzativa di stampo mafioso»[22].

Esito dei procedimenti Maglio 3 e La Svolta

Il procedimento Maglio 3 interessò vari esponenti della ‘ndrangheta imperiese, coinvolti nei condizionamenti elettorali delle elezioni regionali del 2010. Furono condannati secondo l’articolo 416 bis i seguenti soggetti: Fortunato Barilaro (pena di 6 anni), Francesco Barilaro (pena di 6 anni), Michele Ciricosta (pena di 6 anni), Benito Pepè (pena di 6 anni) e altri[23].

Il percorso processuale derivante dall’operazione La Svolta invece fu molto contorto: il 7 ottobre 2014 il tribunale di Imperia condannò sia gli imputati della locale di Ventimiglia (Antonio Palamara, Giuseppe Marcianò, il fratello Vincenzo Marcianò, il nipote Vincenzo Marcianò, Omar Allavena e altri), sia gli imputati della locale di Bordighera (Giovanni Pellegrino, Maurizio Pellegrino, Roberto Pellegrino, Barilaro Antonino e altri).

Il 10 dicembre 2015 la Corte d’Appello confermò le condanne di Ventimiglia, ma assolse gli imputati di Bordighera e Antonio Palamara, condannato in primo grado a 14 anni in quanto capo della locale e assolto per non aver commesso il fatto.

In Cassazione il 14 settembre 2017 furono confermate le condanne di Ventimiglia della Corte d’Appello (Giuseppe Marcianò 15 anni e 4 mesi, il nipote Vincenzo Marcianò 7 anni, Giuseppe Gallotta 14 anni e altri) e venne disposto un nuovo processo d’appello per gli imputati di Bordighera in precedenza assolti.

Note

  1. Marco Antonelli, Stefano Busi, Punto a capo. Storia ed evoluzione di mafia e antimafia in Liguria, Genova, Genova University Press, 2022, p. 61
  2. Paride Leporace, Storie di inchini e incroci tra latitanti, la ‘ndrangheta nella “camera di passaggio” di Ventimiglia, Corriere della Calabria, 18 maggio 2023.
  3. Citato in Fiamma Spena, Comune di Ventimiglia (IM) – Relazione sull'esito degli accertamenti ispettivi, giusta delega in data 13 luglio 2011 - Verifica della sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di cui all'art. 143 del decreto legislativo n.267/2000, port. N. 2/R/12, O.E.S Imperia, 4 gennaio 2012
  4. Vittorio Tarditi, Relazione sulla missione in Liguria, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, 26 luglio 1995,, p. 14
  5. F. Tenerelli, M. Risi, ‘ndrangheta: per Cretarola è Palamara il boss della “locale”/ La ricostruzione del delitto Delfino, 24 aprile 2014
  6. Marco Grasso, Ecco come la ‘ndrangheta dilaga in Liguria, Il Secolo XIX, 22 giugno 2016
  7. Casadellalegalità, Ora si proceda sul comune di Ventimiglia. “Regno” del “locale” locale guidato da Marcianò e Palamara', 5 dicembre 2011
  8. Fiamma Spena, Comune di Ventimiglia (IM) – Relazione sull'esito degli accertamenti ispettivi, giusta delega in data 13 luglio 2011 - Verifica della sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di cui all'art. 143 del decreto legislativo n.267/2000, port. N. 2/R/12 O.E.S Imperia, 4 gennaio 2012
  9. Daisy Parodi, La verità del pentito: “una ‘ndrina ogni comune da Savona a Ventimiglia”, la Repubblica, 24 aprile 2014
  10. ibidem
  11. Guido Passalacqua, Teardo e il suo clan sono colpevoli, La Repubblica, 9 agosto 1985
  12. Paolo Luppi, Sentenza N. 877/14, R.G.N.R n. 902/10, Procedimento c.d. “La Svolta” contro Giuseppe Marcianò +35, Tribunale di Imperia – Sezione Penale, p. 134
  13. ibidem, p. 243
  14. ibidem, p.263
  15. Marco Antonelli, Stefano Busi, op. cit., p.30
  16. P. Gallizza, Ordinanza di custodia cautelare in carcere e di arresti domiciliari nei confronti di Francesco Marcianò +43, R.G.N.R. 1792/94, Tribunale di Genova Sezione GIP, 2 maggio 1994, p. 12
  17. Marco Antonelli, Stefano Busi, op. cit., p.31
  18. ibidem, p. 64
  19. Paolo Luppi, Sentenza N. 877/14, R.G.N.R n. 902/10, Procedimento c.d. “La Svolta” contro Giuseppe Marcianò +35, Tribunale di Imperia – Sezione Penale, p. 221
  20. ivi
  21. Annaleila Dello Preite, Sentenza N. 2996/18 contro Fortunato Barilaro +9, Corte di Appello di Genova, 16 ottobre 2018, p. 53
  22. Osservatorio Boris Giuliano, Il consiglio di stato annulla lo scioglimento del comune di Ventimiglia, mafieinliguria.it, 29 febbraio 2016
  23. Osservatorio Boris Giuliano, Archivio sentenze Operazione/Processo Maglio 3, mafieinliguria.it, 9 maggio 2017

Bibliografia

  • Antonelli, M., Busi S. (2022).  Punto a capo Storia ed evoluzione di mafia e antimafia in Liguria, Genova, Genova University Press.
  • Archivio Storico de “Il Secolo XIX”.
  • Archivio Storico de “La Repubblica”.
  • Archivio Storico de “L’Unità”.
  • Dello Preite, Annaleila (2018). Sentenza N. 2996/18 contro Fortunato Barilaro + 9, Corte di Appello di Genova, 16 ottobre.
  • Gallizza, P. (1994). Ordinanza di custodia cautelare in carcere e di arresti domiciliari nei confronti di Francesco Marcianò +43, Tribunale di Genova Sezione GIP, 2 maggio.
  • Luppi, Paolo (2014). Sentenza N. 877/14, Procedimento c.d. “La Svolta” contro Giuseppe Marcianò +35, Tribunale di Imperia – Sezione Penale, 7 ottobre.
  • Spena, Fiamma (2011). Comune di Ventimiglia (IM) – Relazione sull'esito degli accertamenti ispettivi, giusta delega in data 13 luglio 2011 - Verifica della sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di cui all'art. 143 del decreto legislativo n.267/2000, port. N. 2/R/12 O.E.S Imperia.
  • Tarditi Vittorio (1995). Relazione sulla missione in Liguria, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.