Il marchio della #Mafia, dalla pasta al caffè

di Raffaele Ricciardi – Venerdì di Republicca del 04/04/2014

 

Milano. All’estero un elemento folkloristico buono per strappare una risata e fare pubblicità; in casa, una piaga che genera enormi danni economici. E’ la Mafia Spa applicata al cibo secodno Coldiretti, che ha battezzato la Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agro-alimentare.

Nei supermercati esteri è frequente trovare riferimenti alle cosche. Il pranzo è servito a partire dall’antipasto di anacardi di Chilli Mafia; poi ecco la pasta Mafia di Taiwan, e la Sauce Maffia realizzata a Bruxelles. Si va avanti così fino a all’amaro Il Padrino e al Caffè Mafiozzo.

Mentre all’estero si fa ironia, in Italia i danni per la filiera agroalimentare sono immensi: nel 2014 si è assistito ad una nuova ondata di sequestri, tra cibi e marchi contraffatti e imprese irregolari, che hanno portato a congelare mezzo miliardo di fondi. Si va dal sequestro dell’azienda agraria di Caltanissetta, che faceva da riserva di caccia per un noto esponente di una cosca, ai 23 locali di Roma – comreso il Ciro tra piazza di Spagna e piazza Montecitorio – parte di una holding della ristorazione affiliata a un clan camorrista. Ancora poco, però, per Coldiretti, che stima un giro d’affari di 14 milioni l’anno.

Sei disoccupati su dieci si dicono disposti a lavorare per un’attività che ricicli denaro criminale, conclude l’organizzazione, “a patto di non dover commettere reati”. Una mentalità più diffusa di quanto non si pensi, che valica i confini nazionali.

Non a caso “la mafia crea emplejo” , la mafia dà lavoro, è uno degli slogan scelti da una catena di ristoranti in Spagna e cresciuta grazie al cibo made in Italy accoppiato al simbolo della criminalità. Uno scandalo raccontato da Repubblica per il quale si è allertata la Commissione Parlamentare antimafia.